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E se Audrey Hepburn fosse stata calva? La battaglia dei malati di alopecia

Un progetto fotografico per sensibilizzare il pubblico su una patologia molto pensate a livello psicologico

Pubblicato:21-09-2017 13:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:42

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BOLOGNA – E se Audrey Hepburn fosse stata calva? Ecco come sarebbe stata. E come lei anche David Bowie, The Starchild, Paul Stanley dei Kiss, Frida Kahlo, Chicana messicana e perfino Brandon Lee. Immaginare queste star iconiche senza capelli è l’idea di fondo che è venuta all’associazione Asaa Onlus, un’associazione che tutela i pazienti ammalati di Alopecia areata, totale e universale, per sensibilizzare il pubblico nei confronti di questa spietata malattia rara, che fa perde i capelli alle persone anche in giovane età. Ne è nato un progetto fotografico che si chiama “Mettiti nei miei Panni!”: a mettersi in posa sono state otto persone affette dall’alopecia, facendosi immortalare con abiti e pose che ricordano queste icone del mondo della musica, del cinema e dell’arte che con la propria immagine hanno caratterizzato e rivoluzionato i canoni estetici “ideali” ed ispirato la cultura di massa degli ultimi 80 anni.

Mettendosi nei panni di questi personaggi, i protagonisti e le protagoniste, invitano il pubblico ad avvicinarsi alla loro immagine, profondamente modificata dall’alopecia, attraverso un gioco empatico e coinvolgente che vuole rendere più sensibile lo sguardo collettivo, per abituarlo ad un nude look non determinato da una scelta estetica e nemmeno da un trattamento chemioterapico, ma come conseguenza di una malattia genetica ed autoimmune quale è l’alopecia areata.

Se è vero che l’alopecia non mette a rischio la vita, ha però un fortissimo impatto psicologico e sociale sulle persone colpite che vedono trasformarsi la propria immagine corporea nel giro di pochissimo tempo, a volte anche pochi giorni, senza alcuna possibilità di arrestare la patologia con farmaci o terapie. Nel progetto “Mettiti nei miei Panni!”, il trucco delle icone scelte per ciascun protagonista, è un pretesto giocoso per sopperire, ironizzando, alla mancanza dei capelli, delle ciglia e delle sopracciglia, ossia dei connotati fondamentali che normalmente caratterizzano e donano espressività e profondità al viso di ogni essere umano e che l’alopecia, nelle sue varie forme e aggressività, si porta via.


I ritratti dei volti senza capelli mirano a dare visibilità a questa malattia che non tutti conoscono: la battaglia dell’Asaa Onlus (che conta 600 pazienti iscritti) è quella di far riconoscere l’alopecia areata come malattia rara, e non solo come disagio estetico. Il mancato riconoscimento sociale e istituzionale della malattia, infatti, insieme alla forte influenza dei canoni estetici convenzionali che si impongono nella società odierna, rendono spesso doloroso il percorso personale di adattamento e di accettazione della propria immagine che l’alopecia richiede.

La mostra fotografica sarà inaugurata a Bologna nella mattinata del 7 ottobre, al quartiere Santo Stefano, al termine di un incontro pubblico sul tema della malattia. Gli scatti sono del fotografo Andrea Brintazzoli. La mostra (sala esposizioni G. Cavazza del complesso del Baraccano) è promossa da Asaa Onlus e dal Comune di Bologna con il patrocinio del quartiere Santo Stefano.

 

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