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Pericardite, quanto sono frequenti le recidive?

Giulio Stefanini (Humanitas): "C'è possibilità che i sintomi si ripresentino per mesi o anni, tra le cause il forte stress"

Pubblicato:23-05-2024 13:47
Ultimo aggiornamento:23-05-2024 14:02

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ROMA – “Purtroppo quella di essere recidivante è proprio una caratteristica della pericardite. Proprio per questo non va mai sottovalutata e va trattata in modo intenso, non solo in termini di terapia antinfiammatoria ma anche in modo prolungato nel tempo”. Così il professor Giulio Stefanini, cardiologo interventista all’Istituto Clinico Humanitas e docente presso la Humanitas University, intervistato dalla Dire in merito alla possibilità di recidive nella pericardite, l’infiammazione della membrana che protegge e riveste il cuore chiamata pericardio.

IL CASO DEL MINISTRO CROSETTO

Proprio due giorni fa, intanto, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, è stato ricoverato all’ospedale San Carlo Nancy di Roma per un nuovo episodio di pericardite che si è ripresentato in forma più dolorosa rispetto al precedente risalente allo scorso febbraio. “Se il paziente colpito da pericardite si sente meglio e ha indici di infiammazione rientrati nella norma- prosegue il professor Stefanini- magari tende ad essere meno compliante con la prosecuzione della terapia, mentre la durata della terapia nel tempo rimane importante. Va detto che ancora ad oggi, nonostante la disponibilità di tanti strumenti farmacologici, non abbiamo ancora una terapia propriamente sviluppata per aggredire la pericardite, piuttosto usiamo farmaci antinfiammatori potenti ma ad ampio spettro. Non voglio dire che abbiamo le ‘armi spuntate’, ma sicuramente c’è ancora tanto da fare in termini di trattamento che prevenga la recidiva”.


Ma quanto sono frequenti le recidive di pericardite?


“Nel 15-25% dei pazienti con pericardite idiopatica i sintomi recidivano in modo intermittente per mesi o anni. Quindi in 1 paziente su 5, non poco- risponde l’esperto- Il rischio, inoltre, non è solo la recidiva ma la cronicizzazione: se non curata adeguatamente, la pericardite può cronicizzarsi, andando a formare un contesto di infiammazione cronica che va a danneggiare in modo permanente il sacco aggredito dall’infiammazione che avvolge il cuore e che si chiama ‘pericardio'”. L’avversario da eliminare, dunque, è proprio il rischio di cronicizzazione della pericardite.

A livello di prevenzione, invece, cosa si può fare?

“Purtroppo no, non esistono strategie di prevenzione primaria e qualsiasi affermazione è un’opinione”, risponde il professor Stefanini. Interpellato su eventuali cause scatenanti di una recidiva della pericardite, il professor Stefanini fa sapere: “Qualsiasi condizione di forte stress, specialmente in un paziente che ha già avuto una pericardite, può ridurre la risposta immunitaria e di conseguenza potrebbe favorire la ricomparsa di processi acuti di una nuova pericardite”.

Esistono una serie di farmaci antinfiammatori che in prospettiva “potrebbero essere interessanti”, ma come va trattata la pericardite?

“Come un’infiammazione, quindi di conseguenza con una terapia antinfiammatoria abbastanza intensa- risponde il professor Stefanini- Esistono almeno cinque categorie di farmaci: l’aspirina; i farmaci antinfiammatori non steroidei (i cosiddetti ‘Fans’), come l’ibuprofene ad alte dosi; i farmaci cortisonici; la colchicina; i farmaci basati su anticorpi monoclonali biologici”. Sulla scelta dell’una o dell’altra terapia dipende dalle “caratteristiche del paziente, ce ne sono alcuni che non possono prendere determinati farmaci oppure che hanno reazioni avverse, non c’è una terapia che va bene per tutti. Ci sono dei protocolli molto standardizzati, ma bisogna poi sempre mettere in conto come il singolo paziente risponde alla terapia”.

Sul trattamento della pericardite, infine, c’è “molto interesse da parte della comunità cardiovascolare, al punto che la Società europea di Cardiologia ha sviluppato delle linee guida proprio su questo”, conclude il professor Stefanini.

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