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“L’anoressia, un mostro entrato nella mia vita senza che me ne accorgessi”

Le storie di chi soffre di disturbi del comportamento alimentare. L'antropologa: "Il modello della società è il corpo bianco, magro e abile"

Pubblicato:15-03-2024 16:18
Ultimo aggiornamento:15-03-2024 16:18

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ROMA – “È un mostro che è entrato nella mia vita senza che io me ne accorgessi. Si è impossessato di me, della mia anima e ormai non vedo più la luce di questo tunnel infinito. I medici, e chi mi vuole bene, dicono che rischio la vita, di nuovo, ma io non lo condivido. La malattia probabilmente mi acceca la vista e mi annebbia la mente. Non lo so, ormai fa così parte di me che lasciarla andare mi terrorizza”. Lo ha scritto su fb Giulia Sarocco, una donna che da anni combatte quotidianamente l’anoressia nervosa e ne parla sui suoi social per far capire che si tratta di una malattia. Per non mangiare Giulia nascondeva il cibo ovunque, nelle maniche dei pullover, nelle pieghe dei vestiti, e poi pazientemente gettava tutto. La malattia le dice ancora che è grassa, brutta, lei sa che non è così ma è difficile non darle ascolto. “Non so se guarirò completamente- aveva confidato in una trasmissione tv- adesso mi hanno detto che rischio la carrozzina e ho già subito un intervento in cui mi hanno cementificato 4 vertebre. La carrozzina non la voglio, anzi voglio cercare di tornare alla vita perché si può stare meglio’.

Quando si scivola nella spirale infernale dei Dca, “non c’è ragione che tenga, non c’è motivo razionale, non ci sono spiegazioni né giustificazioni né colpe né vergogne. Non c’è niente di niente cui appigliarsi: non serve invocare la crisi dei valori o il trionfo della perfezione, l’oggettività della riuscita o la forza di volontà. C’è un mostro dentro- ripete la scrittrice Michela Marzano in un articolo pubblicato su La Repubblica- che divora e che obbliga ad affamarsi – se mangi ti anniento! urla il mostro, sebbene sia lui ad annientare; la fame non perdona, la fame consuma, la fame uccide”.

Il mostro che abita le persone che soffrono di un disturbo alimentare indica “un mancato allineamento tra loro e un mondo che chiede di essere in un determinato modo senza dare la libertà di vivere la propria insicurezza e tristezza, perché bisogna sempre performare. Ma a un certo punto diventa così impegnativo farlo perché non si sente mai di avere il controllo della situazione e allora la cosa più semplice è provare a controllare il proprio corpo. Quando si parla di disturbi del comportamento alimentare è fondamentale parlare del corpo, questa è la strada obbligata”. È il punto di vista di Giulia Paganelli, antropologa del corpo e scrittrice. È molto attiva sui social e il suo profilo instagram è @evastaizitta. “Studio i modi in cui le dinamiche culturali imprimono sui corpi dei modelli, per cui i segni e i marchi dei corpi biologici si riempiono di significati culturali. La società, i mass media ci raccontano quali sono i corpi migliori che possono ambire a una vita migliore. I modelli di perfezione si rifanno a un corpo tendenzialmente bianco, magro, abile, esteticamente gradevole, con una buona disponibilità economica. Il corpo conforme- spiega l’antropologa- non deve esprimere povertà, altrimenti non potrebbe far parte dei migliori. Non deve creare problematiche, deve essere mansueto, seguire bene le regole. La donna, ad esempio, deve essere desiderabile, deve soddisfare lo sguardo maschile ma non troppo, altrimenti può creare un problema di sicurezza. È bene che siano corpi mansueti e a livello sociale devono tenerci tanto a mantenere il loro status. I social network sono pieni di questi modelli”.


