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Draghi decide, Salvini e Conte si smarcano e il Pd chiude

L'editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:03-03-2021 17:52
Ultimo aggiornamento:03-03-2021 18:54

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ROMA – Viene da ripensare alla scelta fatta alla fine degli anni Settanta dai dirigenti del Pci, con D’Alema segretario nazionale dei giovani e Bettini di quelli romani. Decisione che allora costrinse un’intera generazione, soprattutto i giovani che fino a quel momento avevano guardato e sperato in quel partito, all’odio e alla deriva estremista, condannandoli al fallimento. Erano quelli che per anni e anni avevano visto e sperato nel cambiamento, che invece si trovarono la loro forza politica prigioniera della ragion di Stato, dell’emergenza nazionale e della necessità di governare quel che c’era. “Li abbandonammo, decidemmo di alzare il ponte levatoio e di barricarci dentro il fortino”, ha ricordato poi Bettini. Aspettando che la rabbia morisse nel silenzio e nell’abbandono. E dopo fu il deserto.

Sono passati tanti anni, è sparito il Pci, il centrosinistra ha governato con Romano Prodi, poi è nato il Pd, che all’inizio ha suscitato tanto entusiasmo rimettendo in circolazione anche la forza di tanti (nuovi) giovani. Ma anche di questi anni il bilancio resta amaro. La necessità di stare per forza al Governo ha ricreato, nel tempo, tanti fossati che alla fine son diventati una voragine. Che rischia di ingoiare tutto di nuovo.

Dalla vittoria di Prodi nel 2006 sono passati 15 anni, il Pd non ha vinto mai un’elezione politica ma per 11 anni è comunque stato al Governo del Paese. Tutto regolare, siamo una democrazia parlamentare e bla bla bla. Ma da un anno siamo investiti dalla pandemia, il Paese è bloccato, i cittadini impoveriti, i giovani sempre più frustrati, senza futuro e già con più debiti sulle spalle. Ora siamo nelle mani del premier Mario Draghi, che ha tutte le capacità per gestire gli aiuti europei per far ripartire l’economia, ricreare tanti posti di lavoro e dare un futuro all’Italia. Sarà soprattutto decisione ‘tecnica’ a cui la politica si piegherà.


Forse non si poteva fare altrimenti, ma le forze politiche non possono pensare di rimanere uguali a prima. C’è spazio e tempo per ripensarsi, per rinnovarsi. Non è possibile alzare ponti levatoi ma bisogna rischiare, uscire e confrontarsi con la realtà. Matteo Salvini, leader della Lega, quello che sembra aver più fiuto, lo sta facendo: ogni giorno in piazza. Ogni giorno sembra anticipare un tema che, di lì a poco, il Governo affronterà. Iniziativa politica. Il M5S, prima forza parlamentare, si è affidata all’ex premier Giuseppe Conte. Non sarà facile ripartire, ripensarsi come nuovo Movimento. Ma Conte comunque gode di una sua personale riconoscibilità, i cittadini lo percepiscono come una possibilità, e i sondaggi, infatti, già registrano un significativo salto nei possibili consensi.

Nel Pd si litiga, ogni area chiusa nel rispettivo recinto, su quando fare il Congresso, chi eleggere come vicesegretaria, come bilanciare questo e quell’organismo interno. La storia sembra ripetersi, stavolta più come tragica farsa. È tempo di iniziativa politica per il Pd: 5-6 argomenti, distintivi e necessari, e consumare i tacchi in giro nel Paese, per cercare consensi, suscitare dibattito e confronto. Mettersi in gioco tutti, senza pensare alle convenienze personali. Con un orecchio al nostro amico Stanislaw Jerzy Lec, quando ammoniva: “Attenzione, alcuni gradini della carriera conducono alla forca”.

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