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Disturbi mentali, Pizzoli (Unimi): “Arrivano in aiuto le terapie digitali”

"Fda nel 2020 ha approvato il primo dispositivo basato su games per cura Adhd"

Pubblicato:20-10-2022 15:13
Ultimo aggiornamento:20-10-2022 15:13
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ROMA – Come le terapie digitali posso cambiare la routine clinica? Come si possono integrare gli interventi tradizionali con quelli innovativi? “Diverse sono le tecniche digitalizzate possano convivere con gli interventi più tradizionali di trattamenti che rientrano sotto l’ombrello dei disturbi della salute mentale. Dei possibili interventi sono: la raccolta dei dati in digitale, il teleconsulto una modalità d’intervento esploso con la pandemia, applicazioni per smartphone e la realtà virtuale che permette all’utilizzatore la simulazione e immersione in ambienti presentati in maniera realistica”.

A dirlo è Silvia Francesca Maria Pizzoli, PhD, Psicologa Psicoterapeuta, Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia, Università degli Studi di Milano (Unimi) durante il suo intervento nel corso del webinar ‘Terapie Digitali: dallo sviluppo alla pratica clinica. Una rivoluzione possibile in Italia?’ organizzato da Omar.

“Nel 2020- prosegue Pizzoli- è stato approvato il primo dispositivo digitale medicale basato sul gioco per migliorare il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD). Un dispositivo medicale che richiede una prescrizione medica ben precisa. E’ indicato per i bimbi con questa diagnosi e un range d’età specifico, va stabilito da protocollo medico quante volte il bimbo deve sottoporsi al training, viene indentificato il sintomo su cui ci si aspetta un miglioramento della patologia di questo disturbo del neurosviluppo. Nulla è lasciato al caso.


Peraltro è la prima terapia digitale per ADHD e anche il primo caso di autorizzazione per messa in commercio di un intervento terapeutico basato sui giochi e concesso dall’Fda. Tutto questo può essere integrato con approcci terapeutici tradizionali”.

Aggiunge: “Ci possono essere altri tipi di trattamenti ‘internet-based’ ovviamente il paziente deve essere adatto a quel tipo specifico di intervento. Ci sono altri tecniche ‘cloose loop’ che si basano sul tipo di informazione che posso raccogliere attraverso dati passivi con applicazioni che aiutano il medico a indicare il tipo di trattamento migliore da mettere in atto per quel caso specifico”.

“E’ fondamentale avere le prove di efficacia di questo tipo di interventi non solo sotto l’aspetto normativo ma anche come l’operatore sanitario e il paziente comprende il livello di efficacia. L’informazione e formazione dei clinici è una delle barriere per il clinico e paziente. Il tema è la diffidenza che a volte si genera nel paziente nell’approcciarsi ad intervento di cui non ci si sente sicuri e instilla una resistenza a usure una cosa nuova. Esiste anche la possibilità che alla persona a cui viene proposto l’intervento digitalizzato con quello tradizionale, impatta sulla relazione con il curante”, conclude Pizzoli.

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