NEWS:

I dettagli choc del pestaggio nel carcere di Reggio Emilia, sono 14 gli agenti indagati

Il detenuto tunisino era stato incappucciato con la federa di un cuscino, preso a calci e pugni, denudato e percosso nuovamente

Pubblicato:13-07-2023 17:57
Ultimo aggiornamento:13-07-2023 18:02

carcere
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

REGGIO EMILIA – Incappucciato con la federa di un cuscino, atterrato con uno sgambetto e immobilizzato a terra. Poi colpito con calci e pugni in viso e sul corpo e calpestato dai suoi aggressori. Quindi denudato, percosso ancora e lasciato per quasi un’ora in una cella di isolamento. Infine soccorso da un medico, ma solo quando ha rotto il lavandino della cella e, per richiamare l’attenzione, ne ha prima scagliato i cocci contro le pareti e poi li ha usati per procurarsi delle ferite così profonde che il suo sangue ha “allagato il corridoio”. Sono i dettagli choc del pestaggio avvenuto il 3 aprile scorso nel carcere di Reggio Emilia ai danni di un detenuto 40enne di origini tunisine, da parte di un gruppo di agenti della polizia penitenziaria.

A riferirli è oggi il procuratore capo di Reggio Emilia Calogero Gaetano Paci che sull’episodio -già denunciato dalla senatrice Ilaria Cucchi e formalizzato in un esposto dalla vittima il 7 aprile- ha deciso di vedere chiaro fino in fondo aprendo un’inchiesta. Le indagini, delegate al nucleo investigativo interno della polizia penitenziaria (Nic) con il supporto di quello regionale (Nir), hanno portato a iscrivere nel registro degli indagati 14 tra agenti e sottoufficiali in servizio nel penitenziario di via Settembrini, alcuni di lungo corso, altri appena assunti. Per 10 di loro sono scattate delle misure cautelari, ma per nessuno l’arresto, come avanzato al Gip dall’ufficio del pubblico ministero. In particolare otto persone, accusate in concorso del reato di tortura, sono state sospese dal servizio per un anno. Altre due, a cui si contestano i reati di lesione e falso in atto pubblico, sono state interdette dai loro uffici per 10 mesi.

Per cinque indagati, infine, il giudice del tribunale reggiano ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Architrave dell’impianto accusatorio, spiega Paci, sono i filmati delle telecamere di videosorveglianza interne del penitenziario, insieme alle testimonianze di altri agenti e detenuti che hanno assistito all’aggressione. Le immagini (ingrandite e messe a fuoco dalla Polizia scientifica di Bologna) ne hanno documentato momento per momento. Il detenuto, da poco trasferito a Reggio dal carcere bolognese, era appena uscito dall’ufficio del direttore dove aveva ricevuto una sanzione disciplinare consistente in un periodo di isolamento. E nel tragitto fino alle celle dove avrebbe dovuto scontarlo ha subito le percosse che gli hanno procurato danni fisici (guaribili in 20 giorni) e psichici.


L’uomo è stato ora trasferito in un’altra struttura carceraria. Nell’ordinanza del Gip si parla di “brutalità”, “ferocia” e “assoluta sproporzionatezza” della reazione degli agenti rispetto al comportamento del detenuto, molto diverso da quello rappresentato da alcuni indagati nelle relazioni di servizio poi redatte. In questi documenti si sostiene che il tunisino si sarebbe opposto all’isolamento e che avrebbe avuto con sé delle lamette di cui non è stata trovata traccia. Un agente indagato ha anche sporto una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale, che le indagini e le immagini delle telecamere hanno smontato. Il procuratore capo di Reggio, evidenziando che “le richieste della Procura hanno trovato pieno accoglimento”, sottolinea però che “i fatti e le condotte riguardano singole e specifiche persone e non certo la polizia penitenziaria di Reggio Emilia o quel Corpo in generale, che svolge invece con professionalità e lealtà una delicatissima funzione istituzionale”.

CUCCHI: PESTAGGIO REGGIO EMILIA? REATO TORTURA SERVIVA

L’inchiesta aperta dalla Procura di Reggio Emilia sul pestaggio in carcere di un detenuto tunisino -con 14 agenti penitenziari indagati e 10 misure coercitive emesse- è “l’ennesima dimostrazione dell’importanza di aver approvato una legge che punisse la tortura nel 2017“. Lo afferma la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi che lo scorso aprile, proprio dopo una visita nel carcere reggiano, aveva tra l’altro denunciato l’aggressione del recluso. “In carcere si continua ad usare la tortura contro i detenuti. Una pratica che a parole tutti dicono di condannare ma che poi, in realtà, viene usata sempre più spesso, in particolare dal personale delle forze dell’ordine”, afferma Cucchi.

Le “carceri- prosegue- dovrebbero essere luoghi rieducativi, non certo un luogo dove usare tortura. Ma purtroppo non è così. Oggi le nostre carceri sono vere e proprie bombe ad orologeria pronte ad esplodere. E quello di Reggio Emilia, purtroppo, non è un caso isolato”. La senatrice evidenzia infatti che “dall’ultimo rapporto di Antigone emerge una realtà inquietante: 13 i procedimenti e i processi per presunte violenze e torture avvenute negli istituti di pena di Ivrea, Modena, Viterbo, Monza, Torino, San Gimignano, Santa Maria Capua a Vetere, Palermo, Nuoro, Bari e Salerno”. Insomma “un ‘giro d’Italia’ di violenze e torture inaccettabile e non degno di un Paese civile”, conclude Cucchi.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it