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Vicino alle discariche si muore di più: +14% donne si ammala di tumore

7 milioni di italiani a rischio, ma non dipende dagli stili di vita. In 44 mila aderiscono alla petizione online #screeningtumori

Pubblicato:23-10-2017 11:35
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:49

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ROMA – “Accanto alle discariche italiane si muore di più. C’è un aumento del 14% d’incidenza di tumore nelle donne tra i 25 e i 40 anni, in età pre-screening. Sono donne che non vengono intercettate dagli screening ufficiali del sistema sanitario italiano. Se si facessero monitoraggi mirati su questa fascia di popolazione, si potrebbero salvare milioni di vite umane”. Ne parla Antonio Giordano, esperto di genetica e tumori, nel reportage ‘Ritorno a Terzigno 2010/2017’, andato in onda su Rai News.

Vittoria Iacovella e Simona Cocozza, le autrici del servizio, hanno fatto partire una petizione che ha già superato le 44.000 firme per ottenere dai ministri Lorenzin e Galletti gli #ScreeningTumori gratuiti per chi vive, a rischio tumore, nei pressi di una discarica (change.org/screeningtumori).

“Qualsiasi forma di vita ha un Dna e questo Dna può cambiare nel tempo quando viene messo a contatto con sostanze tossiche. In Italia- continua Giordano nel reportage- sono circa 40.000 i casi non intercettati dagli organi ufficiali”.


Il reportage di Iacovella e Cocozza racconta solo un pezzo della situazione italiana, quello delle 255.000 anime che vivono vicino le discariche di Terzigno e Boscoreale, ma il problema riguarda tutto il paese: “In Italia ci sono 149 discariche e 73 sono i siti non bonificati– sottolineano- in attesa di un censimento ufficiale, gli italiani che si trovano nelle stesse condizioni degli abitanti di Terzigno e Boscoreale sono almeno 7 milioni”.

 


LE STRADE ROSSE DELLA ‘MAPPA DELLA MORTE’

E’ una vera e propria mappa della morte, quella che viene tracciata in ‘Ritorno a Terzigno 2010/2017’ da Maria Rosaria Esposito, avvocato attivista dell’associazione ‘N’ata Storia!’: “Le strade rosse sono quelle dove c’è più incidenza di tumore e dove ci sono più morti per tumore in relazione agli abitanti”, perché lì la gente si ammala di cancro alla mammella, ai polmoni, al cervello, allo stomaco, ma non solo.

Anche i nascituri sono in pericolo: “C’è chi nasce con malformazioni, chi senza la tiroide e chi con la fibrosi cistica”, e poi c’è chi non nasce proprio. “Nelle zone situate vicino le discariche gli aborti sono più del doppio rispetto alla media nazionale– precisa Annapina, un’altra attivista- inoltre gli aborti terapeutici fanno calare la statistica sulle deformazioni proprio perché i bambini non nascono”.

 


LA BATTAGLIA PER LA VITA DI ANNAPINA

Annapina è stata una delle persone direttamente coinvolte: “Nel 2010 ho lottato con tutte le mie forze contro lo scempio ambientale e sanitario che si stava mettendo a punto a Terzigno, il paese in cui abito. Ero tra quelle che hanno lottato in prima linea per l’aggiornamento del registro tumori e che si è prodigata con un registro fai da te, andando per le case ed i palazzi a censire gli ammalati. Nel 2017 aggiorno il registro: io ho un cancro al seno!”

La mia, ora, è una battaglia per la vita. La malattia- spiega l’attivista- ha rivoluzionato tutto il mio modo di essere donna, compagna, amica! Ho la vita scadenzata: tutti i giorni e per 10 anni mi suona il cellulare per ricordarmi la terapia e come un calendario lunare ogni 28 giorni mi suona un’altra sveglia per ricordarmi ‘la siringa’, quella che ti abbatte”.

“Ma- continua Annapina- prima di questo, ci sono plichi e plichi di documenti, visite e protocolli che annientano qualsiasi diritto dell’ammalato! Abito a poca distanza da una discarica di Stato e come me ci sono tantissime persone che in Italia vivono a ridosso di depositi, siti di stoccaggio, inceneritori, etc.”.

 


QUANDO I TUMORI NON DIPENDONO DAGLI STILI DI VITA

La causa di morti, malattie e malformazioni non sembra essere imputabile ai cattivi stili di vita. Da un’indagine di ‘N’ata Storia!’, dal nome ‘Io lo faccio’ – alla cui creazione e riuscita hanno collaborato anche l’architetto Francesco Miranda, presidente  dell’associazione, e l’ingegnere Alessandro Annunziata, associato – secondo l’avvocato Esposito sono emerse “informazioni che sfuggono ai grandi ‘sondaggi’ dell’Istat o alle raccolte dati dell’Asl, in genere riferiti alle macro aree e limitati a un tasso temporale definito”.

‘Io lo Faccio’ ha invece analizzato le micro aree abitative di Terzigno, indagando sulle abitudini alimentari, gli stili di vita, le condizioni sanitarie e la consapevolezza delle condizioni ambientali che circondano il cittadino, riportando pure il numero dei decessi e delle guarigioni”.

All’indagine ha partecipato il 10% della popolazione attiva del comune di Terzigno ed è risultato che il 70% delle persone ha uno stile di vita regolare, non è fumatore e il 53% non beve. Un intervistato su tre ha, inoltre, ammesso di comprare frutta e verdura sulla grande distribuzione, il 48% va alla piccola distribuzione e il 15% ha un orto privato e nella maggioranza dei casi non usa pesticidi, ma l’acqua piovana per irrigare la terra.

 

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Per quanto riguarda le malattie, il 27% dei soggetti ha allergie, soprattutto respiratorie, e più di un intervistato su 10 (11%) ha fatto sapere di avere una malattie oncologica. La tipologia più elevata è il tumore alla mammella (30%), infatti la percentuale di donne tra i malati oncologici è del 63%, mentre il 30% dei malati va dai 15 ai 30 anni. “Adesso la situazione è peggiorata- fa sapere Esposito- molte altre persone si sono ammalate dopo l’indagine”.

L’avvocato precisa che il censimento “’Io lo faccio’ è stato preceduto da un’altra indagine effettuata tra il 2010 e il 2011, attraverso l’aiuto di volontarie tra cui Anna Rachele Ranieri e Rosa Bianco (anch’essa malata di tumore). Questa indagine è servita a far emergere la gravità della situazione e le strade maggiormente colpite“.

L’impegno dell’associazione prosegue e ‘N’ata Storia!’ non si arrende: “Vorremmo che qualcuno venisse a controllare la nostra situazione. Chiediamo che sia bonificato il territorio, che ci sia uno screening gratuito che segua protocolli specifici per le persone che vivono vicino le discariche e che le analisi sui territori siano fatte in base alle diverse criticità. Si deve ragionare per micro aree. Se ci ammaliamo prima- conclude Esposito- i controlli li dobbiamo fare prima”.

di Rachele Bombace, giornalista professionista

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