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Martin Schulz, il candidato della riscossa socialdemocratica in Germania

“Voglio diventare cancelliere. Osservo Angela da così a lungo che ho potuto studiarla e conoscerla. So come batterla”. L’esordio di Martin Schulz, il 29 gennaio scorso, non poteva che rispecchiare il suo stile...

Pubblicato:08-03-2017 16:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:59

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Eugenio Pendolini per www.ytali.com

“Voglio diventare cancelliere. Osservo Angela da così a lungo che ho potuto studiarla e conoscerla. So come batterla”. L’esordio di Martin Schulz, il 29 gennaio scorso, non poteva che rispecchiare il suo stile, lo stile che l’ha reso da tempo uno dei protagonisti della scena politica tedesca. Piglio franco, diretto, spesso di sfida, che lo fa risultare autentico, non il solito politico prigioniero di frasi fatte. Nuovo a esperienze politiche nazionali, la sua candidatura è stata considerata, sulle prime, una mossa audace. Ma proprio la spavalderia ostentata dall’ex presidente del parlamento europeo potrebbe rivelarsi uno dei suoi punti di forza, fino alla conquista del Bundeskanzleram, la cancelleria federale tedesca, nelle elezioni politiche del 24 settembre. La SPD, con Schulz, “mostra qualcosa che da tempo si era smarrito: l’ottimismo”, scrive la Sueddeutsche Zeitung.

Non solo spontaneità e ottimismo, che pure contano, specie se messi in contrasto con i modi algidi dell’avversaria. Schulz ha anche le doti del politico consumato. Già nei primi comizi da candidato, ha sfoggiato una spiccata capacità oratoria degna del tribuno socialdemocratico d’antan: uso sapiente di parole chiare, toni determinati, ma anche umorismo e affabilità. Ed evidente empatia verso le attese di una classe lavoratrice in difficoltà. Tutti elementi che contribuiscono a fare di Martin Schulz una novità nel panorama politico tedesco, che, al tempo stesso, ha il sapore di un ritorno ai tempi d’oro della socialdemocrazia.


La marcia in più che ha Schulz rispetto al suo predecessore Sigmar Gabriel, l’attuale vice cancelliere e ministro degli esteri nella Große Koalition che vede al governo la CDU di Merkel insieme all’SPD, è nell’essere percepito come l’“ultimo principe della socialdemocrazia”, non essendo stato contaminato dalle politiche di compromesso dettate dall’alleanza con gli avversari cristiano-democratici. A definirlo così, con evidente sarcasmo, è Bild Zeitung, il tabloid che detesta tutto ciò che sa un minimo di sinistra. Ma per Schulz è il più grande complimento che possa aspettarsi.

Nel giro di poco più di un mese, Mister Europa, come lo chiamano in Germania, è dunque diventato sinonimo di distanza dalla politica berlinese corrente, una distanza rimarcata da tratti personali e da posizioni che sono in sintonia con i vecchi temi cari alla sinistra tedesca, dalla lotta alle crescenti disparità sociale al miglioramento dell’istruzione pubblica. Schulz sintetizza in una parola il suo principale avversario, che è l’avversario della classe operaia: il “turbocapitalismo”. Un posizionamento che gli sta fruttando molto. In misura sorprendente. La “sua” SPD – secondo un’indagine commissionata e pubblicata dalla Bild, che pure di norma è velenosa con la sinistra – è nei sondaggi intorno al 32 per cento, con la CDU al 33. Già questo sarebbe un buon risultato, se si votasse domani. Ma è nelle preferenze personali che il candidato della SPD fa il grande balzo in avanti: secondo il Politbarometer della televisione pubblica Zdf il 49 per cento dei tedeschi preferisce lo preferisce rispetto alla cancelliera in carica, che si ferma al 38 per cento.

Una vera e propria “Schulz mania”, l’ha definita Sebo Janssen, politologo e storico dell’università di Colonia. Una popolarità che ha contagiato anche i social media. Impazzano in rete “meme” (tormentoni) con la faccia dell’aspirante cancelliere su poster ispirati alla campagna presidenziale di Obama nel 2008, e la scritta MEGA: Make Europe Great Again, sulla falsa riga ironica dello slogan trumpista. Schulz asseconda volentieri l’onda, la cavalca. Ai creatori della pagina web r/The_Schulz dice “grazie per il vostro entusiasmo creativo, stimolante e gradevole” e definisce la pagina un “significativo aiuto alla [sua] campagna elettorale”.

Per quanto inaspettata la popolarità del candidato SPD ha ragioni – a ben vedere – non effimere né prevalentemente emozionali.

Perché Schulz risulta autentico? Credibile? Perché la sua non è una posa da dare in pasto alla politica-spettacolo. È la sua stessa biografia a offrire la risposta alla domanda. Una vita, la sua, che si discosta dal percorso tipico del politico di professione. Dietro a quel volto espressivo e mobile, a cui fanno da contrappunto uno sguardo severo e una barba curata ma non troppo, si cela un vissuto costellato di difficoltà, spettri, rivincite e successi.

