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Corso Ue per giovani giornalisti, si riparte dalla lotta alle fake news

Seconda giornata dell’iniziativa nella redazione bolognese dell'Agenzia Dire, con lezioni, dialoghi, laboratori e prove pratiche

Pubblicato:01-12-2023 09:37
Ultimo aggiornamento:01-12-2023 23:35
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BOLOGNA – Seconda giornata nella redazione dell’agenzia di stampa Dire a Bologna per il corso di formazione sull’Europa rivolto ai giovani giornalisti, content creator e operatori dell’informazione selezionati nei giorni scorsi. A coordinare l’iniziativa, negli spazi di via Calzolerie 2, con lezioni, dialoghi, laboratori e prove pratiche, saranno per tre giorni docenti, eurodeputati e esperti di diritto, politica e comunicazione dell’Ue.

L’appuntamento è trasmesso in diretta streaming e con notizie “live” sulle pagine web della Dire.

CASTELLANETA (UNIBA): FAKE NEWS SFIDA EUROPEA

La diffusione di notizie false tese a raggiungere risultati politici, alimentata dall’avvento dei social network, è una delle sfide chiave per l’Unione Europea: lo sottolinea Marina Castellaneta, professoressa di Diritto internazionale presso l’Università di Bari. Il suo intervento apre nella redazione dell’agenzia Dire a Bologna la seconda giornata del corso di formazione Ue rivolto a giovani giornalisti, content creator e operatori dell’informazione. Il tema di oggi è ‘Comunicare l’attualità: a lavoro in redazione, e attenti alle fake news!’. Secondo Castellaneta, “l’avvento dei social che ormai sono predominanti rispetto alla carta stampata anche se non hanno l’impatto delle tv almeno in una fascia della popolazione, ha creato un nuovo problema all’interno dell’Ue”. Il nodo, sottolinea la professoressa, è “la diffusione su vasta scala di notizie false finalizzate a raggiungere un determinato risultato, di frequente politico”. Castellaneta evidenzia che “la libertà di stampa è un valore democratico fondante dell’Unione Europea”. A preoccupare, secondo la docente, è il fatto che “il flusso di fake news è alimentato a volte anche esponenti politici che hanno l’obiettivo di condizionare elezioni o referendum, come confermato già anni fa dalla consultazione nel Regno Unito sulla Brexit”.
Citato da Castellaneta un titolo del settimanale americano Time, risalente al 2017: “Is Truth Dead?”, “la verità è morta?”.


IA, CASTELLANETA (UNIBA): “UE DA PRIMATO CON UN NUOVO REGOLAMENTO

L’Unione Europea sarà la prima organizzazione ad approvare un regolamento sull’intelligenza artificiale (Ia) introducendo norme comuni che dovrebbero avere effetti anche al di fuori del territorio dei suoi Stati membri: ne è convinta Marina Castellaneta, professoressa di Diritto internazionale presso l’Università di Bari.

“L’Unione è la prima organizzazione che si sta accingendo ad approvare il regolamento sull’Ia, introducendo norme comuni che potrebbero avere lo stesso tipo di effetto di quelle sul Gpdr, il regolamento generale sulla protezione dei dati, condizionando anche le attività extra-europee” dice Castellaneta. “Quando un flusso di dati si dirige verso l’Ue deve essere garantito il rispetto delle regole comunitarie; in questo modo l’intervento legislativo risulta fondamentale perché non riguarda solo il territorio dell’Unione”. In vista di un’approvazione definitiva, l’Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea sarà ancora nei prossimi giorni al centro delle attività di Parlamento, Commissione e Consiglio Ue.

ROSSOLILLO (UNIPV): “LE ELEZIONI DIVENTANO SEMPRE PIÙ EUROPEE”

Le elezioni europee “stanno diventando sempre più europee”, centrate cioè su temi e sfide politiche che possono essere affrontate meglio da una prospettiva continentale e più ampia rispetto a quella nazionale: a evidenziarlo Giulia Rossolillo, professoressa dell’Università di Pavia. Al centro dell’intervento di Rossolillo, docente di Diritto dell’Unione Europea, il voto previsto nei 27 Paesi membri nel giugno 2024. “In passato le elezioni avevano un carattere più nazionale anche per via del ruolo differente che aveva il Parlamento Ue” dice Rossolillo. “Già nel 2019 è apparso però evidente che le campagne sono diventate più europee: si è capito che determinate sfide non possono essere affrontate solo a livello nazionale”.

