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Migranti, 24 ore di vita: trovato il farmaco per il piccolo Musaeb

ROMA - Musaeb ha 13 anni, è un rifugiato

Pubblicato:17-05-2017 14:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:14

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ROMA – Musaeb ha 13 anni, è un rifugiato siriano sopravvissuto alle bombe che hanno devastato Homs, la sua città natale. Vive in un campo profughi in Libano e da qualche mese combatte contro la leucemia, a cui nelle ultime ore si è aggiunta una terribile infezione che, stando a quanto detto dai medici, gli lascia 24 ore di vita.

L’Agenzia di Stampa Dire lo ha saputo dall’Organizzazione Papa Giovanni XXIII, presente in Libano per fornire assistenza nel campo profughi a nord di Tripoli, e che si è mobilitata per lanciare una raccolta fondi. La situazione è seria: il farmaco che potrebbe curare l’infenzione – che può contenere come principio attivo o l’Eltrombopeg 28 cpr da 50 mg, oppure Nplate 500 mg – costa intorno ai 1.500-2mila euro, una cifra che la famiglia di Musaeb non può assolutamente affrontare: “Musaeb è arrivato in Libano con il fratello maggiore e alcuni parenti- ha raccontato alla DIRE il presidente Alberto Capannini- Il padre è morto a causa della guerra. La zia, come spesso accade alle famiglie di profughi, si è indebitata già molto per pagare le sue cure, e ora non ce la fa ad affrontare una spesa del genere”.


Inizia così un tam-tam di telefonate in giro per l’Italia per raggiungere la cifra sperata, o in alternativa, trovare il farmaco. Ma se è complicato trovare il denaro necessario, lo è altrettanto pubblicare una notizia che per essere verificata, richiede molto tempo, e in questo caso il tempo non c’è. “Potete chiamare per conferma il responsabile finanziario dell’Ashifaa Hospital – dove il ragazzo è ricoverato, ndr – ma non prima di domani mattina”, dice oggi alla DIRE Aya H. El-Traboulsi, la dottoressa che segue il caso di Musaeb, una pediatra specializzata in oncologia ed ematologia ad ‘Ashifaa’, che collabora anche con il St. Jude children research hospital di Memphis, negli Stati Uniti.

Le ragioni dell’urgenza si scontrano con quelle giornalistiche, che impongono – soprattutto nell’epoca delle ‘fake news’ – di non dare nulla per scontato. Nel mirino non ci sono solo i media, ma anche le organizzazioni umanitarie, accusate di fare soldi facili sulla buona fede delle persone. Ma mentre si rincorrono numeri di telefono e dichiarazioni, da Operazione Colomba arriva la notizia sperata: “Ce l’abbiamo fatta: abbiamo raggiunto al cifra, abbiamo acquistato il farmaco“. In allegato la foto della ricetta medica che riporta le indicazioni: Revolade 50 mg, costo 2.516.600 lire libanesi, pari a 1.487 euro. La farmacia si trova a Byblos, a un’oretta di macchina da Tripoli: “I farmaci specialistici si trovano solo lì, o a Beirut”, spiega un volontario di Operazione Colomba.

Musaeb ora ha una nuova speranza di sopravvivenza ma il viaggio verso una vita normale non è ancora finito.

La storia di Musaeb riapre l’annoso dibattito sulla situazione dei profughi in Libano. Operazione Colomba fornisce assistenza nel campo profughi a nord di Tripoli, ma non si occupa delle cure: tra i compiti dei volontari – come spiega Capannini – c’è però anche quello di accompagnare in ospedale coloro che ne hanno necessità, o aiutare le persone a far fronte alle spese mediche. Il sistema sanitario libanese non fornisce infatti nessun servizio gratuito agli stranieri. Inoltre, per motivi molto complessi che risalgono all’epoca dell’esodo dei palestinesi da Israele, Beirut non ha mai sottoscritto la Convenzione internazionale sui rifugiati, di conseguenza i siriani che fuggono dalla guerra non godono di nessuna protezione umanitaria, né l’Unhcr può allestire campi attrezzati. In caso di necessità, prosegue il presidente di Operazione Colomba, “si può attivare l’assicurazione sanitaria delle Nazioni Unite. Ma questa procedura richiede qualche giorno”. E nel caso di Musaeb, “non c’è tempo”.

Operazione Colomba da qualche settimana ha anche preso contatti con alcuni ospedali in Italia per permettere al bambino di curarsi, nella speranza di poter poi essere raggiunto dal fratello e gli zii attraverso il ricongiungimento famigliare.

di Alessandra Fabbretti

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