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Mozambico, Don Romano (Sant’Egidio): “L’Italia aiuti Cabo Delgado”

"Sono circa 800mila le persone che hanno lasciato le loro abitazioni, tre su quattro sono donne e minori"

Pubblicato:21-07-2021 17:44
Ultimo aggiornamento:21-07-2021 17:45
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sant'egidio cabo delgado
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ROMA – “Il mondo politico, istituzionale e la società civile italiane ci aiutino a sostenere la popolazione di Cabo Delgado, provincia del nord del Mozambico sotto attacco di milizie jihadiste dal 2017, a oggi sostenuta quasi esclusivamente dalla solidarietà dei locali: il 90 per cento dei circa 800mila sfollati interni è accolto da famiglie di privati volenterosi di aiutare i loro fratelli”. A lanciare questo appello è stato don Angelo Romano, esponente delle comunità di Sant’Egidio.

L’occasione è stata una conferenza stampa convocata oggi dall’organizzazione, dal titolo ‘Non abbandoniamo il popolo del Mozambico vittima del terrorismo’. La Comunità di Sant’Egidio, ha sottolineato don Romano, è presente nel Paese africano dagli anni ’80 e a oggi vanta una propria rappresentanza “in tutte le capitali provinciali e in 150 tra città e villaggi”.

Don Romano ha ricordato “lo stretto legame” tra l’Italia e il Paese africano e ha evidenziato il ruolo della Comunità di Sant’Egidio. L’ong si occupò di mediare i due anni di negoziati che portarono alla dichiarazione di Roma del 4 ottobre 1992, che mise fine a oltre dieci anni di conflitto civile tra il Frente de Libertação de Moçambique (Frelimo) e le milizie della Resistência Nacional Moçambicana (Renamo). La guerra ha provocato circa un milione di morti, stando a fonti concordanti.


Nonostante questo passato di impegno e di comunanza con Maputo, quindi, don Romano ha denunciato “l’assenza dal dibattito pubblico italiano della drammatica crisi che sta vivendo il nord del Mozambico, che rischia di mettere a repentaglio il futuro stesso del Paese”. La tesi del dirigente di Sant’Egidio è che “le milizie jihadiste che hanno iniziato ad attaccare Cabo Delgado nel 2017”, e che ne occupano alcune zone almeno dall’agosto scorso, “mirano a espandersi e a distruggere il tessuto sociale del Mozambico per poi ricostruirlo nel solco di un nuovo Stato islamico”.

Una versione, questa, che non trova d’accordo tutti gli analisti ma che secondo don Romano “non confligge con l’ipotesi che il conflitto si giochi principalmente sul controllo delle risorse naturali di cui è ricca Cabo Delgado”. Nella zona si concentrano alcuni dei più grandi giacimenti di gas naturale al mondo, già dati in concessione a multinazionali del settore. Il religioso ha chiesto “maggior sostegno” alle operazioni della Comunità in Mozambico. “Tra i nostri principali obiettivi ci sono la creazione di scuole nei campi di accoglienza dei rifugiati interni; la fornitura di strumenti di lavoro come reti da pesca e sementi per gli agricoltori; la creazione di borse di studi per gli studenti di liceo che hanno dovuto interrompere gli studi; piani per l’iscrizione all’anagrafe dei bambini che sono stati costretti a lasciare le loro case, passaggio propedeutico alla loro iscrizione a scuola”. Don Romano ha ricordato che, stando a dati dell’agenzia Onu per i rifugati e della Commissione africana sui diritti dell’uomo, circa il 45 per cento degli sfollati interni mozambicani è privo dei documenti.

Il rappresentante della Comunità ha fornito altre coordinate numeriche della crisi umanitaria di Cabo Delgado. “Sono circa 800mila le persone che hanno lasciato le loro abitazioni”, ha detto Don Romano. “Tre su quattro sono donne e minori, quasi tutti rifugiati o in zone meno pericolose di Cabo Delgado o nelle vicine provincie di Nampula e Niassa”.

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