ROSSOLILLO (UNIPV): “ANCHE I NUMERI AIUTANO A RACCONTARE LE ELEZIONI EUROPEE”

“I giorni delle elezioni europee sono i medesimi nei 27 Paesi, i cittadini possono votare anche all’estero e i risultati vengono proclamati solo una volta chiusi tutti i seggi. Inoltre è vietato a deputati e senatori nazionali candidarsi al Parlamento europeo, per garantire presenza e continuità. Sussiste anche il divieto di doppio mandato”. Questi alcuni dei meccanismi che garantiscono trasparenza, correttezza e accesso alle elezioni europee, come spiega Giulia Rossolillo, professore ordinario di Diritto dell’Unione Europea all’Università di Pavia. La docente interviene alla seconda giornata del corso europeo rivolto a giovani giornalisti, content creator e operatori dell’informazione, che si svolge presso la sede di Bologna dell’agenzia Dire, in collaborazione con il service audiovisivo Total Eu.
Rossolillo fornisce altri elementi da tenere a mente per raccontare al meglio l’appuntamento europeo alle urne, previsto dal 6 al 9 giugno 2024. “L’età minima per votare varia a seconda dei Paesi, dai 16 anni in Austria, Germania, Belgio e Malta, 17 in Grecia, 18 negli altri 22 Stati tra cui l’Italia“. La docente evidenzia che cambia il “peso” dei singoli eurodeputati a seconda della popolazione nazionale. “Un europarlamentare maltese rappresenta 80mila cittadini, un tedesco 800mila”, calcola Rossolillo. Il numero dei cittadini determina anche quello dei deputati per ciascuno Stato membro: “Ad esempio la Germania, tra i Paesi più popolosi, conta su 96 seggi”. Il Parlamento Ue ha oggi in totale 705 membri, tra europarlamentari e presidente, ma con la prossima votazione il numero aumenterà a 720. “Per alcuni Stati cambierà il numero dei rappresentanti” sottolinea Rossolillo: “Francia e Spagna ad esempio ne acquisiscono due in più, mentre per l’Italia non cambierà nulla”. Quanto allo spoglio, ci sono Paesi che mettono soglie di sbarramento fino al 5 per cento, mentre per altri come l’Italia “la soglia resta al 4 per cento”.

EUROPEE. DE MEO (FI): SERVE LAVORO STRAORDINARIO PER AFFLUENZA

“È necessario fare un lavoro straordinario sull’affluenza in vista delle elezioni europee di giugno, per non riconfermare il dato negativo registrato in Italia alle consultazioni amministrative di alcuni mesi fa. Serve una campagna elettorale diversa, con temi nuovi”. Ne è convinto Salvatore De Meo, eurodeputato di Forza Italia (Fi), nel gruppo del Partito popolare europeo (Ppe) che interviene con la sua testimonianza al corso di formazione Ue rivolto a giovani giornalisti, content creator e operatori dell’informazione, cominciato ieri nella redazione dell’agenzia Dire a Bologna.

Secondo il parlamentare, tra i temi su cui informare maggiormente gli elettori ci sono “il Patto sulle migrazioni e la riforma del Patto di stabilità, su cui sono in corso grandi dibattiti, e poi l’agricoltura, l’industria, l’ambiente”. In particolare su quest’ultimo tema, dice De Meo, “non esiste essere di destra o di sinistra”. “Il clima”, sottolinea il deputato, “riguarda tutti”.
In evidenzia poi “le regole di funzionamento delle istituzioni”, sottolinea il deputato, perché il sistema della maggioranza qualificata “non sia più un diritto di veto che certi Paesi usano in modo strumentale”. Sul tema, dice De Meo, “la Commissione affari costituzionali, di cui sono membro, ha proposto che la prossima assemblea lavori anche come Assemblea costituente”, dal momento che il progetto di Costituzione europea non è ancora decollato e il Parlamento sta lavorando alla modifica dei trattati.
Ciò deve andare di pari passo con “una politica estera più definita”, secondo De Meo. Il voto di giugno nei 27 Paesi Ue, insomma, conclude il deputato, “deve servire a costruire una cultura europea, che non significa affatto rinnegare la propria identità” bensì “raggiungere i territori”.

DE MEO (FI): L’UE DEVE RIPRENDERE IL RUOLO DI MEDIATRICE

“L’Unione Europea deve definire una politica estera precisa, e in Medio Oriente in particolare deve assumere di nuovo un ruolo di mediatrice, che non si può lasciare a Paesi come il Qatar, che prima di parlare di diritti umani dovrebbero chiedersi se la situazione interna sui diritti gli dia legittimità per farlo”. Il pensiero è di Salvatore De Meo, eurodeputato di Forza Italia (Fi), nel gruppo del Partito popolare europeo (Ppe).

L’europarlamentare si dice convinto che politici europei, cittadini ma anche giornalisti debbano fare attenzione ai messaggi pubblicitari o istituzionali che arrivano da Doha: “Dopo lo scandalo del Qatargate”, che ha rivelato illeciti commessi dall’emirato con l’obiettivo di condizionare alcuni eurodeputati perché agissero in linea coi suoi interessi, “il Qatar sta cercando di riottenere legittimità, dipingendosi come un paradiso, ma questo maschera la realtà”.
Dialogando con giornalisti e content creator che partecipano al corso europeo alla sede di Bologna dell’agenzia Dire, De Meo continua avvertendo che le pressioni esterne arrivano quotidianamente a minacciare la stabilità delle istituzioni europee. “Lo abbiamo visto con la Brexit”, sottolinea De Meo, “dove sappiamo con certezza che l’uscita di Londra dall’Ue fu alimentata da una campagna esterna di disinformazione e fake news”.
Tali condizionamenti, però, secondo l’eurodeputato, “agiscono soprattutto internamente all’Ue”. De Meo continua: “A volte certi messaggi vengono seminati con anni di anticipo, grazie alla creazione di veri e propri network che, in modo subdolo, sovvertono i processi decisionali”.

