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Afron in Uganda, dove il tumore è ‘contagioso’/FOTO

Muoiono di cancro 8 donne su 10: colpa di povertà e ignoranza

Pubblicato:02-10-2016 11:26
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:07

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ROMA – E’ possibile ammalarsi di tumore grattando via con le dita la parte argentata delle ricariche dei cellulari? Secondo una donna ugandese si’. Questa, come tante altre ‘superstizioni’, avvolgono il problema delle malattie tumorali, rendendo rare le diagnosi precoci al punto che il tasso di mortalita’ sia elevatissimo: del 98%. D’altronde nel 2008 l’Organizzazione mondiale della sanita’ era stata chiara: se non si fosse intervenuti rapidamente nella prevenzione e cura dei tumori, in Africa si sarebbero registrati 13 milioni di nuovi casi nei successivi 10 anni e un milione di decessi all’anno. Fu per rispondere a questa emergenza che alcuni medici specialistici dell’Ospedale Regina Elena di Roma due anni dopo fondarono Afron – Oncologia per l’Africa, una associazione onlus, che oggi corre a villa Pamphili, a Roma, la Maratona di 5 chilometri ‘Pharma run for life’ – organizzata dall’Ordine dei Farmacisti della capitale – proprio per raccogliere fondi da destinare a progetti specifici in Uganda.

titti-andreani_afron “Abbiamo scelto l’Uganda perche’ e’ stato il primo Paese africano a dotarsi di un centro oncologico specializzato nella ricerca e nella cura, l’Uganda cancer Institute- spiega Titti Andriani, presidentessa di Afron, all’agenzia Dire-. Dopo essersi specializzato nelle cure – anche quelle palliative – per i malati di Aids, e’ passato a quelli oncologici. E’ uno dei pochi Paesi insomma che si sta muovendo per arginare il fenomeno, ed e’ dotato di strutture che ci consentono, una volta individuata la malattia, di curarla. Il nostro obiettivo infatti e’ duplice: certamente curare, ma soprattutto fare prevenzione– attraverso screening- e sensibilizzazione sull’esistenza della malattia”. Afron in Uganda si occupa in particolare del cancro della cervice uterina e della mammella, e dei tumori nei bambini. Per quanto riguarda i tumori femminili, “l’incidenza e’ simile a quella dei paesi occidentali, ma la mortalita’ e’ elevatissima”.


uganda_africa_afronCome dice Andriani, muoiono 8 donne su 10. Stessa sorte tocca ai bambini: solo il 2% si salva. Alla base di questa “epidemia” di morti oncologiche ci sono le diagnosi tardive. “Sembrera’ incredibile, ma sia per ignoranza che per errati luoghi comuni, spesso le persone non sanno neanche dell’esistenza dei tumori. Le donne ad esempio- prosegue Titti Andriani- non sanno del cancro al seno e non conoscono la tecnica dell’autopalpazione per individuare eventuali noduli, ne’ sanno riconoscere i sintomi del tumore dell’utero quando si presentano. Altre invece, convinte che i tumori siano contagiosi – come l’Aids o la malaria – non ne parlano e non cercano di curarsi, per paura di essere allontanate dalla comunita’”.

Approfondendo la questione emerge un’inquietante realta’: “le persone nella maggior parte dei casi vanno in ospedale quando ormai il cancro e’ arrivato a uno stadio tale che non c’e’ piu’ nulla da fare“. Per questo Afron si avvale della collaborazione di una associazione locale, la Uwocaso – Uganda women’s cancer support Organization – composta da una trentina di donne che sono guarite dal cancro al seno e che visitano citta’ e villaggi, mercati e ospedali, per fare informazione e spingere le donne a farsi visitare. “Le scuole sono i luoghi piu’ importanti– commenta Titti Andriani- in un paese in cui l’eta’ media e’ di 15 anni, e’ fondamentale formare questi ‘piccoli ambasciatori della lotta al cancro’ che portino a casa conoscenze sul tema”.

uganda_afron2C’e’ poi la seconda parte dell’attivita’ della onlus: lo staff italiano composto da oncologici, ginecologi, chirurghi, radiologi affianca i medici degli ospedali locali per fare loro formazione, e poi avviare campagne – della durata di qualche settimana – in cui offrire visite ginecologiche e senologiche gratuite. “L’attivita’ delle portavoce Uwocaso fa si’ che poi le donne vengano da noi e capiscano l’importanza della prevenzione”. A fronte di un fenomeno molto serio pero’, le istituzioni fanno poco: “lo stato non investe nell’attrezzare gli ospedali per le terapie oncologiche” aggiunge la presidentessa Afron, che racconta: “l’unico apparecchio per la radioterapia dell’ospedale governativo a Kampala ad esempio, si e’ rotto definitivamente ad aprile perche’ vecchio di decenni. Ad oggi ancora non e’ stato sostituito, sebbene le istituzioni lo promettano da tempo, col risultato che 2.000 persone sono in lista per il trattamento chemioterapico e radioterapico. Seguire una donna malata di tumore dalle fasi iniziali delle analisi, fino alle cure che la portano alla guarigione- osserva ancora la dottoressa- costa in Uganda circa 800 dollari. Ma se pensiamo che la paga media giornaliera del 35% della popolazione e’ di un dollaro, capiamo perche’ le persone non si curano. Semplicemente non possono permetterselo”. Come se non bastasse, lo stato non riconosce questa malattia, per cui i costi sono totalmente a carico dei pazienti. “Un simile sistema fa si’ che il tumore equivalga a una condanna a morte”. In cinque anni Afron ha visitato gratuitamente 13 mila donne, e ne ha coinvolto nei programmi di sensibilizzazione circa 260mila.

di Alessandra Fabbretti, giornalista

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