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L’ex presidente della Federazione boxe dell’Iran: “È un genocidio, sono fuggito via”

Hossein Soori a Marca: "Solo negli ultimi 10 giorni sono stati bruciati vivi 29 miei concittadini di minoranza Beluci"

Pubblicato:20-04-2023 14:21
Ultimo aggiornamento:20-04-2023 14:21

Hossein-Soori
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ROMA – “Ho molta paura”. Hossein Soori è in una stanza d’albergo di Alicante. Lo scorso novembre ha approfittato del Campionato mondiale di boxe giovanile a La Nucía, per lasciare il paese di cui era presidente della Federazione di boxe: l’Iran. Ha lasciato la moglie e le tre figlie in un luogo segreto in patria, e dall’esterno ha preso a denunciare le atrocità del regime sciita. Così fa in un’intervista a Marca, in persiano. Dopo l’incontro, scrive il quotidiano spagnolo, ha preso un aereo verso una destinazione sconosciuta.

“Sono nato in Belucistan (una regione al confine con il Pakistan, a maggioranza sunnita, ndr), che è al primo posto in Iran come povertà, arretratezza, discriminazione e ingiustizia. Ho ottenuto grandi successi sul ring, sono stato campione della regione e poi sono diventato allenatore. Sono stato eletto capo della Federazione Pugilistica Iraniana”. Dice che ha deciso di andar via “dopo l’uccisione di persone, soprattutto la gente del Balochistan nel ‘Bloody Friday’ di Zahedan, miei concittadini, che conoscevo, adolescenti, giovani, bambini, anziani. Fucilati. Non si può collaborare con questo regime. È stato allora che ho pensato che il modo migliore fosse andare all’estero e gridare al mondo la verità del popolo iraniano, in particolare il popolo baluci. Solo negli ultimi 10 giorni, 29 miei concittadini sono stati bruciati vivi e uccisi da camion di carburante, e questo è successo solo negli ultimi 10 giorni. In un anno solo in Belucistan sono stati uccisi 624 miei concittadini. Si sta commettendo un genocidio contro di loro”.

Mahsa Amini – continua – è un chiaro esempio della rivoluzione iraniana: donna, vita, libertà. Mahsa Amini aveva viaggiato da un’altra città per vedere Teheran, la capitale dell’Iran. L’hanno torturata e uccisa nel centro di detenzione e poi hanno negato. E hanno ucciso più di 600 persone per dimostrare che non hanno ucciso Mahsa Amini. Poi ne hanno feriti altri 100. Circa 50.000 persone sono state arrestate e mandate in prigione, e ancora non conosciamo il destino di alcuni di quei prigionieri”. “La Repubblica islamica si tira indietro quando è in pericolo. Questo governo fa marcia indietro ogni volta che subisce pressioni. Quello che è successo è stato un genocidio ordinato direttamente da alti funzionari iraniani e questo non ha nulla a che fare con il capo della polizia di Zahedan. Sono stati vittime della criminalità organizzata, perché vi regna un governo di ideologia sciita e perché gli abitanti di Zahedan sono sunniti e beluci, e sono diversi dal punto di vista etnico e religioso”, conclude.


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