In questo, evidenzia De Meo, “gli organi d’informazione hanno un ruolo fondamentale. Chi si occupa di Europa deve entrare approfonditamente nelle questioni, evitando di riportare fonti inattendibili”.

Un appunto poi sul tema della libertà dei cronisti. “Bene la legge Daphne che offre una tutela in più” dice De Meo: “Dobbiamo mettere i giornalisti nelle condizioni di raccontare anche le cose scomode, creando competizione sana tra testate”.

GIORNALISMO. POPULISMO E ‘TEST CENTOLA’, L’UE A PROVA DI SOCIAL

I social come campo privilegiato del “populismo”, tentativo di “toccare la pancia del Paese” e far leva sulle “frustrazioni” e i “sentimenti collettivi” più comuni degli elettori: è la prospettiva al centro di un dibattito al corso di formazione europeo per giovani giornalisti. Ad animarlo Piero Bonito Oliva, responsabile comunicazione dell’agenzia Dire, insieme con Anna Nicolao e Sara Dabbag, della redazione social.

Con loro suggeriscono spunti e pongono domande giovani cronisti, content creator e operatori dell’informazione. “Potenzialmente possiamo arrivare a un pubblico illimitato e si dice che internet dimentica ma pure che uno screenshot è per sempre” sottolinea Nicolao. “Tutto ciò che pubblichiamo è misurabile, è vero, ma poi ci si può chiedere se davvero sui social uno vale uno e se i nuovi media abbiano davvero dato voce a tutti“.

Si sofferma sul populismo, Bonito Oliva, in linea con il tema del dibattito su ‘Social e comunicazione politica’. “Siamo nel tempo dell’e-democracy, quando tutti possono stare sul palcoscenico” dice il cronista. Che sul populismo, sottolineando di non voler attribuire al fenomeno una connotazione di per sé negativa, passa in rassegna anni di messaggi e post politici: dalla “discesa in campo” di Silvio Berlusconi agli slogan targati Movimento 5 Stelle fino a Giorgia Meloni, “di lotta e di governo”: dai post del 2018 sull'”Africa che in Europa non ci sta” con la richiesta di “blocco navale subito” al ruolo di presidente del Consiglio, da un anno protagonista di vertici internazionali e visite sia a nord sia al sud del Sahara.

Dabbag si sofferma invece del fenomeno della “bolla” o della “camera dell’eco”. “E’ il restare confinati”, spiega, “in un ambiente che ripropone e rafforza la nostra opinione, che spinge a attaccare o a censurare chi la pensa in maniera diversa da noi”. La giornalista cita un esperimento dell’Università di Filadelfia, coordinato dal ricercatore Damon Centola. “Unendo due gruppi con idee diametralmente opposte, in particolare democratici e repubblicani, è stato possibile provare che dopo un lungo dibattito su un determinato tema sono riusciti ad arrivare a un punto comune” spiega Dabbag. “Ciò è stato reso possibile dall’assenza di un influencer che polarizzasse il dibattito”.

UE. BASSO (LEGA): MIGLIORA SE DESTRA E SINISTRA COLLABORANO

“Sui giornali viene sempre fuori con forza la contrapposizione tra destra e sinistra, e questo a mio avviso non è un modo corretto di raccontare i lavori della politica. Noi, come componenti della destra, votiamo anche emendamenti dei Verdi o di altri, ma posso dire che non è vero il contrario, e questo si può facilmente verificare dalle relazioni disponibili online”. A parlare è Alessandra Basso, avvocata trevigiana, eurodeputata della Lega, nel gruppo Identità e democrazia. Il suo è un dialogo con i giovani giornalisti e content creator che partecipano al corso di formazione europea nella redazione dell’agenzia Dire a Bologna.

“A volte mi è stato detto dai colleghi di schieramenti opposti che non avrebbero potuto votare i miei emendamenti per via della mia affiliazione politica, sebbene fossero perfetti” ricorda Basso. “Allora, pur di farli votare, capita che debba farli depositare da un altro collega; questa Europa, ideologizzata, non è quella che mi piace”.

Basso condanna anche gli scontri alimentati o creati dai social: “Caricano la politica di una eccessiva e dannosa aggressività”, argomenta la deputata. “Certo è che non può andare bene che determinate istituzioni o gruppi vicini all’opposizione non condannino gli insulti che arrivano a noi donne della destra o più in generale le minacce di morte o gli assalti alle sedi che il nostro schieramento subisce”. Secondo l’eurodeputata, “non bisogna lasciare passare il messaggio che esiste un tipo di violenza che si può giustificare”. Basso conclude: “La violenza invece va condannata sempre”.

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