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Tour del Papa in Sud Sudan e R.D. Congo: il punto sulle crisi dimenticate

Dal 31 gennaio al 5 febbraio Papa Francesco sarà in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, nell'ambito del suo sesto viaggio pastorale in Africa dall'inizio del pontificato

Pubblicato:16-01-2023 13:17
Ultimo aggiornamento:24-01-2023 13:35
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ROMA – Dal 31 gennaio al 5 febbraio Papa Francesco sarà in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, nell’ambito del suo sesto viaggio pastorale in Africa dall’inizio del pontificato. Un’iniziativa che punta a rilanciare due grandi temi di attualità politica e sociale: quello delle migrazioni, con le crisi che le causano e di cui è a sua volta causa, accanto agli aspetti positivi tra cui i giovani e la “saggezza degli slum”. A fornire questa lettura è Andrea Bianchessi, regional manager nell’Africa orientale per Avsi, organizzazione attiva in 39 paesi con decine di progetti che si concentrano su educazione, sicurezza alimentare, empowerment femminile e formazione lavorativa anche per migranti e rifugiati.

Il commento avviene nell’ambito dell’incontro online ‘Paesi dimenticati da Dio? La realtà del Sud Sudan e della Repubblica Democratica del Congo‘, organizzato per quei giornalisti che seguiranno il prossimo viaggio di Bergoglio, anche grazie all’ausilio degli operatori dell’ong collegati da Goma e Juba.

BIANCHESSI (AVSI): “AL PAPA È CARA ‘SAGGEZZA DEGLI SLUM'”


Bianchessi continua ricordando che tra le principali sfide di questi Paesi ci sono sicuramente migranti e rifugiati: 500mila quelli che risiedono in Sud Sudan da Burundi e Ruanda, mentre sono un milione i congolesi che espatriano. All’origine di queste dinamiche ci sono certamente i conflitti e l’impatto dei cambiamenti climatici, che generano insicurezza e povertà, ma anche “la profonda interconnessione che esiste tra gli abitanti di queste regioni”. Un elemento che secondo il responsabile Avsi richiama “la saggezza degli slum” evidenziata da Francesco nel suo discorso da Nairobi nel 2015, quando visitò Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana: “Il Papa volle ricordarci che in questi Paesi le famiglie rappresentano il welfare, perché sono solidali le une con le altre e hanno alla base la saggezza degli anziani” osserva Bianchessi. Che aggiunge: “Il Papa rispetto all’Africa ha sempre evidenziato anche la positiva presenza di tantissimi giovani – oltre la metà della popolazione – e rappresentano entusiasmo e voglia di fare”.

SUD SUDAN, ANON (AVSI): “PAPA FRANCESCO RILANCI PROCESSO DI PACE”

In Repubblica democratica del Congo circa la metà della popolazione è cattolica, la gente quindi è felice che il Papa venga qui: è come se il Vaticano per qualche giorno si trasferisse nel nostro Paese, sebbene sia stata annullata la tappa nell’est. Auspichiamo quindi che Papa Francesco esorti i nostri dirigenti di fare di più per il benessere della popolazione, che condanni gli aggressori e chieda ai Paesi occidentali di fermare il processo di balcanizzazione in corso nel Paese“. Lo dichiara Providence Komera, responsabile risorse umane in Congo per Avsi, ong che oggi ha organizzato un incontro online rivolto ai giornalisti che seguiranno la visita del Papa in Congo e Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio.

Daniele Mazzone, rappresentante Paese per Avsi, anche lui collegato dalla città orientale di Goma, nella provincia del Nord Kivu, avverte: “In Congo è in corso una crisi umanitaria, dove l’80% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà mentre come avverte l’Onu il 30% ha bisogno di aiuti urgenti: 27 milioni quelle stimate nel 2022, quando nel 2021 erano 19″. La crisi economica alimentata dalla guerra in Ucraina insieme alla recrudescenza di violenze nel nord-est tra l’esercito e la milizia ribelle M23 – che secondo il governo congolese verrebbe finanziata dal vicino Ruanda – secondo l’operatore sono alla base dell’aumento di poveri e sfollati. Da un lato, avverte, “calano le donazioni internazionali” e dall’altro “da tempo la comunità internazionale ha perso interesse per il Paese”.

