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Vitalizi, D’Alessandro (Unicusano): “Per il ricalcolo basta la delibera delle Camere”

ROMA - Continuano gli scontri e il dibattito tra istituzioni sul taglio ai vitalizi per gli ex parlamentari.

Pubblicato:02-07-2018 13:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:19
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ROMA – Continuano gli scontri e il dibattito tra istituzioni sul taglio ai vitalizi per gli ex parlamentari. La questione è stata (ri)sollevata nei giorni scorsi dal presidente della Camera, Roberto Fico, seguendo uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle che punta a “togliere privilegi a chi non se li è guadagnati” grazie a una delibera interna sul ricalcolo degli assegni mensili agli ex deputati. Meno convinta la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, secondo la quale esistono delle “perplessità sul fatto di poter incidere sui diritti acquisiti”, con l’auspicio di trovare una soluzione che possa avere un “equilibrio giuridico”. Tra leggi e delibere, Radio Cusano Campus ha cercato di fare chiarezza sulla questione affidandosi al parere tecnico di Giovanni D’Alessandro, vicepreside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Niccolò Cusano e ordinario di Diritto pubblico, intervenuto oggi ai microfoni dell’emittente. “Parliamo di assegni vitalizi, e non di pensioni: i parlamentari svolgono una funzione pubblica e non vengono retribuiti per una prestazione lavorativa, ma hanno una indennità che viene stabilita dalla legge. Però la stessa legge- aggiunge D’Alessandro- fa rinvio alle deliberazioni interne delle Camere per quantificarne l’entità. Di quello che succede dopo, quando un parlamentare smette di esercitare le sue funzioni, non si occupa la legge ma l’argomento viene introdotto nell’ordinamento sempre con delibere degli uffici di presidenza di Camera e Senato, quindi è stata sempre una disciplina interna delle due Camere”.

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Quindi il taglio dei vitalizi “si deve fare con una delibera”, perché con una delibera i vitalizi sono stati accordati. Secondo il docente dell’Università Niccolò Cusano “la questione è stata già notata nella scorsa legislatura dal Comitato per la legislazione nell’affrontare il ddl Richetti, grazie a un parere allegato”. Quindi “se oggi si approvasse una legge soltanto per ricalcolare i vitalizi degli ex parlamentari, si creerebbe un’asimmetria perché dal 2012 è entrato in vigore il nuovo regime degli assegni, passando da quello retributivo a quello contributivo”. Il provvedimento che si vuole fare adesso ha dunque l’obiettivo di “ristabilire un equilibrio, applicando lo stesso criterio di calcolo contributivo anche agli ex parlamentari che hanno terminato la loro attività prima, o molto prima, del 2012 e che quindi hanno il vitalizio calcolato su base retributiva. Nel 2012 la riforma è stata fatta con deliberazione degli uffici di presidenza delle Camere, quindi se noi oggi facessimo una legge soltanto per gli ex parlamentari pre 2012, creeremmo un’asimmetria nel sistema, perché avremmo un pezzo disciplinato da atti interni delle Camere e un altro da una legge”. D’Alessandro va oltre e spiega che “nel momento in cui c’è una deliberazione interna di Camera e Senato, le eventuali controversie saranno devolute all’autodichia delle stesse Camere e non alla magistratura ordinaria. Possono essere rivolte alla Corte Costituzionale ma con il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Ma chi lo solleverebbe questo conflitto? Non certo un l’organo interno di autodichia contro l’organo interno Ufficio di Presidenza della stessa Camera”.


Il docente sottolinea però che “la delibera può essere fatta soltanto dalla Camera per gli ex deputati o soltanto dal Senato per gli ex senatori. La nostra Costituzione, infatti, garantisce l’autonomia di ciascuna Camera e non di entrambe messe insieme”. Esiste poi un “altro aspetto delicato” sulla fonte che può disciplinare il conteggio dei vitalizi e sull retroattività della disciplina stessa: “Secondo la proposta di delibera della Camera questa entrerà in vigore dal primo novembre 2018 e avrà effetto retroattivo per il conteggio contributivo- spiega D’Alessandro- Non siamo tecnicamente di fronte a delle pensioni, e quindi a dei diritti acquisiti con garanzie costituzionali diverse, ma sicuramente di fronte a rapporti di durata rispetto a cui si può incidere, secondo la Corte Costituzionale, in base al rispetto dei criteri della ragionevolezza e della proporzionalità”. E’ quindi “falso”, conclude, “che la stessa disciplina possa essere applicata retroattivamente anche alle pensioni dei cittadini. Non siamo in materia pensionistica”.

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