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L’avvertimento dei medici di medicina generale: “La telemedicina è uno strumento non il fine della nostra professione”

Il 17 e 18 novembre al via a Roma il 33esimo Congresso Snamid. Cuffari: "Ampio spazio sarà dedicato al dolore cronico"

Pubblicato:16-11-2023 11:30
Ultimo aggiornamento:16-11-2023 11:58
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telemedicina snamid
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ROMA – “Da questa due giorni di lavoro ci aspettiamo una riflessione sull’attività della medicina generale, in particolare di quella inquadrata nel territorio in maniera più complessiva e, quindi, nei rapporti con gli altri professionisti del territorio. Nel corso del convegno analizzeremo poi la sfida del Dm 77 e gli interventi che vengono fatti sulle strutture grazie ai fondi del Pnrr”. Lo spiega il presidente della Società nazionale medica interdisciplinare di cure primarie, Alfredo Cuffari. Le parole del numero uno della Snamid arrivano a poche ore dall’apertura del 33esimo Congresso, in programma a Roma il 17 e 18 novembre presso l’Auditorium Aurelia, in via Aurelia 796.

“Vogliamo lavorare insieme, condividere spazi ed esperienze- prosegue- e, dunque, erogare un’assistenza più precisa e più puntuale sul territorio, lasciando a ciascuno competenze specifiche. E integrare le competenze vuol dire utilizzare l’assistenza. In un quadro di lavoro complessivo e coordinato penso al lavoro che può svolgere l’infermiere a domicilio o presso gli studi della medicina generale o presso gli ambulatori o le Case di comunità”. Secondo Cuffari “il lavoro integrato si può fare con gli specialisti ambulatoriali, si può fare con gli ospedali nel momento in cui vi sono zone grigie di travaso da territorio verso ospedale per pazienti che si stabilizzano o da ospedale verso territorio di soggetti che non richiedono più cure di alta intensità ma che possono aspettare una stabilizzazione sul territorio in strutture dedicate al rientro a domicilio”.

LA TELEMEDICINA STRUMENTO DI AIUTO

“Questa è una sfida importante- evidenzia il presidente della Società nazionale medica interdisciplinare di cure primarie e presidente del congresso capitolino- dove vi sono conoscenze e competenze della medicina generale che, però, devono sempre avanzare, svilupparsi e progredire, utilizzando tutti i nuovi strumenti che abbiamo a disposizione”. “Parliamo tanto e dovunque di telemedicina- precisa- che, lo ricordo, è uno strumento, non è un obiettivo. La telemedicina non è il fine della nostra professione ma è uno strumento di estremo aiuto per il nostro lavoro sul territorio”. “Il Congresso- rende noto Alfredo Cuffari- è rivolto soprattutto ai medici di medicina generale e alla medicina territoriale, perché volge lo sguardo ai colleghi della scuola di formazione in medicina generale, agli infermieri, ai medici di continuità assistenziale, agli specialisti ambulatoriali, a tutti quelli che, sul campo, si confrontano, collaborano e, a volte, si scontrano sulle problematiche dei pazienti”.


All’evento si prevede un’ampia partecipazione: il corso è infatti accreditato ai fini Ecm per 150 persone provenienti da tutta Italia. Numerosi gli argomenti su cui si confronteranno i partecipanti. “Ci sarà una Tavola rotonda- informa Cuffari- a cui prenderanno parte tutti gli stakeholder, durante la quale si discuterà degli aspetti applicativi del Pnrr. Sono inoltre previsti tre focus che accenderanno i riflettori sulle esperienze fatte dai colleghi in diverse realtà regionali italiane. Analizzeremo poi alcune cronicità che sono ormai quasi storiche, ovvero le patologie cardiache, lo scompenso cardiaco e le applicazioni tecnologiche in cardiologia, il diabete, i nuovi farmaci, i percorsi integrati, i Pdta e tutto ciò che rappresenta la nuova sfida organizzativa clinica e terapeutica del diabete”.

Ampio spazio sarà riservato al dolore, alla terapia del dolore cronico. “Nonostante l’Italia possa contare su una legge avanzatissima, la legge 38- dichiara il presidente Snamid- dopo oltre 12 anni di approvazione si stenta ancora a far partire la rete, a farla funzionare e a far collaborare le diverse realtà su questi argomenti. In base ad alcune indagini fatte qualche anno fa, un ipotetico 12% della popolazione soffre, a vario titolo, di dolore cronico non oncologico. Si capisce bene che questo impatto è enorme e non può essere scaricato tutto sui centri di terapia del dolore, che dovrebbero essere invece riservati a situazioni più avanzate”. “Lo schema è previsto ma mancano i filtri. Bisogna quindi ricordare l’esistenza di questa strutture- conclude Cuffari- rinnovare la collaborazione e gli scambi a medicina del territorio, strutture intermedie e hub. Questo è un discorso che nel Lazio abbiamo fatto per un lungo periodo fino alla comparsa della pandemia da Covid-19 che ha bloccato tante cose, tra cui una serie di iniziative di promozione culturale”.

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