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Latronico: “Il Covid può lasciare disturbi fino a un anno, con gravi problemi respiratori”

Il professore dell'Università degli Studi di Brescia, che ha partecipato al 75esimo congresso nazionale Siaarti, sottolinea l'importanza di tornare a riaprire le terapie intensive "per avere standard di qualità elevati"

Pubblicato:18-10-2021 13:28
Ultimo aggiornamento:18-10-2021 13:28

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ROMA – “I pazienti più gravi ricoverati in terapia intensiva con Ards, la sindrome da distress respiratorio acuto, continuano ad avere disturbi per settimane, mesi e almeno fino ad un anno. I dati che abbiamo, e si tratta dei primi dati ad un anno, ci dicono che gli aspetti fisici della malattia, soprattutto la debolezza muscolare, sono persistenti e disabilitanti“. Lo ha spiegato alla Dire il professor Nicola Latronico dell’Università degli Studi di Brescia, che ha partecipato al 75esimo congresso nazionale Siaarti, ospitato alla ‘Nuvola’ a Roma, con la relazione dal titolo ‘Pasc: prevenzione e follow-up per i pazienti critici‘.

“Le principali problematiche di un paziente Long Covid – ha aggiunto – possono essere riassunte in tre grandi ambiti. Il primo è quello fisico, quindi la debolezza muscolare, il senso della fatica che è devastante e spesso impedisce il ritorno all’attività lavorativa. L’altro è l’aspetto prevalentemente cognitivo, quindi difficoltà della memoria, della ‘fluenza verbale’. Ultimo, ma non minore, quello dei problemi psicologici e psichiatrici in termini di depressione, stress post traumatico e ansia patologica”. Latronico ha poi precisato che “a questi tre aspetti si aggiungono una miriade di sintomi che sono in qualche modo specifici davvero del Covid-19 e che non sono riassumibili perché parliamo più o meno di 200 differenti sintomi e segni di questa condizione”.


Nel corso della sua relazione il professor Latronico ha affermato che è necessario tornare a riaprire le terapie intensive, “perché – ha spiegato – aver aperto le rianimazioni e le terapie intensive alle famiglie è stato qualcosa di straordinariamente importante che ha migliorato l’approccio alla cura di queste persone. Quindi, se vogliamo tornare ad avere standard di qualità elevati, dobbiamo consentire alle famiglie di poter nuovamente entrare nei nostri reparti“.

L’esperto, che lavora a Brescia, una delle città più duramente colpite dal Covid-19, si è soffermato su come sia cambiato il ruolo dell’anestesista rianimatore in questo anno e mezzo di pandemia. “Quello che abbiamo visto – ha dichiarato – è stata davvero la duttilità di una professione. Se non fossimo stati anestesisti e rianimatori credo proprio che non avremmo saputo come poter affrontare in maniera così efficiente la pandemia da Covid-19. Una cosa va detta: nonostante il dramma siamo riusciti a fare fronte a tutto questo grazie al fatto di essere entrambe queste due cose e di aver coinvolto anche i giovani in formazione specialistica, giovani che sono stati davvero un sostegno straordinario”, ha concluso.

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