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Messico, Beretta: “La Cattolica di Milano con i nativi di Puebla”

Secondo le stime dell'Ateneo messicano, solo tre giovani su cento che vivono nei villaggi indigeni hanno la possibilità di intraprendere un percorso universitario

Pubblicato:19-08-2019 09:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:37

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RIMINI – “Intervistiamo gli studenti indigeni due volte, per capire cosa succede lungo l’arco della loro esperienza accademica e apprezzarne appieno i risultati”. Lo dice Simona Beretta, professoressa di Politica economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.

Si parla di un progetto di ricerca che coinvolge il suo ateneo e l’Upaep, acronimo messicano che sta per Università popolare autonoma dello Stato di Puebla. “Un centro di riferimento accademico e un laboratorio sociale di bene comune”, lo definisce Beretta, intervistata dall’agenzia Dire al Meeting di Rimini, prima di partecipare questa sera al panel sul tema “Al lavoro per diventare protagonisti della propria vita”.

Proprio il lavoro è il cuore di ‘Una apuesta de futuro’, in italiano ‘una scommessa per il futuro’, il progetto di Upaep nato nel 2007 per formare giovani delle aree rurali e realizzare con loro progetti di sviluppo nei villaggi di origine.


“Stiamo monitorando i 55 studenti impegnati nel progetto e un altro centinaio di loro compagni che stanno frequentando gli stessi corsi per avere un temine di paragone”, dice Beretta: “Li incontreremo tutti ancora tra due anni, per ascoltare come è andata l’esperienza universitaria”.

Secondo le stime dell’Ateneo messicano, solo tre giovani su cento che vivono nei villaggi indigeni hanno la possibilità di intraprendere un percorso universitario. ‘Una apuesta de futuro’ nasce da qui: i beneficiari ricevono istruzione professionale e strumenti utili per contribuire al meglio alla vita delle loro comunità di origine, che hanno tassi di emarginazione e povertà tra i più alti del Messico.

Secondo Beretta, le parole chiave di quest’esperienza sono “accompagnamento” e “libertà”: il loro intreccio permetterebbe ai giovani di diventare protagonisti di sviluppo. “Lo confermano questo e altri progetti, in America Latina come in Africa” sottolinea la professoressa: “Lavoro e dignità non sono mai riconducibili a ricette fisse”.

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