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La Corte internazionale di Giustizia: “Israele fermi immediatamente l’offensiva contro Rafah”

La Corte di giustizia ha inoltre sostenuto che "non ci sono prove" delle rassicurazioni fornite dal governo di Israele circa la sicurezza dei civili e accesso garantito ai convogli umanitari

Pubblicato:24-05-2024 16:27
Ultimo aggiornamento:25-05-2024 12:59

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ROMA – Israele deve fermare immediatamente la sua offensiva contro Rafah: così ordina la Corte internazionale di giustizia (Icj), con sede all’Aja, accogliendo la richiesta presentata dalle autorità del Sudafrica. Come riferiscono fonti di stampa internazionale concordanti, i 15 giudici del tribunale delle Nazioni Unite hanno votato all’unanimità, ricordando che dall’inizio dell’aggressione alla città nel sud della Striscia di Gaza ben 800mila persone hanno dovuto lasciare case o campi per sfollati.
Rafah infatti, a ridosso del confine con l’Egitto, accoglieva ormai oltre l’80% della popolazione della Striscia da quando il 7 ottobre Israele ha lanciato l’operazione contro l’enclave palestinese, in risposta all’offensiva di combattenti di Hamas che hanno causato la morte di circa 1200 persone.

La Corte di giustizia ha inoltre sostenuto che “non ci sono prove” delle rassicurazioni fornite dal governo di Israele circa la sicurezza dei civili e accesso garantito ai convogli umanitari. I giudici hanno così esortato Tel Aviv non solo a porre fine all’attacco, ritirando le proprie truppe, ma anche di riaprire tutti i valichi di frontiera per permettere l’ingresso di merci e aiuti umanitari “senza restrizioni”.

Infine, il tribunale esige che Israele “adotti misure efficaci per garantire l’accesso senza ostacoli alla Striscia di Gaza a qualsiasi commissione, missione o organismo d’inchiesta incaricato dalle Nazioni Unite, al fine di indagare sulle accuse di genocidio” che il Sudafrica ho mosso contro Israele. Questo, riportano ancora le stesse fonti, deve avvenire affinché osservatori e inquirenti possano raccogliere informazioni e prove di eventuali crimini di guerra commessi, prima che possano andare perdute.
L’Icj infine da alle autorità di Tel Aviv un mese di tempo per produrre documenti che dimostrino l’implementazione di tali misure cautelari, così come quelle precedentemente imposte dalla Corte e che, come hanno chiarito i giudici, “Israele non ha osservato”.
Si tratta del terzo pacchetto di misure che la Corte internazionale di giustizia applica sullo stato di Israele da gennaio, dopo la denuncia di “genocidio” presentata dal Sudafrica.
Dal 7 ottobre ad oggi le autorità di Gaza calcolano che oltre 35mila palestinesi siano morti e quasi 80mila siano rimasti feriti nel conflitto.
La scorsa settimana Karim Khan, il procuratore capo della Corte penale internazionale, anche questa con sede all’Aia, ha manifestato l’intenzione di spiccare il mandato d’arresto internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità a carico del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant, e di tre alti vertici di Hamas, tra cui il leader Yahya Sinwar.


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