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VIDEO | Coronavirus, i lavoratori dello spettacolo: “Per noi superato il punto di non ritorno”

Movimento 'Bauli in Piazza': "Dopo la manifestazione di Milano qualcosa si è mosso, ma se queste restrizioni dureranno ancora a lungo, sarà la morte del settore"

Pubblicato:15-10-2020 11:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:03

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ROMA – Quei 500 bauli neri, ben distanziati, con altrettanti addetti ai lavori che hanno alternato momenti di silenzio ad applausi, al rumore delle mani che battevano sui loro flight case, hanno colpito nel segno. La manifestazione della scorsa settimana, sabato a Milano, doveva tenere alta l’attenzione sullo stato attuale del mondo dello spettacolo, della musica dal vivo, e non solo: come conferma Maurizio Cappellini all’agenzia Dire, “qualcosa si sta muovendo”. Cappellini è membro del direttivo del movimento ‘Bauli in Piazza’, sorto spontaneamente in questo periodo così complicato per i lavoratori del settore. Con l’ultimo Dpcm le cose non sono cambiate per il mondo dello spettacolo dal vivo: restano 1.000 le presenze al massimo per gli spettacoli all’aperto, 200 per quelli al chiuso. “Non ci sono novità per il nostro ambiente, è come se nulla fosse successo- dice amareggiato- Non ci aspettavamo che il Dpcm potesse portare modifiche. La partita comincia ora, dopo il movimento di sabato. Qualcosa si muove, qualcuno ci vuole conoscere, capire, siamo disponibili, di tempo ne abbiamo parecchio per spiegare le nostre vedute. La manifestazione di Milano ha avuto un ottimo impatto, oltre le più rosee aspettative. Mi fa ben sperare”.

1300 LAVORATORI IN PIAZZA PER MANIFESTARE

Qualcosa si muove, spiega, a partire dalla controparte politica. Alla manifestazione hanno preso parte 1.300 lavoratori, tutte persone comuni: “Non abbiamo cercato artisti, i nostri ‘colleghi nobili’. Non volevamo che la piazza fosse occupata dalla loro immagine. Questa è l’unica ragione per cui non li abbiamo cercati. Il fatto che loro stessi si siano buttati con tutto quello che potevano, social, condivisioni, commenti, ha fatto si che ottenessimo risultati oltre le più rosee aspettative”. Ricordando come (quasi) tutto sia fermo da marzo (“Io non lavoro da fine febbraio, quando ho staccato l’ultima fattura”), parla poi di numeri che sono “talmente evidenti quanto impietosi. Parliamo di circa il 90% di eventi annullati su scala mondiale” e fa poi riferimento a quelli che rischiano il proprio posto, ovvero “i lavoratori dello spettacolo, intendo tecnici, attrezzisti, i ‘partita Iva’, i lavoratori dipendenti che comunque hanno gli ammortizzatori sociali, noi no. Si sta parlando del -95% di introiti, è come stare disoccupati dal 9 marzo. Nel mio caso dal 27 febbraio, giorno della mia ultima fattura”.


Indubbiamente l’estate scorsa è stata drammatica per gli spettacoli dal vivo, in gran parte cancellati, dai più piccoli ai più grandi. Qualcuno ha comunque suonato, cantato o portato il proprio spettacolo davanti al proprio pubblico, seppure in forma contenuta per rispettare le regole imposte: “C’è chi ha suonato questa estate, è un concetto molto bello ma fraintendibile. Chi ha girato, buon per lui, lo ha fatto per dare un messaggio, per pagare le paghe ai ragazzi, ai tecnici. Lo so che gli artisti non hanno guadagnato e neanche le agenzie. Meritano rispetto. Ma pure chi ha deciso di non farlo. Perché chi lo ha fatto, è stato più per una operazione psicologica che per fare business. Questo lavoro deve fare business, deve fare reddito, perché mantiene i 570mila lavoratori di cui sopra, non possiamo andare avanti per carità. Sappiamo come produrre reddito, l’abbiamo sempre fatto”.

Ma quanto potrà resistere il settore con il limite di 1.000 presenze all’aperto e 200 al chiuso? “Il punto di non ritorno è già sorpassato. Sta sopravvivendo il piccolissimo, perché 200 faceva e 200 continuare a fare. Chi ha i 2, 4 dipendenti, i service della festa di paese, sopravviveranno. Oppure i giganti, avendo spalle larghe, bruciandosi però le riserve. Ma tutta la fascia media, vero pilastro del nostro settore, è già oltre il punto di non ritorno“.

IL FUTURO DEL SETTORE

Cappellini segna poi i punti fondamentali del prossimo futuro per i lavoratori del settore: “Vorremmo riunire sotto un unico folder le varie richieste dei vari movimenti spontanei che sono nati in questi mesi. Quello dell’Iva, quello delle tante associazioni dato la mano nell’organizzare l’evento di sabato. Altro punto, siamo pronti con un tavolo di tecnici di parte, che possano lavorare, ingegneri, responsabili di sicurezza, rappresentanti di parti imprenditoriali, che dimostrino che le soluzioni che si possono adattare e rispetto delle regole siano economicamente sostenibili. Questo tavolo deve avere proposte vere, studiate, verificate e presentate. Qualcuno ci dovrà dire qualcosa, anche ‘sì, bello, tutto bello ma resta così’. Vorrà dire che si prenderanno la responsabilità di far morire questo lavoro. Ci aspettiamo anche questo”. Infine, “vogliamo una una ripartenza scadenzata e il controllo continuo della situazione. Facciamo che ogni 15 giorni vediamo come va”.

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