Roma, 31 ott. - Sono 180mila i professionisti sanitari che, secondo i dati OCSE, tra il 2000 e il 2022 hanno scelto di lasciare l'Italia per lavorare all'estero. Un impatto pesante, se a questi si somma la fuga degli specialisti e dei medici in formazione dai servizi di emergenza-urgenza. Questa situazione incide negativamente anche sull'assistenza pediatrica. L'allarme è stato lanciato dalla Presidente della Società Italiana di Pediatria Annamaria Staiano nel 78° Italiano di Pediatria che si è svolto a Torino. "La carenza di specialisti, in primo luogo nell'area emergenza-urgenza, ma anche nell'ambito dell'alta complessità assistenziale, è la spina nel fianco della Pediatria italiana, che sta minando le basi di un sistema assistenziale considerato sinora tra i migliori al mondo", afferma Staiano.
Brucia ancora il ricordo dello scorso inverno, con i Pronto Soccorso pediatrici sotto pressione (in alcuni casi addirittura in tilt) a causa dell'epidemia di bronchioliti a cui si è sommata la circolazione di influenza e altri virus. Un'emergenza che ha scoperchiato le falle di un sistema che da troppo tempo chiede una profonda revisione e che potrebbe riproporsi anche durante questa stagione. "Ma se guardiamo ai numeri assoluti dei pediatri del territorio e li compariamo al resto d'Europa non siamo affatto messi male. Il vero problema è il travaso dei pediatri dall'ospedale verso il territorio in aggiunta, in linea con quanto accade in altre specialità, alla fuga verso l'estero, attratti da migliori condizioni. Assistiamo quotidianamente a questa emorragia che riguarda anche professionalità di elevatissimo profilo, che lasciano l'ospedale a causa di turni massacranti, continue aggressioni oltre che scarsa gratificazione economica, se consideriamo che gli stipendi del personale sanitario in Italia sono di gran lunga inferiori a quelli dei colleghi europei", puntualizza Staiano.
LA GRANDE FUGA. Due dati, anche se non riferiti in maniera specifica alla Pediatria ma in generale all'area medica, restituiscono le dimensioni del fenomeno. Il primo. All'ultimo concorso di Specializzazione nazionale per l'area emergenza-urgenza su 855 contratti stanziati ne sono stati assegnati appena 266 pari al 31%, con ben 4 realtà ospedaliere (tra cui La Sapienza-Umberto I e Milano San Raffaele) senza alcuna assegnazione. "Un'ulteriore flessione rispetto allo scorso anno, che certifica ufficialmente l'estinzione della figura dello specialista in medicina d'emergenza con l'avanzata della figura del medico gettonista, che corrisponde irrimediabilmente a una diminuzione della qualità erogata in un ambito delicato come quello dei Pronto Soccorso, oltre che a costi esorbitanti per i contribuenti", commenta la Presidente SIP. Il secondo dato è la fuga di molto del nostro personale medico all'estero. Secondo l'OCSE tra il 2000 e il 2022 ben 180.000 professionisti hanno scelto di lavorare in altri Paesi. Negli ultimi tre anni disponibili - 2019, 2020 e 2021 - sono andati all'estero 15.109 infermieri e 21.397 medici. Una "fuga" di quasi 40mila laureati dalle università italiane che, oltre ad aggravare pesantemente le carenze di personale, ha costi elevati e nessun ritorno. Negli ultimi anni circa 3,5-3,6 miliardi sono stati "investiti" nella formazione di medici e infermieri che sono ormai patrimonio di altre nazioni.
