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VIDEO | I Cccp suonano a Bologna davanti a 10mila persone, in piazza Maggiore è nostalgia

Era pieno di "americani che votano Pci" ieri sera in piazza Maggiore, direbbe e ha scritto Giovanni Lindo Ferretti. Placidi, risolti, con qualche telefono acceso, ma per se stessi. Senza quell’ansia da social, di far sapere tutto e subito a quelli che contano che ci sta consumando

Pubblicato:22-05-2024 12:57
Ultimo aggiornamento:22-05-2024 15:15

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BOLOGNA – Era pieno di “americani che votano Pci” ieri sera in piazza Maggiore a Bologna dai Cccp, direbbe e ha scritto Giovanni Lindo Ferretti. Placidi, risolti, con qualche telefono acceso, ma per se stessi. Senza quell’ansia da social, di far sapere tutto e subito a quelli che contano che ci sta consumando. E insomma, quello era il modo quando erano-vamo giovani e pensavano-mo di cambiare il mondo. In quanti ieri sera hanno finalmente imparato (dal bolognese barbarico, significa “saputo”, “venuto a conoscenza”, non appreso dopo aver studiato) che “Amandoti” l’hanno scritta Ferretti e Zamboni e non la Nannini? C’è sempre da imparare qualcosa dai Cccp, ieri sera davanti a 10.000 paganti e a qualche giovanotto, del Cua o no (non sono definitive le prime cronache della mattina) che a concerto inoltrato è passato dietro la schiena benevola di qualche vigilante.

Dopo questa data dovuta e malinconica per gran parte dell’Emilia paranoica (paranoica al punto da aprire un dibattito sulla gratuità di uno show che doveva bissare quello dei Clash nel 1980) oggi il tour decolla al Carroponte di Sesto San Giovanni. E state certi che l’ex Stalingrado a nordissimo di Milano, ma sempre un po’ Milano, farà meno dibattiti. La prima cosa imparata da una straordinaria canzone d’amore è che bisogna appunto saper amare, anche se spesso è “qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto”. Va bene la mostra a Reggio; va bene che li avevamo persi di vista da un bel po’; va bene che per due ore e mezzo di concerto e 27 canzoni (le ha contate Danilo Masotti) non esageriamo col cardio nella ritmica se no scoppiamo tutti. Però è stato bello.

È stato bello perché invecchiare non solo abbruttisce, ma qualche volta addolcisce. Era dolce Fatur nei suoi mille travestimenti da “artista del popolo”, eversivo con quelle specie di bambole di legno spillonate (viste con gli occhiali da lontano e magari travisate); dolcissima Annarella con quell’accento da venditrice di erbazzone (nativo ma calcato alla grande) su una bellezza che resta intatta grazie all’immenso carisma.


Il pogo? ‘Riformista’, rispettoso delle giunture cigolanti e dell’ufficio che attende il giorno dopo. Preparato, indotto dalla ballata stile Filuzzi di “Battagliero”, e poi, in ordine sparso che ancora vanno massaggiati i polpacci che facevano male da fermo: Punk islam, Radio Kabul, un po’ di quiete con “Libera me domine de morte aeterna”. Quel verso così precursore sui tristi tempi attuali: “All’erta sto come un russo nel Donbass, come un armeno nel Nagorno Karabakh”. Bang Bang che introduce “Spara Jurij”, “Per me lo so” (“Conforme a chi? Conforme a cosa? Conforme a quale strana posa?”) e finalmente l’elettrica e corrosiva “Curami”. Uno svuota testa, svuota rabbia, da far sentire a quelli che decidono per noi, spesso male.

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