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Draghi sull’altare: ‘Re Mario’ racconta la sua Roma

L'ex presidente del Consiglio ha presentato il nuovo libro di Aldo Cazzullo 'Quando eravamo i padroni del mondo. Roma e l'impero romano' nella Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola

Pubblicato:29-11-2023 19:16
Ultimo aggiornamento:29-11-2023 19:22
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draghi cazzullo chiesa sant'ignazio loyola
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ROMA – “Ao, alla fine sull’altare ce l’hanno messo…”. Roberto D’Agostino, anima mondana della città eterna, sorride davanti all’incoronazione postuma di Mario Draghi. Post Chigi, ovviamente. Per un’ora abbondante super Mario diventa re Mario. Esposto all’ammirazione del pubblico sull’altare della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, nel centro storico di Roma, a duecento metri dalla sede del governo. Più sovrano che reliquia. Draghi e Aldo Cazzullo stanno sull’altare, seduti su due poltrone d’oro e damasco. Signori e signore, in maggioranza di una certa età, sono in chiesa per ascoltare l’ex presidente della Bce presentare il nuovo libro di Cazzullo, ‘Quando eravamo i padroni del mondo. Roma e l’impero romano’.

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Presentazione insolita e di sicuro effetto. Il colpo d’occhio è assicurato. Ventidue file di panche in quattro colonne. Cinque posti ciascuna, più le persone in piedi, fanno cinquecento spettatori in tutto. Ascoltano l’ex premier parlare dell’antica Roma in silenzio. Religioso. Il luogo impone. I fotografi scattano, le telecamere inquadrano. Tutto molto Jacques-Louis David, stavolta Napoleone lo fa Mario. Il dipinto di un governo di cui l’unica opposizione ha oggi preso il posto. Qui il quadro, a pochi passi Giorgia Meloni che comanda. Di politica in chiesa ce n’è pochissima. In prima fila Carlo Calenda e Lorenzo Guerini. Poi Roberto D’Agostino, Giampiero Mughini, Urbano Cairo. Il leghista Stefano Candiani resta defilato, Draghi s’indossa male tra i salviniani. I ministri del fu governo? Zero. Tanti giornalisti, qualche personaggio della tv. C’è Nancy Brilli che legge brani del libro, cita Totti e ‘Il Gladiatore’ con Russell Crowe. Molte pellicce, abiti scuri, borse eleganti. Ci vorrebbe John Lennon. Come cinquant’anni fa, il 4 novembre del 1963, durante un concerto dei Beatles davanti alla famiglia reale inglese: “Vorremmo che gli spettatori seduti là in alto, nei posti più economici, tengano il tempo battendo le mani. Tutti gli altri possono farlo semplicemente facendo tintinnare i loro gioielli”.

L’ex premier parla di Europa, Ucraina, Medio Oriente, expo. Nemmeno una parola sul governo di oggi. Giusto un po’ più pop quando parla di Roma e della sua Roma, quella giallorossa. “Sono tifoso della Roma ma non vado allo stadio da trenta-quarant’anni. Era una Roma meno forte, vinceva sempre una certa squadra di Torino…”.. Il rapporto con la capitale? “È un rapporto che cambia, quando eravamo ragazzi passavamo per strada molto più tempo. Finiti i compiti, stavamo per strada”, racconta. Alla fine della presentazione Draghi scappa via, Cazzullo firma qualche copia. “Per favore uscite- invita un prete- tra poco inizia la messa“. Ma è ancora il regno di Draghi. Il momento dei saluti e dei sorrisi tra chi era in platea e desidera farlo sapere, farsi fotografare. Dagospia sorride, qualcuno si fa il segno della croce, un uomo si inginocchia, gli spettatori si fiondano sull’altare a fotografare il trono, ormai vuoto. “Questo è il sancta sanctorum, andate viaaaaa!”, grida il sacrestano ai cacciatori di un selfie profano. “Per la nostra ultima canzone abbiamo bisogno del vostro aiuto”, chiedeva Lennon al popolo e alla regina. Twist and shout.


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