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Lettera al presidente della Corte di Giustizia Ue: “Non si ostacoli la verità sul caso Prek denunciato per violenza”

Lo scrive in una missiva Ana Pinto, presidente dell'associazione internazionale 'La voce delle sopravvissute'

Pubblicato:23-05-2024 20:43
Ultimo aggiornamento:23-05-2024 20:43
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europee monumenti illuminati
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ROMA – “Signor Presidente della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella nostra qualità di associazione lussemburghese delle sopravvissute e dei sopravvissuti alle violenze sessuali, sessiste, fisiche e psicologiche, noi teniamo a condividerle la nostra incomprensione in merito alla presenza di un ex giudice della Corte, il signor Miro Prek, alle celebrazioni ufficiali del 2 e 3 maggio 2024 in occasione del ventesimo anniversario dell’allargamento dell’Unione europea a dieci nuovi Stati membri, fra i quali la Slovenia. Noi riteniamo che la presenza del Signor Prek alla conferenza, ritrasmessa in livestream sul sito della Corte, in cui é stato filmato mentre conversava o sedeva vicino a diverse persone di alto rango connesse ad una causa che lo riguarda, non è neutra e costituisce una violenza istituzionale contro la signora S., che attende ancora che le sia resa giustizia”. Lo scrive in una missiva Ana Pinto, presidente dell’associazione internazionale ‘La voce delle sopravvissute’ che ora sta raccogliendo l’adesione di altre associazioni, italiane ed europee, che combattono il fenomeno della violenza contro le donne.

Il giudice Prek- come ha scritto la Dire in un primo articolo sulla vicenda ad ottobre 2022– è al centro di una vicenda giudiziaria a tutt’oggi aperta, sia in Lussemburgo che in Italia, di cui ha parlato anche la tv di Stato slovena, a seguito della denuncia di una funzionaria italiana sua dipendente diretta all’epoca dei fatti, che ha riferito di abusi e violenze subite, che sarebbero avvenute anche negli uffici della Corte stessa e che ha denunciato quanto subito.
“Il Signor Prek- scrive ancora l’associazione- ha cessato le sue funzioni di giudice a settembre 2019 a seguito di un’inchiesta interna. La signora S., di cui era il superiore gerarchico, aveva lanciato una procedura di allerta (whistleblowing) nel febbraio 2019 riguardante, fra l’altro, fatti di violenza fisica, psicologica e sessuale. Tali fatti erano stato resi pubblici dalla televisione slovena che aveva citato il nome del signor Prek. Il caso é stato in seguito ripreso da altri media in diversi paesi europei ed extraeuropei.
Il memorandum della Corte di Giustizia del 5 luglio 2019, che lei ha firmato e che é stato riportato dalla stampa, indica che il Signor Miro Prek si é impegnato a non ripresentarsi per un posto di giudice e che è stato dispensato dall’esercizio delle sue funzioni a partire da settembre 2019. Non ha dunque ricevuto alcuna sanzione da parte della vostra Istituzione, in quanto ha querelato la signora S. di fronte ai tribunali lussemburghesi per diffamazione, ‘una procedura penale di cui non è opportuno pregiudicare l’esito’, indica il memorandum. Lei é di certo al corrente del fatto che tale causa per diffamazione non é stata ancora giudicata e che, parallelamente, la Signora S. ha depositato davanti alla Giustizia lussemburghese una denuncia per violenze fisiche, psicologiche e sessuali e che, quattro anni dopo il suo deposito, è ancora in corso d’istruzione”.

“La signora S., cittadina italiana- continua la missiva- ha inoltre depositato il 15 febbraio 2024 un ricorso di fronte al Tribunale dell’Unione europea avverso il rifiuto di accesso al dossier contenente le informazioni raccolte nell’ambito della vostra inchiesta interna. Tali informazioni le permetterebbero di difendersi in maniera più efficace e in un termine ragionevole, come richiesto dalla Convenzione d’Istanbul. Allo stato attuale delle procedure in corso, se il Signor Prek è ancora presunto innocente rispetto alle allegazioni di violenza di fronte ai tribunali lussemburghesi, la Signora S. è ancora presunta vittima di tali violenze e innocente rispetto alle allegazioni di diffamazione.
I fatti che lei denuncia hanno avuto inizio nel 2014. Ancora oggi, ne paga un carissimo prezzo. La sua carriera di référendaire alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea- prosegue la lettera di denuncia- é stata annientata e le spese che continua a sostenere per difendersi in tutte le procedure amministrative e penali grava pesantemente sulle sue finanze. E’ stata anche perseguita dall’Ufficio di lotta antifrode dell’Unione europea per aver reso le dichiarazioni sui fatti subiti alla stampa slovena nel 2019. Tutto ciò aggiunge violenza economica ed istituzionale alle violenze fisiche, psicologiche e sessuali che ha subito. In quanto associazione di difesa delle vittime di violenze sessuali, riteniamo che la Corte di Giustizia dell’Unione europea deve mostrarsi esemplare nella tutela dei diritti fondamentali dell’Uomo in generale, ed in particolare nell’applicazione della Convenzione d’Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata ed entrata in vigore per l’Unione europea a ottobre 2023. Peraltro, la nuova direttiva europea sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, sottolinea la determinazione delle istituzioni europee a ‘fare ogni sforzo per prevenire la violenza contro le donne, compresa la violenza domestica, proteggere le vittime e punire i colpevoli'”.


“Il caso della signora S.- prosegue la lettera- ci sembra emblematico di una cultura dell’impunità riguardo alle violenze di cui sono vittime in particolare le donne. Diverse fonti in Europa stimano che il numero delle vittime che osano denunciare rappresentano solo il 10% del totale. Una cifra che non stupisce affatto se si pensa che solo il 10% delle denunce arriva ad una condanna. Il 99% delle aggressioni restano impunite. Porre fine a tale impunità implica il rispetto della dignità delle vittime e il sostegno alla liberazione della parola”.
Conclude la missiva: “Noi Le chiediamo, Signor Presidente di agire perché la manifestazione della verità non sia ostacolata e che la giustizia possa finalmente seguire il suo corso, visto che i termini ragionevoli di durata sono stati già ampiamente superati”.

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