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Giovani e stereotipi di genere: per 40% uomo deve mantenere la famiglia

Dalla ricerca Cnr-Irpps emerge anche che per il 25% dei maschi è lui che deve comandare in casa

Pubblicato:10-03-2021 12:58
Ultimo aggiornamento:10-03-2021 12:58
Autore:

casalinga
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ROMA – Attraverso l’edizione 2020 della ricerca “GAP – Giovani alla Prova – Ricerca su atteggiamenti e comportamenti degli adolescenti italiani” (GAP 2020) e le indagini svolte nell’ambito dell’Osservatorio Mutamenti Sociali in Atto COVID-19 (MSA-COVID19), l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Irpps) ha misurato gli stereotipi di genere di cui sono portatori i Giovani del nostro paese. La ricerca GAP, condotta durante il corso del 2019, si è rivolta a 3.273 studenti e studentesse italiane che frequentano le scuole superiori sul territorio nazionale. A questi adolescenti è stato chiesto di esprimere il proprio livello di accordo circa una serie di affermazioni riguardanti il rapporto tra uomini e donne.

I RISULTATI DELLA RICERCA

I risultati confermano la presenza di una pronunciata stereotipia di genere, per la quale 4 adolescenti su 10 ancora ritengono che debba essere l’uomo a mantenere la famiglia (affermano ciò anche il 25% delle studentesse) e 1 maschio su 4 che l’uomo debba comandare in casa. Tra i vari temi affrontati, è di interesse anche la lettura di genere che gli studenti offrono del tradimento nelle coppie: 1 maschio su 5 pensa che il tradimento femminile sia più grave di quello maschile. D’altra parte un’assunzione certamente positiva e che indica il superamento di uno dei più classici stereotipi è invece la constatazione che l’uomo non solo può, ma deve, svolgere le faccende domestiche. Quindi gli adolescenti vivono una situazione di permanenza e pervasività di atteggiamenti stereotipati, pur nella convinzione che sia necessario il superamento di certi comportamenti tradizionalisti e antiquati e della forte rigidità dei ruoli di genere.

I risultati di GAP 200 mostrano inoltre che le ragazze, in ambito scolastico, sono vittime privilegiate di varie forme di discriminazione e violenza: sono soggette all’esclusione dal gruppo il 40% delle studentesse contro il 20% degli studenti; il 31% delle ragazze subisce insulti per l’aspetto fisico contro il 17% dei ragazzi; almeno 1 studentessa su 10 viene offesa in quanto donna.


SESSISMO E OMOFOBIA

Di segno analogo è l’atteggiamento verso il sessismo e l’omofobia. Il primo è mediamente tollerato, ovvero ritenuto un atteggiamento degno di rispetto e non giudicabile negativamente se non contestualizzato, da almeno uno studente su 10: i maschi presentano però una tolleranza al sessismo decisamente superiore alle femmine (13,4% contro 5,4%). Infine, sempre circoscrivendo l’analisi sulle opinioni circa le diversità di genere, si evidenzia un ancor più elevato livello di tolleranza all’omofobia: questa può essere definita presente addirittura in 1 adolescente su 4, in particolare tra i maschi, ma non solo (32,7% dei maschi e 14,6% delle femmine).

L’INDAGINE DURANTE IL LOCKDOWN

L’indagine condotta nell’ambito dell’Osservatorio MSA-COVID-19 durante il periodo di lockdown in Italia, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e la Fondazione Movimento Bambino ONLUS, che ha raccolto oltre 140.000 interviste, mostra come anche per i giovani tra i 18 e i 21 anni gli stereotipi sono ancora fortemente radicati. Nell’ambito di questa indagine sono stati intervistati 9.510 under 21, di cui il 57,2% femmine e il 42,8% maschi. La presenza di stereotipi di genere nella popolazione giovanile si rivela con chiarezza nel diffuso accordo verso specifiche affermazioni utilizzate come “spie”. È infatti pari al 25,7% la quota degli adolescenti che nella più rigida fase di distanziamento ha ritenuto giusto che fosse in primis l’uomo a doversi distrarre e dunque ad uscire per fare la spesa o per altre esigenze domestiche (di cui il 17,1% di femmine e il 37,3% di uomini). Analogamente, il 19,9% ha concordato nel fatto che sia comprensibile che l’uomo possa perdere la pazienza in una simile situazione (di cui il 14,5% femmine e il 27,2% maschi). Infine, rispetto a quella che potrebbe configurarsi come l’immagine più emblematica della stereotipia di genere, ovvero l’idea per la quale la donna è portatrice di un suo ruolo naturale che risiede nell’essere madre e moglie, è stato rilevato un accordo complessivo pari al 18,4%, di cui il 14,8% femmine e il 23,3% maschi. In tutti i casi si evidenziano pertanto anche tra gli adolescenti marcati stereotipi di genere a testimonianza del fatto che i condizionamenti sociali siano sempre duri a morire, tant’è che godono a tutt’oggi di un diffuso consenso non soltanto nei più giovani, su cui si potrebbero avere aspettative diverse, ma anche nello stesso universo femminile.

“La costruzione delle rappresentazioni sociali costituisce un processo complesso, sul quale influiscono la socializzazione primaria e secondaria e i modelli culturali di riferimento. Esse generano l’idea dell’altro, che condiziona gli atteggiamenti e i comportamenti umani e quindi il rapporto tra uomini e donne. In particolare la riproduzione dei cosiddetti ruoli di genere, che avviene per lo più in ambito familiare, ove spesso si interiorizzano ideali distanze e disuguaglianze sociali, si basa ancora oggi sulla presenza di una visione sessista della società, che vede la donna come subalterna all’uomo per via della presunzione dell’esistenza di ruoli sociali “naturali”, che prevedono il primato dell’uomo nelle posizioni apicali di carriera e quello della donna negli oneri di cura e assistenza familiare”, commenta Antonio Tintori (Cnr-Irpps). “Queste errate scorciatoie cognitive, definite stereotipi, costituiscono un fattore altamente condizionante gli atteggiamenti verso la diversità di genere. L’analisi del livello di stereotipia sociale, in particolare sulla popolazione più giovane, è un’attività di ricerca complessa e importante che deve essere periodicamente svolta per avere una misura del processo di emancipazione culturale nello spazio e nel tempo”. Il gruppo di ricerca sta attualmente progettando un nuovo studio sugli adolescenti a un anno dall’emergenza sanitaria per tenere conto dell’impatto sulla vita dei giovani dei numerosi cambiamenti recenti che hanno avuto ripercussioni anche su comportamenti e atteggiamenti dei ragazzi.

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