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In Italia si prelevano più di 33 mld mc di acqua all’anno ma se ne perde 1/5

Forum acqua Legambiente: "Utilizzare impronta idrica per migliorare la gestione"

Pubblicato:03-11-2022 11:41
Ultimo aggiornamento:03-11-2022 11:42

laghi inquinati
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ROMA – In Italia si prelevano più di 33 miliardi di metri cubi di acqua l’anno, di cui si perde il 22%. Tra i settori più ‘idroesigenti’ quello agricolo (55%), industriale (27%) e civile (18%). Lo fa sapere Legambiente nel corso della IV edizione del Forum Acqua ‘L’impronta idrica come strumento di adattamento alla crisi climatica’, oggi a Roma.

L’acqua è la risorsa naturale che più soffre problemi di sbagliata gestione, di eccessivo uso e la più sensibile all’inquinamento. Ad incrementare la sua vulnerabilità è la forte crescita di eventi climatici estremi – come eventi meteorici molto intensi e lunghi periodi di siccità – che causano danni ai territori, alle attività produttive, alla salute dei cittadini e agli ecosistemi. In Italia ogni anno si consumano oltre 26 miliardi di mc di acqua: il 55% circa della domanda proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. Il prelievo di acqua supera però i 33 miliardi di mc l’anno.

Infatti, i consumi rappresentano, poco meno del 78% dei prelievi a causa di un ammontare di perdite pari a circa il 22% del prelievo totale e di queste perdite il 17% si verificano nel settore agricolo e il 40% in quello civile Ma l’impatto sulla risorsa idrica del nostro Paese è molto più di quanto raccontato. Secondo i dati del water footprint network, infatti, l’impronta idrica dell’Italia è stimata in circa 130 miliardi di mc all’anno – una delle più alte d’Europa – di cui il 60% è relativo all’acqua utilizzata per prodotti o ingredienti importati dall’estero. “Numeri non più sostenibili su cui bisogna intervenire rapidamente”, segnalano dal Forum Acqua.


Da qui la proposta di Legambiente: adottare un approccio integrato e multi-sistemico, basato proprio sull’impronta idrica, allo scopo di assumere, lungo tutto il ciclo dell’acqua, un atteggiamento più responsabile e sostenibile.

Gli obiettivi dell’impronta idrica sono migliorare la gestione delle risorse idriche, riducendo i rischi provocati da un eccessivo sfruttamento o inquinamento delle fonti d’acqua, per quest’ultimo occorre quanto prima completare la rete fognaria e di depurazione ed eliminare gli scarichi industriali, portando ad una maggiore disponibilità e qualità della risorsa; migliorare la sostenibilità ambientale dei processi, identificando gli impatti sull’ambiente naturale ed individuando le modalità per la loro diminuzione. E ancora aumentare la consapevolezza nei confronti dei consumatori finali e dei produttori, incrementando anche la responsabilità. Infine, cambiare il modello di gestione dell’acqua in ambito urbano, a partire dalla progettazione e realizzazione di edifici e degli spazi pubblici.

“Riduzione dei prelievi e dell’inquinamento, del rischio verso le persone e le infrastrutture, recupero delle acque, della permeabilità del suolo, degli ecosistemi e riciclo nei processi, nelle costruzioni edili- dice Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente- Questi alcuni dei temi affrontati nella IV edizione del Forum Acqua, per una sua gestione sostenibile e responsabile. Alla Vigilia della COP27 e in un anno che sarà ricordato tra più caldi ed aridi di sempre per effetto della crisi climatica, apriamo ancora un dibattito con i vari protagonisti dei diversi settori, condividendo esperienze, progettualità e investimenti, cercando di delineare una strategia per la transizione ecologica sul tema acqua, rendendo sempre più sostenibile la nostra impronta idrica sulla Terra”.

“Per i gestori del servizio idrico integrato- spiega il vicepresidente di Utilitalia, Alessandro Russo- il tema della salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali viene affrontato in ottica di gestione circolare e resiliente. Tuttavia, è fondamentale agire in una logica integrata che, oltre alla maggiore efficienza delle infrastrutture idriche e della gestione degli usi idropotabili, intervenga sui diversi utilizzi della risorsa e sulla razionalizzazione dell’intero ciclo di vita dell’acqua, anche nella sua impronta ‘invisibile’. In analogia ad esperienze già mature nel settore energetico come, ad esempio, quella dei ‘certificati bianchi’, sarebbe auspicabile l’adozione di meccanismi incentivanti come i ‘certificati blu’, che potrebbero supportare e favorire politiche di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua”.

Il cambio di rotta da attuare per Legambiente si concretizza con una serie d’azioni. A partire dall’utilizzo dell’impronta idrica, “raccontando al consumatore, tramite un’etichetta posta sui prodotti, l’impatto che questo ha sulle risorse idriche, indirizzandolo verso consumi più consapevoli”.
Utile anche inserire tra le norme richieste dai CAM (Criteri ambientali minimi) la Water Footprint, soprattutto nell’ambito dell’acquisto di prodotti, contribuendo a tenere sotto controllo gli impatti idrici.
Necessario poi pianificare gli usi dell’acqua arrivando ad avere una visione d’insieme sull’impatto che, la “somma” delle attività, genera in un territorio. Per quanto riguarda l’uso potabile agire su prelievi e consumi, riducendo le perdite degli acquedotti e dando priorità alla rete di distribuzione cittadina.

A livello urbanistico, prosegue Legambiente, occorre una riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani, promuovendo il recupero e riutilizzo dell’acqua in tutti gli interventi edilizi, diffondendo i principi di efficienza idrica degli edifici, lavorando sull’adeguamento degli impianti esistenti implementando il risparmio idrico.

Sarà utile diffondere il ricorso ai Regolamenti Edilizi comunali che indirizzano verso il risparmio idrico, il recupero delle acque meteoriche e/o di quelle grigie. Completare la rete fognaria e realizzare interventi volti alla separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia.
A livello industriale occorre ridurre i consumi di acqua “nuova”, progettare impianti e processi che minimizzino l’utilizzo di acqua, monitorare per individuare perdite e sistemarle, rendere per le fabbriche obbligatorio il calcolo dell’impronta idrica e pubblici i bilanci di massa rispetto all’acqua utilizzata e scaricata, oltre i dati relativi alla sua qualità. Completare la rete di depurazione, ancora oggi incompleta e riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, spesso inefficienti, sottodimensionati e in difficoltà, e costruire gli impianti nuovi.

Infine, si dovrebbe innovare il sistema agroalimentare italiano con finanziamenti fortemente orientati a favorire il minor consumo di acqua, la diffusione di colture e sistemi produttivi meno “idroesigenti”, misure mirate all’incremento della funzionalità ecologica dei suoli agrari e della loro capacità di trattenere l’acqua e a contenere i consumi irrigui entro la soglia dei 2.500 metri cubi ettaro anno.

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