Tante le ong presenti per assistere la popolazione e le comunità più vulnerabili, ma purtroppo “l’insicurezza ci ha costretto a non inviare operatori non congolesi al di fuori di Goma, mentre a Goma dobbiamo seguire un protocollo di sicurezza stringente”. Nella regione in cui nel febbraio 2021 perse la vita in un agguato l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, “non ci spostiamo mai a piedi ma solo in auto- racconta Mazzone- andiamo solo nei locali con controlli all’ingresso, applichiamo un coprifuoco interno che scatta alle 22 mentre il nostro personale della sicurezza ci contatta uno ad uno alla sera per accertarsi che siamo rincasati”. Oltre al rischio di agguati e violenze si registra una “generale diffidenza verso gli operatori stranieri”, che starebbe comportando “restrizioni ai visti per gli umanitari che devono raggiungere il Nord Kivu”.

R.D. CONGO, AVSI: “PAPA FRANCESCO RILANCI IL PROCESSO DI PACE”

La gente in Sud Sudan è elettrizzata all’idea che il Papa venga qui. Ci aspettiamo che porti qualche cambiamento alla situazione sociale, in particolare chi soffre per le malattie e i conflitti: le faide tra i clan e i villaggi non si sono arrestate al punto che in certe aree non è possibile circolare liberamente. Secondo, speriamo anche che Francesco rilanci l’accordo di pace raggiunto dai nostri leader proprio a Roma”. A parlare nel corso di un webinar organizzato per i giornalisti è Elizabeth Anon, program officer and gender advisor per Avsi in Sud Sudan.
Secondo Anon, “in Sud Sudan ci sono 6,2 milioni di cattolici, oltre metà della popolazione, e quindi il cristianesimo è la religione prevalente”. Ma la guerra civile che ha colpito il Paese dal 2013 “non ha radici religiose, ma politiche” chiarisce Gino Barsella, rappresentante Avsi in Sud Sudan, presente dal 1993 nel “Paese più giovane del mondo”, che ha raggiunto l’indipendenza dal Sudan nel 2011. “Qui oggi c’è un governo che rappresenta ancora i leader militari attori della guerra civile” ricorda Borsella, in riferimento al presidente Salva Kiir e al suo vice Riek Machar, la cui rivalità ha innescato il conflitto.
Secondo Barsella, pesano anche la “forte corruzione”, la “povertà che colpisce oltre l’80% della popolazione”, la “disoccupazione sopra il 14%” nonché “l’analfabetismo, che colpisce sette sud-sudanesi su dieci, con 2,8 milioni di minori che non vanno a scuola, tra cui soprattutto bambine”.
Ma con l’aiuto della comunità internazionale e delle giovani generazioni le cose stanno gradualmente migliorando. “Certamente”, avverte il responsabile, “di grande aiuto al processo di pace è stato il gesto di Bergoglio nel 2019”, quando accogliendo in Vaticano Kiir e Machar li incoraggiò a sforzi di pace e quindi si chinò per baciar loro i piedi. Un gesto, ricorda il cooperante, che “ha avuto un impatto psicologico e comunicativo molto forte, dando forza al ruolo della Chiesa, che ha unito tutti i leader religiosi e quindi rafforzato la riconociliazione nazionale e il processo di pace”.

Ad accompagnare il Paese nel suo percorso di sviluppo, assicurano gli operatori di Avsi, ci sono certamente le organizzazioni umanitarie in partnership con il governo, che, dice Barsella, “sta facendo molto per rafforzare le istituzioni e creare infrastrutture che favoriscano lo sviluppo economico, come la costruzione delle strade”. Quanto alla Chiesa, “è dalla parte della popolazione, e in particolare delle donne: le scuole cattoliche danno alloggio e permettono di studiare a bambine e ragazze che abbandonano le proprie famiglie per evitare i matrimoni forzati”.

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