LE PROPOSTE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA. Ma, tornando alle criticità specifiche della Pediatria, in questa situazione occorre favorire l'integrazione e la continuità dei percorsi di cura tra ospedale e territorio per garantire continuità assistenziale, rispondere meglio all'emergenza-urgenza pediatrica e alle patologie croniche, evitando la congestione inappropriata dei Pronto Soccorso e migliorando la risposta territoriale alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie. Tuttavia, questa possibile risposta da sola non basta. Serve una riforma complessiva che metta al centro il bambino e l'adolescente. Sono 6 le proposte che la Società Italiana di Pediatria ha presentato al tavolo tecnico ministeriale per aggiornare il DM 70 (regolamento assistenza ospedaliera) e DM 71 (regolamento assistenza territoriale): estensione dell'età pediatrica sino a 18 anni e riconoscimento della Specificità dell'area Pediatrica; razionalizzazione delle piccole strutture ospedaliere di Pediatria e dei punti nascita; rimodulazione delle terapie intensive pediatriche; organizzazione della rete delle malattie rare; regolamentazione dei ricoveri chirurgici in età pediatrica limitando i ricoveri di pazienti pediatrici in reparti per adulti; rendere omogenea l'area pediatrica.
RENDERE OMOGENEA L'AREA PEDIATRICA. "Il punto essenziale - spiega la Presidente SIP - è affermare con forza l'importanza di riconoscere una volta e per tutte l'area omogenea pediatrica". In particolare, il DM 70 identifica 6 aree omogenee: area medica; area chirurgica; area salute della donna e materno infantile (sotto cui è ricompresa la pediatria); area della salute mentale; area post-acuzie; area dei servizi. "Chiediamo un'area che includa a tutti i livelli i soggetti che vanno da 0 a 18 anni, dalla neonatologia fino all'età adolescenziale; che includa il territorio, l'ospedale e le subspecialità; che riesca ad interfacciarsi costantemente con la chirurgia pediatrica e la neuropsichiatria infantile. Riconoscere l'area omogenea pediatrica è essenziale per garantire la specificità delle cure pediatriche, ossia il diritto dei bambini e dei pediatri a essere curati dai loro medici e in strutture a loro dedicate".
Altro punto essenziale è il riconoscimento delle sub-specialità pediatriche. Se da un lato, infatti, vi sono le criticità del sistema di emergenza e urgenza, non va dimenticato che la Pediatria è anche patologia complessa e subspecialità. In Italia i malati rari sono circa 2 milioni e nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica; il 18% di bambini e adolescenti ha almeno una malattia cronica. "Le malattie croniche dei bambini presentano caratteristiche specifiche che rendono necessaria un'assistenza dedicata da parte di personale sanitario adeguatamente formato: abbiamo necessità di pediatri subspecialisti: pediatri endocrinologi, allergologi, pneumologi. Il nostro Paese è tra i pochi a non veder riconosciute le subspecialità pediatriche".
Non da ultimo valorizzare il ruolo della formazione e della ricerca, perché non vi può essere una buona assistenza senza una buona formazione. A cominciare dagli Specializzandi in Pediatria. "L'utilizzo in prima linea di giovani assistenti in formazione per sopperire alle carenze del sistema sanitario nazionale comporta alcuni rischi, innanzitutto medico-legali, ma anche di una riduzione della formazione specialistica, di assenza di tempo utile per perfezionare le subspecialità, in controtendenza con la medicina moderna", prosegue la Presidente SIP. La Società Italiana di Pediatria ha fatto e farà la sua parte, introducendo un corposo piano di investimenti volto a migliorare la formazione dei giovani pediatri italiani e degli Specializzandi.
"Voglio ricordare- conclude Staiano- che la SIP ha messo a disposizione 290 borse di studio nell'ambito del Progetto Formativo SIP 2023 per offrire ai pediatri una formazione di alto valore scientifico e 6 borse di studio, per un totale di 45 mila euro, per consentire a giovani pediatri un periodo formativo in strutture di eccellenza all'estero e in Italia. Inoltre, a supporto della ricerca scientifica sono stati stanziati 160 mila euro (di cui 60mila euro nel 2022 e 100mila euro nel 2023) per finanziare studi multicentrici trasversali".
(Red)