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Calais, Amnesty International: “Sgombero dei migranti non è la soluzione”

"La situazione a Calais non è evidentemente sostenibile, ma gli sgomberi non rappresentano alcuna soluzione a una crisi cui le autorità francesi e britanniche hanno voltato le spalle per anni. Occorre esaminare la situazione in chiave complessiva"

Pubblicato:01-03-2016 13:42
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:04

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Dopo l’autorizzazione del tribunale amministrativo allo sgombero della settimana precedente, è iniziata la demolizione di una parte della “Giungla”, il campo informale dei migranti e dei rifugiati a Calais. Tra scene di violenza, circa 200 residenti sono stati sgomberati. Nel pomeriggio, le operazioni sono state interrotte. Ulteriori sgomberi sono previsti nelle prossime settimane, fino a quando il campo non sarà stato completamente demolito. “Le autorità francesi devono garantire che non passeranno col bulldozer anche sui diritti dei migranti e dei rifugiati, molti dei quali con ogni probabilità sono in condizioni di estrema vulnerabilità”, così John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

La situazione a Calais non è evidentemente sostenibile, ma gli sgomberi non rappresentano alcuna soluzione a una crisi cui le autorità francesi e britanniche hanno voltato le spalle per anni. Occorre esaminare la situazione in chiave complessiva: non solo dai singoli aspetti del controllo delle frontiere, dell’alloggio e dell’igiene. A Calais – ha proseguito Dalhuisen – ogni persona ha necessità e diritti che devono essere protetti”. Per il direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty, “le autorità francesi devono assicurare che le persone di cui è previsto lo sgombero siano consultate in modo reale e che siano considerate tutte le opzioni a loro disposizione, tra cui facilitare l’accesso alla procedura d’asilo in Francia e fornire visti per il Regno Unito per i ricongiungimenti familiari o per altri buoni motivi che giustifichino l’ammissione. Sebbene vi sia il canale della Manica di mezzo, non è una questione di cui il governo di Londra si può lavare le mani”.


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