NEWS:

VIDEO | Kenya, a Kangundo dalla parte dei ragazzi contro Hiv e stigma

Nel Paese africano si lavora per la prevenzione, per la presa di coscienza e per le cure, anche a scuola

Pubblicato:13-09-2023 10:47
Ultimo aggiornamento:13-09-2023 13:41

ragazzi bambini africa moduli foto vig
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

KANGUNDO (Kenya) – Contro l’Hiv, dalla parte dei giovani. È un impegno portato avanti con prevenzione, monitoraggio puntuale della cura e lotta a ogni forma di stigma, in una delle contee del Kenya più difficili sul piano sanitario. “Tanti ragazzi quando vanno alle superiori smettono di prendere le medicine perché si vergognano di farlo di fronte ai compagni, che non sanno della loro condizione di sieropositivi” spiega Elizabeth Nthambi. Ha 21 anni ed è una “peer educator”, un’animatrice consapevole, in ascolto e in dialogo con i ragazzi della sua età o poco più piccoli. Lavora al Kangundo Hospital, una struttura pubblica che è riferimento per oltre 100mila persone in buona parte della contea di Machakos, a circa due ore di automobile dalla capitale Nairobi. “L’assunzione quotidiana dei farmaci antiretrovirali è fondamentale perché la carica del virus si abbassi”, continua Nthambi, “e diventi così possibile in prospettiva avere una buona qualità di vita, proprio come gli altri”. Anche Priscilla Mumbua ascolta i ragazzi. È sulla ventina come Nthambi e lavora al suo fianco, nella “comprehensive care clinic”, un servizio di assistenza a 360 gradi, con visite in ospedale o a domicilio e una serie di iniziative di supporto psicosociale. “Una delle difficoltà principali è che i farmaci antiretrovirali vanno assunti con regolarità e per tutta la vita” sottolinea Mumbua in un’intervista con l’agenzia Dire. “E’ fondamentale che, diventando autonomi, gli adolescenti prendano consapevolezza della loro condizione, si aprano e parlino liberamente”.

 Dalla parte dei giovani, “By Youth Side” in inglese, è il nome di un progetto per la lotta all’Hiv che ha come centro proprio l’ospedale di Kangundo. A coordinare le attività è una organizzazione non governativa italiana, No one Out, al lavoro sia con una ong locale, Deaf Empowerment Kenya, che con un’altra realtà, Medicus Mundi, parte della rete di associazioni Network italiano per la salute globale. Il principio, nelle fasi della prevenzione, della cura e della lotta allo stigma, è il supporto al sistema sanitario pubblico. Le risorse sono invece messe a disposizione dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) attraverso il Fondo globale, un meccanismo multilaterale che ha l’obiettivo di favorire la lotta contro l’Hiv e l’Aids, la sindrome da immunodeficienza acquisita che ne può derivare. “Sia all’interno dell’ospedale che in altri centri sanitari della contea ci sono spazi pensati per i giovani, che siano quanto più accoglienti possibile e favoriscano sia la richiesta di informazioni che la condivisione delle esperienze” spiega Giulia Giannelli, coordinatrice del progetto di No One Out. Fondamentale è poi che la terapia sia seguita al meglio, attraverso farmaci assunti con regolarità e con abitudini corrette anche sul piano alimentare. “In Kenya sta crescendo la consapevolezza che essere sieropositivi è una condizione con la quale si può convivere e non una malattia” sottolinea Grazia Orsolato, coordinatrice sanitaria di Medicus Mundi. “Se si è attenti alla nutrizione e allo stile di vita si può stare bene come gli altri”.

A informare e sensibilizzare sono anche attivisti sociali che diventano ponte con i villaggi. Li chiamano “community health promoter”, volontari di prossimità, e favoriscono il rapporto con il territorio. “Vivo in un villaggio a sette chilometri dall’ospedale” ci spiega uno di loro, William Nzau, che incontriamo tra i viali dell’ospedale di Kangundo. “Dal 2012 contribuisco a informare sui comportamenti utili a prevenire l’Hiv, sottolineando che in ospedale è possibile chiedere consigli o avere i farmaci necessari e poi anche che con il virus la stregoneria non c’entra nulla”. Il lavoro contro timori e pregiudizi è riconosciuto dal governo del Kenya, che si è impegnato ad assicurare ai “community health promoter” retribuzioni mensili. Nzau sorride spiegando che i pagamenti non sono regolari ma conferma anche che l’ultimo mese ha ottenuto un contributo pubblico di 2.500 scellini, l’equivalente di 16 euro. Oggi gli adolescenti e i ragazzi in cura seguiti al Kangundo Hospital sono più di 190. Al loro fianco, in un Paese dove secondo stime dell’Onu le persone che hanno contratto l’Hiv sono circa un milione e mezzo, c’è anche un’organizzazione locale nata nel 2003. Si chiama Kenya Network of Positive Teacher (Kenepote) ed è formata da insegnanti sieropositivi. “Insieme con loro andiamo nelle scuole” riferisce Giannelli, di No One Out: “Parliamo con i ragazzi perché si confrontino di più tra loro, imparando a superare stigma e discriminazioni”. 


Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it