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Sanità, cresce disagio psichico infantile: appello a Draghi

Intervista a Antonella Costantino, a capo della neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano e della società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza

Pubblicato:08-05-2021 17:54
Ultimo aggiornamento:08-05-2021 17:54
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bambino violenza
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Di Maria Laura Iazzetti

MILANO – Le richieste di aiuto e gli accessi al pronto soccorso aumentano da 10 anni. E’ una crescita costante a cui non è corrisposto un adeguamento nelle risorse stanziate e nelle strutture messe a disposizione. Da tempo, ormai, chi si occupa di neuropsichiatria infantile denuncia difficoltà nell’assistenza. I reparti specializzati sono pochi e le strutture intermedie, quelle che dovrebbero prendere in cura i pazienti prima che si arrivi alla fase acuta (e quindi all’ospedalizzazione), sono insufficienti.

“In tutta la Regione ci saranno una decina di centri diurni”, spiega alla ‘Dire’ Antonella Costantino, a capo della neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano e della società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Qualche settimana fa Costantino ha scritto al presidente del Consiglio, Mario Draghi, e al ministero della Salute chiedendo un intervento per aumentare le unita’ assistenziali. Fino ad ora non ha ricevuto ancora nessuna risposta, ma non perde le speranze.


E’ difficile dire se con l’emergenza sanitaria per il Covid ci sia stato un reale incremento nelle domande. “Forse vediamo venire a galla qualcosa che esisteva già da prima”, aggiunge Costantino. Si è sviluppata una maggiore sensibilità verso questi problemi: le persone si fidano di più e chiedono aiuto. Anche grazie alle esperienze provate durante la pandemia. “Le persone sanno di poter domandare una mano e i genitori, stando chiusi in casa con i propri figli, si accorgono prima se c’è un malessere”: questo ha spinto molte famiglie a rivolgersi alle unità specializzate.

Secondo i dati forniti dal garante regionale per l’Infanzia, Riccardo Bettiga, a gennaio i casi di comportamenti autolesivi in Lombardia sono stati 96 (a fronte dei 40 del 2020). Un fenomeno considerato da Bettiga “preoccupante”. Come detto, però, le variabili in gioco sono molte e per questo non è facile dire se i disagi siano cresciuti soltanto a causa della pandemia. “E’ ovvio che i ragazzi in questo momento non stanno bene e sono affaticati. Bisogna permettergli di incontrarsi in sicurezza e iniziare a essere piu’ coerenti nelle informazioni che gli diamo”, suggerisce Costantino.

Resta il problema delle strutture messe a disposizione e del personale impiegato per l’assistenza. “La Lombardia è messa meno peggio rispetto alle altre regioni, ma questo non vuol dire che siamo messi bene, perché di fatto anche qui i centri diurni per gli adolescenti e i posti letto intensivi sono pochissimi”, denuncia Costantino. Un adolescente su quattro finisce nei reparti di psichiatria per gli adulti, nonostante i bisogni e le esigenze siano diverse: queste particolarità andrebbero tutelate.

I ricoveri, poi, diventano anche più lunghi proprio perché mancano i centri dove poter proseguire le cure intensive. Servirebbero, in primis, più specialisti (quindi più posti nelle specializzazioni). “Le nostre liste di attesa si quadruplicheranno. Perché nei prossimi 5 anni andranno in pensione 200 neuropsichiatri infantili e ne entreranno meno della metà“.

Manca una programmazione efficiente che equilibri ingressi e uscite. Al Policlinico l’equipe del progetto ‘Percival’, che si occupa di seguire i ricoveri e gli interventi intensivi in neuropsichiatria, riesce ad assistere un massimo di 18 pazienti contemporaneamente. Ammette Costantino: “Spesso non siamo in grado di prendere i nuovi utenti in carico”.

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