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Migranti, Dupont (Lesvos Solidarity): “Il nuovo campo è peggio di quello di Moria”

Mentre il governo greco annuncia la chiusura di due centri più piccoli

Pubblicato:10-10-2020 16:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:02
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ROMA – “Il nuovo campo di Kara Tepe è anche peggio di Moria, le condizioni sono terribili”: a denunciarlo in un’intervista con l’agenzia Dire è Carmen Dupont, operatrice dell’ong Lesvos Solidarity, al lavoro con rifugiati e richiedenti asilo sull’isola greca di Lesbo. Le istituzioni europee, dopo la distruzione del vecchio campo, arrivato a ospitare 12.000 persone, avevano promesso che non ci sarebbe più stato un insediamento del genere. Invece, riferisce Dupont, “nella nuova tendopoli sono ammassate più di 7.500 persone“.

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A un mese dall’incendio di Moria, Dupont sostiene che per i migranti “niente è stato fatto”. Le condizioni del Kara Tepe, una tendopoli costruita vicino al mare, su un terreno usato come poligono di tiro militare, sono critiche. “Il campo si è allagato a causa delle piogge – dice Dupont – e la situazione, già difficile, è diventata drammatica”. La cooperante, francese, racconta: “Le persone qui hanno fame perchè la distribuzione del cibo avviene solo una volta al giorno. Da tre settimane non c’è acqua corrente e i bagni sono pochissimi. Le madri sono costrette a lavare i figli in mare”.

Come testimonia Sahar, una donna che ha vissuto a Moria 11 mesi, che appare in un video diffuso dall’ong Medici senza frontiere (Msf), le nuove tende, in cui sono stipati anche in 100, sono invivibili: “Dormiamo sulle pietre; le persone, soprattutto le donne, hanno problemi di salute mentale”. In questi giorni Dupont si sta battendo anche contro la chiusura del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Pikpa, dove Lesvos Solidarity lavora, e che il governo greco vorrebbe smantellare entro il 15 ottobre. Il centro, aperto sull’isola nel 2012 grazie al sostegno della comunità locale, funziona come rifugio per persone con disabilità, malati, donne incinte e da marzo anche minori non accompagnati.

“Siamo stati una parte cruciale del sistema, coprendo molti buchi lasciati dalle istituzioni” dice Dupont. “Le persone che stanno da noi sono molto preoccupate. Nessuno ci dice che fine faranno, ma farli vivere nel nuovo campo metterebbe a rischio la loro salute fisica e mentale”. In un comunicato rilasciato martedi’ da 160 associazioni l’annuncio della chiusura di Pikpa e di un altro centro vicino alla nuova tendopoli e’ stato definito “un attacco ai rifugiati”. Anche l’Alto Commisariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) si è detto “particolarmente preoccupato”. Dupont accusa: “Al governo non convengono questi centri. Punta solo al contenimento e alla segregazione dei migranti, anche se noi abbiamo dimostrato in questi anni che un’alternativa diversa può funzionare”.

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