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Pezzali presenta ‘Max 90’: ricordi, miti ed emozioni di “un decennio fighissimo”

Per Pezzali l’emozione è stata duplice: tornare di nuovo in contatto con il pubblico e poter parlare di sé, sempre con quell’entusiasmo che lega tutte le sue canzoni da “Gli anni” a “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”

Pubblicato:22-06-2021 12:51
Ultimo aggiornamento:22-06-2021 13:12
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max pezzali max 90
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Di Giacomo Cozzaglio

MILANO – “Stessa storia, stesso posto, stesso bar”. Probabilmente Max Pezzali risponderebbe così a chi gli domanda di ricordare gli anni ‘90 nella sua Pavia e del grande successo con gli 883. Quel decennio però ha coinciso con la giovinezza e la passione per la musica del cantante al punto che il bisogno di raccontarlo ai fan è diventato irresistibile. Questo si è percepito durante la presentazione alla Triennale di Milano del suo libro “Max 90. La mia storia. I miti e le emozioni di un decennio fighissimo”.

Per Pezzali l’emozione è stata duplice: tornare di nuovo in contatto con il pubblico e poter parlare di sé, sempre con quell’entusiasmo che lega tutte le sue canzoni da “Gli anni” a “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”. “La provincia è soprattutto un sogno dell’altrove: pensi sempre che la vita stia accadendo molto lontano da te. Ma la forza del provinciale è ogni giorno inventarsi ogni giorno qualche “cavolata” per dare un senso alla propria presenza” risponde Pezzali alle domande proprio sul vivere in una provincia a pochi chilometri di distanza da una Milano che all’epoca pareva un “sogno americano”.


“Gli anni ‘90 per me sono stati il passaggio dall’essere uno “sfigato” senza futuro che deve trovare la propria strada all’essere uno degli 883” è la sintesi che il cantante dà di quel periodo, fornendo però una definizione particolare di “sfigato”: non una persona sfortunata, ma qualcuno che appare grottesco nel tentativo di apparire vincente.

Anche la stessa passione per la musica è il frutto di un percorso particolare e di un forte desiderio di novità. “Mi piaceva molto il post punk. Quando poi ho accettato il pop, non ho rinnegato le mie radici- commenta Pezzali- Ma soprattutto mi sono abituato a ricercare qualcosa dove credi di non trovarlo. Non si deve mai ascoltare la musica solo in base a tuoi gusti“. La ricerca della musica, anche quella magari poco apprezzata, diventa così il modo migliore per non rimanere “chiusi in un recinto”.

Sono però gli aneddoti il ricordo più bello che Max Pezzali riporta in vita tra le pagine del suo libro: le volte in cui doveva cambiare completamente linguaggio se nel telefonare ad una ragazza rispondeva uno dei genitori, la nascita dell’improbabile cocktail “verdone” o la calvizie scherzosamente attribuita ai cappelli e al gel.

Per il cantante gli anni ’90 sono e rimangono un “decennio di grande ottimismo”, conclusosi tragicamente nel 2001 con tre eventi che hanno decretato per molti giovani di quegli anni la «fine dell’innocenza»: gli attentati alle Torri Gemelle, la bolla speculativa delle dot com e le violenze al G8 di Genova.

Alla domanda se provi ancora nostalgia per quegli anni, Pezzali non manca di originalità: “Sono nostalgico non tanto di un tempo in sé, ma dello stato d’animo di vivere in un certo tempo, di un’emozione che hai vissuto e sai che non rivivrai più esattamente così”. Però questa è la vita: una grande avventura. E allora, come recita un’alta famosa canzone degli 883, “rotta per casa di Dio”.

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