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Papa Francesco: “Costruiamo muri per difendere le nostre ricchezze, ma non durerà: il grido dei poveri aumenta”

"Il 'giorno del Signore' distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti"

Pubblicato:13-06-2019 10:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:24
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ROMA – “Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori. Non sarà così per sempre”. Lo dice Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale dei Poveri.

“Il ‘giorno del Signore’, come descritto dai profeti, distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti- aggiunge Bergoglio-. La condizione di emarginazione in cui sono vessati milioni di persone non potrà durare ancora a lungo. Il loro grido aumenta e abbraccia la terra intera. Come scriveva Don Primo Mazzolari: ‘Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta’”.

PAPA: NUOVI SCHIAVI, AI POVERI NON SI PERDONA NEPPURE LORO POVERTÀ

“Anche oggi dobbiamo elencare molte forme di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini”. Lo dice Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale dei Poveri.


“Quante volte- prosegue- vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo, per trovare qualcosa di cui nutrirsi o vestirsi! Diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo. Giudicati spesso parassiti della società, ai poveri non si perdona neppure la loro povertà. Il giudizio è sempre all’erta. Non possono permettersi di essere timidi o scoraggiati, sono percepiti come minacciosi o incapaci, solo perché poveri”.

“Dramma nel dramma- dice ancora Papa Francesco-, non è consentito loro di vedere la fine del tunnel della miseria. Si è giunti perfino a teorizzare e realizzare un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza. Vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto… Ogni eventuale possibilità offerta, diventa uno spiraglio di luce; eppure, anche là dove dovrebbe registrarsi almeno la giustizia, spesso si infierisce su di loro con la violenza del sopruso. Sono costretti a ore infinite sotto il sole cocente per raccogliere i frutti della stagione, ma sono ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane che permettano di sentirsi uguali agli altri. Non esiste per loro cassa integrazione, indennità, nemmeno la possibilità di ammalarsi”.

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