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“Migrazione e integrazione come valori”: l’impegno del Forum Nazionale dei Giovani

di Maria Cristina Pisani, Presidente Forum Nazionale dei Giovani

Pubblicato:22-12-2016 15:15
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:22

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di Maria Cristina Pisani, Presidente Forum Nazionale dei Giovani

Ieri, lunedì 1 dicembre, ho partecipato, in qualità di Portavoce del Forum Nazionale dei Giovani, alla terza edizione di “Giovani Cultura e Istituzioni”, tenutasi a Trieste: tre giornate di studio dedicate al tema caldo: “Lavoro: Storie, Culture Diritti”.

L’afflusso dei lavoratori stranieri ha modificato, in maniera evidente, le società e le economie di molti paesi. Basti pensare a quanti mestieri e a quante attività tradizionali, altrimenti destinati a sparire, stiano rimanendo in vita anche grazie al lavoro dei giovani e delle giovani migranti che in vari settori, uno fra tutti quello agricolo, riescono a trovare quelle opportunità a cui i giovani italiani potrebbero non essere più interessati.


È proprio perché viene riconosciuta l’importanza dei flussi migratori nello sviluppo dei mercati e nel mantenimento degli standard produttivi che stati europei, e non solo, decidono di accogliere i giovani migranti, tentando anche di promuovere leggi che possano facilitare la loro permanenza e migliorare le loro nuove condizioni di vita.

L’integrazione sociale dei giovani provenienti da un contesto migratorio costituisce un obiettivo prioritario della strategia dell’Unione Europea e lo diventa anche per il nostro Paese. Alla necessità di incoraggiare il dialogo interculturale e la comprensione reciproca tra nuovi arrivati e le comunità di accoglienza, si risponde con programmi europei, quali l’Erasmus+, e con tanti altri progetti che vengono realizzati attraverso i governi degli Stati, gli organi nazionali di rappresentanza giovanile e le associazioni presenti sul territorio, con il fine di favorire il dialogo e l’apprendimento interculturale.

Per migliorare tale situazione, occorre sicuramente che le istituzioni, in prima persona, ricostruiscano la fiducia della popolazione nei confronti delle politiche migratorie che si deciderà di attuare. Bisognerà trovare delle soluzioni per far sì che i benefici e l’importanza dell’integrazione vengano compresi dalla comunità intera. Sostegni specifici, una rinnovata definizione delle priorità e un uso mirato dei fondi potranno sicuramente favorire l’equità e l’inclusione dei giovani provenienti da contesti geografici, culturali e sociali diversi.

Un ruolo fondamentale all’interno di questo processo di integrazione lo svolge naturalmente la scuola. Secondo i più recenti dati Censis a gennaio 2016 i minori stranieri residenti nel nostro Paese erano 1.065.811: 748.000 nati in Italia e 317.000 nati all’estero. Gli alunni stranieri che frequentano le scuole secondarie di primo e secondo grado sono 351.138 e costituiscono un target privilegiato per qualsiasi policy di inclusione sociale.

Nonostante alcuni problemi di risultati scolastici, (sempre secondo i dati Censis, quasi 98mila studenti stranieri del ciclo secondario hanno ripetuto uno o più anni: il 7,5% tra chi frequenta le secondarie di primo grado, rispetto al 2,1% degli italiani, e il 12,8% negli istituti di secondo grado, rispetto al 7,1% degli italiani) cresce in questi giovani la fiducia nel futuro e aumentano coloro che vogliono proseguire negli studi, liceo o istituto tecnico, e anche chi si iscrive all’università. Basti pensare che negli ultimi dieci anni gli iscritti stranieri ai nostri atenei sono aumentati dell’83,7%, mentre gli universitari italiani diminuivano complessivamente dell’11,2%,

Questo è un ulteriore segnale forte inviato da questi ragazzi e ragazze desiderosi di impegnarsi e rendersi attivi all’interno della loro nuova comunità che li ha accolti, pur con tutte le difficoltà che possono aver affrontato e si trovano ad affrontare tuttora.

Il Forum Nazionale dei Giovani, particolarmente sensibile a questi temi, ha avviato nel luglio 2013, in collaborazione con il Laboratorio di Psicologia Sociale Applicata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il progetto di ricerca, pubblicato col titolo Mi impegno in tutte le lingue del mondo. Il target di ricerca sono stati i giovani immigrati (18-35 anni) di prima e seconda generazione che risiedono stabilmente sul territorio italiano, attivi nella loro comunità attraverso il lavoro di associazioni e organizzazioni di qualsiasi scopo sociale e/o politico.  Il focus su questo specifico gruppo è importante perché è nei giovani e nella loro forza e creatività che risiede la possibilità di cambiamento e d’investimento nel futuro dell’intera società.

La nostra ricerca è nata dall’esigenza di dare un senso al significato di ‘cittadinanza’, secondo l’ipotesi che una partecipazione civica e un esercizio di cittadinanza attiva aiutino l’immigrato a sentirsi parte della comunità ospitante, intervenendo all’interno di essa e sentendosene protagonista, instaurando così un doppio legame tra il Paese d’origine e il Paese in cui è cresciuto.

Come recita il sottotitolo dell’opera, l’attivismo dei giovani immigrati diventa senz’altro promotore di benessere e integrazione, in quanto la loro partecipazione attiva alla comunità ospitante, facilita il loro personale processo d’integrazione socioculturale, poiché li porta a sentirsi parte di quella comunità.

Il Terzo Settore, insieme alle Istituzioni, ha perciò un ruolo centrale nella sensibilizzazione e promozione di percorsi di cittadinanza attiva nei confronti dei giovani immigrati, nonché una grossa responsabilità. È quindi necessario che sappia rileggersi e adeguarsi per le sfide imposte da questa nuova frontiera di impegno capace di generare capitale sociale e democrazia.

Alla politica chiediamo, invece, di non soffermarsi ai soli aspetti burocratici per quanto un’azione legislativa in materia sia, ormai, urgente e necessaria. Favorire e facilitare percorsi di reale integrazione, anche attraverso la strada indicata da questo lavoro di ricerca, è fondamentale se l’obiettivo da raggiungere è quello di una cittadinanza compiuta e non solamente formale. Il rischio è quello di rimanere ancorati, di fronte agli inarrestabili scenari di globalizzazione culturale e sociale, ad analisi superficiali e spesso strumentali alla diatriba partitica o al circo mediatico, ma lontani da una reale possibilità di cambiamento a favore di una società libera, democratica, accogliente, integrata e responsabile.

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