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Libia, Serraj istituisce il ‘centro congiunto’ per il rispetto della tregua

Il risultato raggiunto durante il meeting promosso dall'Onu

Pubblicato:05-09-2018 11:32
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:31

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ROMA – La costituzione di un “centro operativo congiunto” che garantisca la sicurezza e respinga nuove offensive militari a Tripoli e nell’area della capitale è stata disposta dal primo ministro Fayez Al-Serraj dopo l’accordo di tregua raggiunto dalle milizie grazie alla mediazione dell’Onu.

In una risoluzione, siglata come 122/18, si incarica della creazione dell’organismo ufficiali dell’esercito. L’obiettivo fissato nel documento è “proporre piani per respingere offensive a Tripoli e nell’area circostante e garantire la sicurezza dei civili e dei beni”.

L’accordo mediato dall’Onu prevede la cessazione dei combattimenti, la tutela della popolazione e la riapertura dell’aeroporto di Mitiga, in un’area della città dove ancora ieri erano stati segnalati scontri.


A Tripoli le milizie dicono sì a tregua. Riapre l’aeroporto

La Missione delle Nazioni Unite in Libia (Unismil) ha annunciato un accordo di cessate il fuoco tra le milizie di Tripoli. Il risultato e’ stato raggiunto nel corso di un incontro a Tripoli con i delegati delle milizie, promosso dall’Inviato speciale del segretario generale Onu Ghassan Salame’.

“Sotto l’egida del Rappresentante speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salame’- si legge in una nota diffusa dai media internazionali – e’ stato raggiunto e firmato ieri un accordo di cessate il fuoco per porre fine a tutte le ostilita’, proteggere i civili, salvaguardare la proprieta’ pubbliche e privata”. Prevista anche la riapertura dell’aeroporto di Mitiga che serve Tripoli.

“Oggi non possiamo sistemare tutti i problemi legati alla sicurezza di Tripoli. Si cerca di trovare un accordo generale sul modo in cui affrontare queste questioni” ha detto Salame’, stando al profilo Twitter dell’Unsmil, nel corso dell’incontro. Lunedi’ scorso sono iniziati gli scontri tra gruppi armati rivali nei sobborghi della capitale, che hanno causato decine di morti, e messo in serio pericolo la vita della popolazione, nonche’ degli 8mila migranti chiusi nei centri di detenzione. Appelli da piu’ parti sono giunti affinche’ siano deposte le armi, e per trovare una concreta soluzione all’instabilita’ del Paese, ancora preda delle milizie a sette anni dalla fine del regime del colonnello Gheddafi.

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