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Rimini, maxi frode da 440 milioni per falsi crediti: 78 indagati e 35 misure cautelari

La Guardia di Finanza di Rimini ha scoperto un sodalizio criminale operativo in tutta Italia che ha creato e commercializzato falsi crediti di imposta introdotti dal Governo per aiutare le imprese in difficoltà

Pubblicato:31-01-2022 11:36
Ultimo aggiornamento:31-01-2022 17:46
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gdf
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RIMINI – Una maxi frode da 440 milioni di euro tra falsi crediti per locazioni, sismabonus e bonus facciate è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Rimini. I finanzieri stamane, assieme a 44 reparti, lo Scico e il Nucleo speciale frodi tecnologiche, per un totale di oltre 200 militari, hanno dato il via all’operazione “Free credit” in Emilia-Romagna e in contemporanea in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto. Ben 78 persone sono indagate e sono state applicate 35 misure cautelari, di cui otto in carcere e quattro ai domiciliari nonché 23 interdittive di cui 20 all’esercizio di impresa nei confronti di altrettanti imprenditori e tre all’esercizio della professione nei confronti di altrettanti commercialisti poiché ritenuti componenti di un articolato sodalizio criminale.

Il gruppo aveva base operativa a Rimini ma era ramificato in tutta Italia ed è ritenuto responsabile di aver creato e commercializzato falsi crediti di imposta (per 440 milioni) introdotti dal Governo per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà. Stamattina sono partite quindi 80 perquisizioni col sequestro dei falsi crediti, di beni e assetti societari per il reato di “indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato“. Tra gli indagati nove avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza e tre avevano precedenti di polizia per associazione a delinquere di stampo mafioso. L’associazione a delinquere, secondo le ipotesi è composta da 56 persone che hanno usato 22 prestanome e ha un nucleo centrale di 12 persone, tra imprenditori e commercialisti. Gli stessi che oggi sono stati sottoposti a misure cautelari.


L’indagine è partita dall’esame della documentazione di una presunta “cessione di crediti d’imposta”, fatta da una società coinvolta in altro procedimento penale per reati fallimentari. I finanzieri hanno incrociato i dati con segnalazioni per operazioni sospette, e hanno scoperto che i crediti erano inesistenti per carenza di requisiti. Da lì è nato il nuovo filone investigativo che da giugno ha portato al monitoraggio dell’organizzazione criminale scoprendo come fosse “totalmente dedicata alla creazione e commercializzazione di falsi crediti di imposta, successivamente monetizzati cedendoli a ignari acquirenti estranei alla truffa, portati in compensazione con conseguente danno finale alle casse dello Stato”. Il sodalizio criminale dunque, spiegano le Fiamme gialle, creava crediti d’imposta fittizi, in particolare bonus locazioni, sismabonus e bonus facciate.

Tramite professionisti compiacenti, il gruppo criminale cercava società attive in grave difficoltà economica o ormai decotte, per creare indebiti crediti d’imposta. Sostituiva il rappresentante di diritto delle società con un prestanome, da cui ottenere le credenziali per poter inserire le comunicazioni di cessioni crediti nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate (per avere uno schermo in caso di futuri accertamenti). Poi inseriva le comunicazioni dichiarando di aver pagato canoni di locazione superiori agli effettivi (persino oltre il 260.000%) o effettuato lavori edili mai iniziati, così da generare crediti di imposta non spettanti. E ancora il sodalizio cedeva i crediti d’imposta a società compiacenti e dopo il secondo passaggio a società terze inconsapevoli, così da rendere più difficile la ricostruzione.

Il profitto dei reati è stato poi investito in attività sia commerciali che immobiliari; veicolato, attraverso una fatturazione di comodo, verso alcune società partenopee per essere monetizzate in contanti; trasferito su carte di credito ricaricabili business, con plafond anche di 50mila e prelevato in contanti tramite vari bancomat; impiegato per finanziarie società a Cipro, Malta, Madeira; convertito in cripto valute; investito in metalli preziosi, in particolare in lingotti d’oro. Durante i sequestri le Fiamme gialle, ipotizzando che che alcuni indagati potessero nascondere contanti e preziosi, hanno usato cash dog“, unità cinofile addestrate a fiutare l’odore dei soldi.

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