Ultimo di cinque figli, Martin Schulz nasce nel 1955 a Hehlrath, in Renania. Il suo sogno, fin da bambino, è diventare un giorno calciatore. E lo diventerà, seppure per breve tempo. La scuola finisce in secondo piano: dopo essere stato bocciato per due volte al liceo, si ritira senza conseguire il diploma di maturità e non s’iscrive all’università. E il sogno del calcio evapora in fretta. A 19 anni. Un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio lo costringe a rinunciare alla carriera di calciatore. È l’inizio di un tunnel profondo e oscuro. Il tunnel dell’alcolismo. Nel 1980, a 25 anni, si ritrova senza impiego, solo, indebitato. E troppo spesso ubriaco. In un’intervista, nel 2013, al Financial Times racconta che in quel periodo della sua vita aveva preso seriamente in considerazione l’ipotesi del suicidio. Una straziante telefonata con il fratello maggiore, Erwin, gli salva la vita: “Da quel momento ho deciso, e l’ho deciso da me, di non bere più. Ero abbastanza giovane per avere la forza di uscirne, fortunatamente”.

Quattro mesi in una clinica per disintossicarsi dall’alcol, e poi l’inizio di una nuova vita. Nel 1982 fa il praticantato per diventare libraio e apre una libreria in proprio a Würselen, la cittadina di quarantamila abitanti poco distante da Bruxelles in cui è cresciuto e vive ancora oggi. È qui, nel retrobottega della sua libreria, che inizia la sua carriera politica. Una passione che gli viene dai genitori, il padre, poliziotto proveniente da una famiglia di minatori, vicino all’SPD; la madre attivista della CDU. Schulz nel 1984 si candida nelle file del Partito socialdemocratico, a cui è iscritto dal 1974, per il consiglio comunale di Würselen. È eletto, nel 1987 ne diviene sindaco, il più giovane della storia del land Renania-Vestfalia e resterà nel consiglio municipale fino al 1998.

La prima importante svolta politica arriva nel 1994, anno in cui viene eletto al parlamento europeo, nel gruppo PSE. La scelta, racconta la sua biografa Margaretha Kopeinig, è accolta con difficoltà dalla moglie. Per Martin cogliere l’occasione che gli si presenta è anche un punto d’orgoglio, personale e politico. “In questo paese devi avere una chance di rappresentare la società ai massimi livelli anche se non sei laureato: perché bisogna avere il titolo di dottore per rappresentare una democrazia che rappresentativa non lo è più se ci sono solo laureati?” Un manifesto politico.

La carriera politica a Bruxelles ne mette in mostra le qualità politiche, Schulz diventa uno dei personaggi chiave della capitale dell’Europa. Celebre lo scontro, nel 2003, con Berlusconi, presente alla seduta in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea. L’europarlamentare tedesco, divenuto vicepresidente del gruppo socialista, solleva il tema del conflitto d’interessi e delle vicende giudiziarie del Cavaliere. La risposta di Berlusconi fu l’invito a farsi scritturare per il ruolo di kapo in un film sui campi di concentramento nazisti.

Eletto nel 2012 presidente del parlamento europeo con 387 voti su 670, Schulz è il primo a ricoprire per due volte lo stesso mandato. Nel 2014 è infatti riconfermato con un’ampia maggioranza. Qualche nuvola, tuttavia, si addensa sopra la sua esperienza politica europea. Secondo un’inchiesta condotta da Der Spiegel e dal Sunday Times, avrebbe utilizzato i fondi del parlamento europeo per la sua campagna elettorale del 2014 e per favorire alcuni suoi collaboratori di partito. Sotto la lente di ingrandimento, poi, è finito l’esoso utilizzo di aerei privati per manifestazioni di partito, cerimonie e dibattiti politici. Non solo, quindi, per impegni ufficiali come presidente del parlamento europeo. Il tutto con i fondi della UE. La presidente del Comitato di controllo sul bilancio del parlamento europeo, Ingeborg Grässle, ha annunciato che verrà aperta un’inchiesta volta a far luce sulla questione.

Schulz a Lisbona rende omaggio con una delegazione del PSE al leader socialista Mário Soares, scomparso il 7 gennaio 2017. Alla sua sinistra si riconosce Piero Fassino

Sia Schulz sia l’SPD, finora, hanno preferito non commentare le indiscrezioni. Ma in Germania, su vicende del genere, più di un politico ha visto sfumare inarrestabili ascese. Il caso più celebre, quello di Rudolph Scharping, leader di spicco della SPD, costretto a dimettersi da ministro della difesa nel 2002 e non più ricandidato al Bundestag, colpevole di un uso troppo disinvolto dell’aereo di stato.

