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Ong americane contro le bombe a grappolo: “Biden dica no”

Della Convenzione sulle munizioni a grappolo fanno parte circa centoventi Paesi, ma non gli Stati Uniti, la Russia o l'Ucraina

Pubblicato:07-07-2023 13:27
Ultimo aggiornamento:07-07-2023 13:27

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ROMA – Non si è fatta attendere la reazione delle principali organizzazioni umanitarie e contro le armi alla notizia secondo cui la Casa Bianca sta valutando di inviare bombe a grappolo al governo di Kiev, da impiegare nel conflitto in corso con la Russia, sebbene siano vietate dal diritto internazionale. A ricordarlo, tra le altre, c’è Amnesty International, secondo cui questo tipo di arma può rappresentare “una grave minaccia per la vita dei civili, anche molto tempo dopo la fine di un conflitto”, perché le bombe – spesso lanciate dal cielo – sono concepite per disperdere indiscriminatamente ordigni più piccoli sul territorio dove possono restare “anche anni o addirittura decenni”.

Amnesty ricorda inoltre che produzione, vendita o cessione di “cluster bombs” è vietata dalla Convenzione sulle munizioni a grappolo, entrata in vigore nel 2008 e di cui fanno parte circa centoventi Paesi, ma non gli Stati Uniti, la Russia o l’Ucraina. Tali armi sono state impiegate nei Balcani, in Siria, Afghanistan, Libano, Yemen, Iraq e tanti altri conflitti e segnalate come letali non solo per i combattenti, ma anche per i civili, e quindi possono configurare un crimine di guerra.
Già il 14 giugno scorso la Coalizione statunitense contro le munizioni a grappolo aveva scritto una lettera aperta al presidente Joe Biden esprimendo “preoccupazione” per le proposte giunte da vari membri del Congresso di concedere tali armamenti a Kiev, quindi gli chiedeva di continuare a ignorare quella possibilità come fatto finora e di far sì che anche gli Stati Uniti “entrino a far parte della Convenzione internazionale contro le bombe a grappolo quanto prima”.

Ieri, in concomitanza con l’annuncio atteso in giornata dalla Casa Bianca, Human Rights Watch ha pubblicato un report in cui ha accusato sia l’esercito russo – in modo esteso – che quello ucraino di aver usato tali armi, citando evidenze e testimonianze, nonché un report dell’Onu, e che il numero delle vittime “è potenzialmente molto più alto” di quelle registrate dai ricercatori dell’organizzazione americana.


Mentre negli Stati Uniti il dibattito è aperto – con politici che si schierano contro o a favore della proposta – prosegue il tour del presidente Volodymyr Zelensky per chiedere nuovi sostegni militari, ieri in Bulgaria e oggi in Repubblica Ceca. Guardando al summit Nato di Vilnius dell’11 e 12 luglio, Zelensky è tornato anche a chiedere di accelerare il processo di adesione all’Alleanza atlantica.

L’Unione europea intanto stamani ha annunciato di aver raggiunto un nuovo accordo per mobilitare dal proprio budget 500 milioni di euro per incentivare la produzione di armi e munizioni da cedere all’Ucraina, in linea col via libera al piano del marzo scorso.
Sul piano umanitario, stamani si sono concluse le ricerche dei sopravvissuti dell’attacco missilistico di ieri a Leopoli, dove il bilancio dei morti è salito a dieci. Nelle prossime ore, il capo di Stato ucraino incontrerà l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan per discutere la proroga dell’Accordo sul grano – che prevede il passaggio di navi cariche di cereali attraverso il Mar Nero d’intesa con Mosca – che potrebbe favorire un nuovo scambio di prigionieri.

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