Se in questa società la priorità è avere corpi che rispondono a determinate regole, ‘se hai un corpo normale o in sovrappeso, grasso, che non rientra in quei modelli, allora ti verrà consigliato di dimagrire senza dare attenzione a come farlo. Questo deve avvenire a qualsiasi costo e spesso si incitano comportamenti molto restrittivi per raggiungere l’obiettivo nel minor tempo possibile. Da qui la grande incidenza sui disturbi del comportamento alimentare. Si tratta comunque di fenomeni complessi, in cui insistono cause sociali e ambientali che cambiano i comportamenti verso il corpo”. Ogni anno i Disturbi del comportamento alimentare (Dca)causano “4.000 morti tra i giovani’, fa sapere l’istituto Auxologico. Gli ultimi dati dell’Osservatorio ABA e ISTAT parlano di 3 milioni di italiani che ne soffrono e in seguito alla pandemia l’incidenza è salita del 30%, interessando soprattutto i più giovani. Tra questi disturbi non rientrano solo i più comunemente noti come l’anoressia (che colpisce circa il 42,3% dei casi) e la bulimia nervosa (18,2%), ma anche il binge eating disorder (abbuffate incontrollate, che incide per il 14,6%). Si aggiungono poi innumerevoli altre varianti, tra cui la drunkoressia, l’ortoressia, il disturbo evitante-restrittivo e altri che rendono difficile definire i confini di queste malattie e riconoscerle. Paganelli parla anche di grassofobia, “la paura di ingrassare da una parte e dall’altra il disprezzo che proviamo verso le persone grasse perché se non seguiamo le regole di come deve essere fatto un corpo, il corpo diventa colpevole di essere grasso. Da qui la violenza verbale, l’intromissione. Quante volte ti consigliano diete o commentano ‘quanto mangi?’. Se ad esempio sei a cena e ti mangi due piatti di lasagne, c’è sempre qualcuno che dice ‘Che fame che hai!’. Come antropologa il mio compito è rendere consapevoli le persone, dare gli strumenti che permettono di non subire, di dire il mio corpo è affare mio senza sentirsi in colpa o in difetto. Il corpo è il loro spazio di libertà, è un nostro diritto occuparci del nostro corpo come ci pare. Il corpo è nostro”.

Domani Paganelli parteciperà all’evento ‘AltriCorpi: dialoghi per nuove narrazioni dai Disturbi Alimentari ai corpi non conformi’, per celebrare la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla. L’appuntamento è a Roma dalle 15.30 alle 20 al Monk (via Giuseppe Mirri 32). L’evento è organizzato da Animenta, una community online di 44mila persone fondata da Aurora Caporossi, 26 anni, romana, con alle spalle un passato di anoressia nervosa. In programma ci sono quattro panel per parlare di corpo, salute, social media e storie e tra i protagonisti delle varie sessioni ci sarà anche Marina Cuollo, scrittrice, speaker radiofonica, autrice di podcast, content creator e attivista. Si occupa di discriminazioni, pregiudizi e della rappresentazione della disabilità in ambito mediale: “Non ho mai incontrato persone con disabilità con un disturbo del comportamento alimentare, ma questo non significa che non avvenga perché un corpo con disabilità che non ha il controllo della propria vita, perché non ha la possibilità di autodeterminarsi, non è escluso dalla dinamica della ricerca del controllo almeno sul proprio corpo. Quindi- sottolinea l’editorialista- credo che ci siano persone con disabilità che soffrano di Dca ma non se ne parla. Mancano le ricerche e i censimenti adeguati su di loro. Solo da poco si parla della violenza di genere che si attua sulle donne con disabilità”. Il tema, secondo Cuollo, è l’idealizzazione dei corpi che tocca anche quelli non conformi delle persone con disabilità. “Sono una persona con disabilità, ho un corpo non conforme, utilizzo uno scooter mobility per cui la mia mobilità è differente avendo una sindrome genetica. Quando una società idealizza i corpi, verso i corpi come il mio la pressione si manifesta in maniera con idee preconfezionate: c’è una costante infantilizzazione, una difficoltà a concepire e percepire l’adultità nei nostri corpi. Non siamo visti come abbastanza femminili, adulti, in grado di avere relazioni amorose e sessuali. I nostri sono corpi immacolati, angelici, privi di pulsioni. Questo impatta sulla vita delle persone e su come si prendono le scelte legate alla propria esistenza. Domani a Roma porterò il mio percorso di consapevolezza e comprensione. Parlare di corpi ribelli significa opporsi a quelle dinamiche che ti vogliono incasellare, chiudere in un cassettino prestabilito. Corpi messi al margine. Parleremo di questo- conclude- perché sono corpi che hanno una voce che necessita di essere ascoltata“.

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