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L’Alma mater proporrà la laurea alla memoria per Emma Pezemo, uccisa dal fidanzato

La studentessa 31enne, originaria del Camerun, venne uccisa tra l'1 e il 2 maggio. Il suo è il trentottesimo femminicidio dall'inizio dell'anno

Pubblicato:18-05-2021 15:01
Ultimo aggiornamento:18-05-2021 15:40
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BOLOGNA – L’Università di Bologna conferma il proprio impegno per ricordare Emma Pezemo, la studentessa 31enne dell’Alma Mater, originaria del Camerun, uccisa dal suo fidanzato tra l’1 e il 2 maggio. Durante la seduta odierna del Senato accademico, infatti, il rettore Francesco Ubertini non solo ha ricordato che ErGo le dedicherà una sala studio, e un’aula sia il corso a cui era iscritta (magistrale in Sociologia e Servizio sociale) sia il Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’economia, ma ha aggiunto che “come Ateneo proporremo di conferirle la laurea alla memoria, che forse potrà lenire, anche solo per qualche istante, il dolore della sua famiglia e di chi le è stato vicino”.

Nel suo intervento, Ubertini ha auspicato che “la laurea fosse anche un simbolo del nostro impegno per ricordare Emma come parte della nostra comunità”, nella speranza che “queste azioni siano capaci di suscitarne altre, sapendo che la battaglia contro la violenza sulle donne potrà essere efficace solo se sarà culturale nel senso profondo del termine”.

Quello di Emma Pezemo, ha sottolineato il rettore, è stato “il 38esimo femminicidio in Italia dall’inizio dell’anno, quasi tutti perpetrati da mariti, compagni, ex fidanzati, negli ambienti e contesti socio-culturali più diversi”. E sul punto Ubertini, pur riconoscendo che “dal punto di vista normativo, seppure con ritardo, l’Italia ha fatto negli ultimi anni dei passi avanti” -ad esempio con l’introduzione del Codice rosso– ha aggiunto che “non può esistere prevenzione se non c’è cultura della prevenzione”. E l’Università, secondo il rettore, “ha l’obbligo di essere istituzione trainante per questo cambiamento culturale: dobbiamo aiutare la società a disinnescare stereotipi, a scardinare meccanismi spesso inconsci, gli stessi che nel discorso che intesse i fatti di cronaca tendono a ricercare le ragioni, come se potessero essercene, o a identificare nel raptus o nella follia la leva della violenza”.


In sostanza, per Ubertini, “dobbiamo aiutare le nostre ragazze e i nostri ragazzi a crescere nell’autodeterminazione e nella coscienza critica, moltiplicando i momenti di riflessione, già oggi numerosi, con iniziative trasversali e aperte all’intera comunità, perché la violenza di genere non è un problema su cui debbano riflettere sempre e solo le donne, e nessuno può dirsi estraneo a una questione così cruciale”.

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