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A Ferrara un progetto per pulire l’acqua con gli scarti dell’industria biomedicale

Il progetto sperimentale si chiama Water living lab, lo firmano Hera, Cnr e Medica sulle rive del Po

Pubblicato:05-03-2024 15:14
Ultimo aggiornamento:05-03-2024 19:51
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hera Water living lab
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PONTELAGOSCURO (Ferrara) – Pulire l’acqua dai microinquinanti come i Pfas o altri nuovi contaminanti e renderla potabile con membrane ricavate dagli scarti dell’industria biomedicale che altrimenti finirebbero nell’inceneritore. È il cuore del progetto sperimentale “Water living lab” firmato da Hera, Cnr e Medica spa e inaugurato oggi alla centrale di potabilizzazione di Pontelagoscuro a Ferrara, che apre le porte per presentare i primi risultati con l’obiettivo poi di estenderlo in larga scala. La sperimentazione, unica in Italia e basata sul concetto di recupero ed economia circolare applicata alla ricerca, fa parte del progetto Life Remembrance finanziato dall’Unione Europea per un investimento di oltre 2,5 milioni di euro, di cui 1,2 finanziati dal programma europeo Life. La centrale di Pontelagoscuro, che preleva acqua direttamente dal fiume Po e la rende potabile, è l’impianto gestito dalla multiutility in cui è stato installato il nuovo sistema.

È un progetto che anticipa un’analisi sperimentale e di attenuazione dei rischi per l’abbattimento dei microinquinanti che, ci tengo a precisare, qui a Ferrara non abbiamo assolutamente- premette subito il direttore centrale Reti del Gruppo Hera, Alessandro Baroncini, chiarendo la natura ‘laboratoriale’ del progetto- qui utilizziamo una matrice di acqua grezza che viene prelevata dal Po, per sperimentare e campionare tutte le possibili matrici inquinanti che noi forzatamente inseriamo”. Un luogo anche simbolico perchè, spiega il dirigente della multiutility, “dal sistema acquifero del Po viene prelevata l’acqua sia da superficie che dai pozzi per il sistema emiliano, ma attraverso il Canale emiliano-romagnolo e altri impianti di depurazione va anche trasferita verso la Romagna”.

L’acqua utilizzata dal laboratorio poi chiaramente è “fuori dal circuito di potabilizzazione, ma in ogni caso siamo fiduciosi del fatto che questa sia una frontiera innovativa, perché passa attraverso il recupero dei materiali in una simbiosi industriale tra settori per un bene così prezioso per l’umanità”. Ma nella sostanza cosa sono questi ‘scarti’ che ora si scoprono così preziosi? “Sono membrane che vengono impiegate per la purificazione di fluidi biologici, del sangue in primis, e quindi vengono utilizzati e prodotti dall’industria biomedicale come l’azienda di cui faccio parte– spiega Letizia Bocchi di Medica e rappresentante del progetto Life- sono fatte di un materiale plastico che solitamente nel processo industriale normale viene smaltito per incenerimento”, e che nel solo 2022 “una piccola società come la nostra ne ha smaltite cinque tonnellate”. La sperimentazione tuttavia “non sostituisce le fasi di potabilizzazione già esistenti, ma diventa utile nel momento in cui potranno comparire nel futuro contaminanti emergenti di maggiore preoccupazione“. Per il momento la maggior attenzione, prosegue l’esperta, “è rivolta ai Pfas, quindi ai cosiddetti forever chemicals, sostanze persistenti di grande interesse e preoccupazione per l’impatto che hanno sull’ambiente”.


Per trasformare questo materiale in risorsa, Medica si è avvalsa della collaborazione del Cnr di Bologna, “mettendo a punto le condizioni di processazione di questi scarti in modo tale da mantenere preservate tutta una serie di proprietà che poi sono necessarie per l’assorbimento di inquinanti”, sottolinea Manuela Melucci, ricercatrice Cnr dell’Istituto Sintesi organica e fotoreattività di Bologna e del Cnr. Una fase di ricerca che ha portato a “un brevetto congiunto, diverse pubblicazioni e che andranno avanti nella validazione su una scala diversa grazie a quest’impianto”. Presente all’inaugurazione anche la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna con delega all’Ambiente Irene Priolo, che nel corso dell’incontro si è definita “assessora dell’acqua” rimarcando sia il valore di questa risorsa sia l’importanza di gestirla. “Questo progetto lavora per migliorare la qualità e lo stato della qualità delle nostre acque. Dal punto di vista chimico, quindi, un progetto importante, virtuoso, perché riesce a coniugare, come ha detto l’economia circolare, perché c’è il riutilizzo di un prodotto di scarto ad alto valore aggiunto, unitamente a quello che è il ciclo idrico integrato”. 

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