La seconda svolta politica nella carriera di Schulz arriva agli sgoccioli del suo secondo mandato: il 24 novembre 2016 annuncia di volersi dedicare alla politica nazionale. Un agone politico per lui sconosciuto, fino a quel momento. In un primo tempo il suo destino sembrava dover essere quello di ministro degli esteri, in sostituzione dei Frank-Walter Steinmeier, eletto presidente della Repubblica federale tedesca il 12 febbraio scorso. Ma ecco la sorpresa della candidatura alla cancelleria, naturalmente attribuita al numero uno del partito (e numero due del governo di coalizione), Sigmar Gabriel. Politico di razza, ma privo di carisma. E secondo implacabili sondaggi votato a sicura sconfitta nella corsa contro Angela, anche per esserne stato, molto responsabilmente, un leale alleato di governo. L’investitura avviene, significativamente, nella sede della SPD, sotto la grande statua del personaggio più significativo della storia socialdemocratica tedesca, Willy Brandt.

 

Martin Schulz e Sigmar Gabriel

La partenza in quarta dell’ex presidente del parlamento europeo non nasconde però un eccesso di vaghezza del suo programma, il che diventa il bersaglio privilegiato dei suoi avversari e critici. “Non si conosce altro che le sue posizioni riguardo alla politica europea”, dichiara Peter Tauber, segretario generale della CDU. Dopo gli iniziali tentennamenti, i punti essenziali della sua agenda si fanno più chiari. Essi ruotano intorno all’obiettivo principale che è quello di promuovere la “rinascita” della socialdemocrazia in Germania. Si tratta evidentemente di spostare il partito su posizioni più a sinistra. “Voglio trovare soluzioni pratiche per le preoccupazioni attuali e le necessità dei lavoratori. È importante che queste persone, che si prendono cura dei loro figli e spesso dei loro genitori, arrivando a fatica alla fine del mese, costituiscano il punto centrale delle nostre politiche”, dice, annunciando la sua candidatura.

Con il sindaco di Londra. Sadiq Khan, lo scorso 22 settembre

In particolare, Martin Schulz vuole rivedere l’Agenda 2010. È la riforma del welfare e del mercato del lavoro che caratterizzò gli anni della cancelleria di Gerhard Schröder (1998-2005). Erano i tempi del die neue mitte, il nuovo centro, la versione tedesca della Terza via di Tony Blair. Agenda 2010 era il manifesto politico e programmatico del cambio di passo della SPD. Una svolta che sarebbe costata alla sinistra lo zoccolo duro dei suoi elettori, avvantaggiando Merkel, che sull’Agenda del suo predecessore avrebbe costruito il grosso della sua fortuna. Già, perché grazie alla contestata svolta del neue mitte, questa politica l’economia tedesca avrebbe compiuto un grande balzo e con essa il mercato del lavoro tedesco – i dati parlano di una riduzione d del tasso di disoccupazione al 11,7 per cento nel 2005 fino al 6,3 quest’anno. C’è da dire che la disoccupazione si è trasformata in gran parte in occupazione sottopagata, a tempo determinato e con scarse tutele, mentre la forbice della disuguaglianza si allarga. Il numero di tedeschi al di sotto della soglia di povertà è cresciuto dal 2008 al 2014, passando da 223.000 a 335.000 unità.

Con il presidente Hollande all’Eliseo il 16 gennaio scorso

La ricetta di Schulz tocca alcuni aspetti salienti dell’Agenda 2010. Come i tempi di godimento dell’assegno di disoccupazione, accorciato da Schröder per incoraggiare l’impegno nella ricerca di un nuovo lavoro e per tagliare drasticamente la spesa pubblica. Schulz intende allungarli. La lotta al precariato: in un comizio a Bielefeld Schulz ha precisato che “i contratti a tempo che non abbiano una giustificazione fondata saranno aboliti”. Buona parte dei surplus di bilancio ottenuti in questi anni, poi, il candidato democratico intende investirli per aiutare le famiglie che si trovano a fronteggiare situazioni economiche disagiate.

L’irruzione di Schulz sulla scena propone diversi paesaggi possibili, dovesse vincere lui le elezioni di settembre. Gli scenari possibili vedono, finora, due possibili esiti: da una parte, un’alleanza dell’SPD con i partiti della sinistra più radicale (Die Link e Die Grünen), che però difficilmente riusciranno a raggiungere la maggioranza necessaria alla formazione di un governo. Dall’altra l’ipotesi più probabile: quella di un’altra Große Koalition, l’ennesimo governo di larghe intese targato CDU e SPD. Con la differenza che questa volta a guidarlo potrebbe essere un membro del partito socialdemocratico. La maratona elettorale è appena iniziata e Martin Schulz non dimentica il suo sogno giovanile di calciatore: “Ricordate, noi siamo esperti in scatti finali”

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