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ROMA – “Il trauma lo ricorda chi ha vissuto la tragedia e in Italia possiamo parlare sia dei bambini del terremoto che di quelli che hanno assistito al crollo del ponte Morandi di Genova”. Oggi, nella ricorrenza di un’altra grande tragedia collettiva, come quella statunitense dell’11 settembre 2001, Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, indica come aiutare i bambini ad affrontare un evento traumatico inaspettato.
“Di sicuro il luogo più idoneo per affrontare il trauma è la scuola, perché lì viene condiviso da tutti e i docenti rappresentano un riferimento importante per gli studenti. Dopo un evento traumatico si predilige una funzione più pedagogica, perché quella didattica necessita di un assestamento dell’andamento generale e di conseguenza si appronta successivamente”.
Castelbianco è stato coordinatore per l’emergenza di un team di psicologi presenti per conto del Miur in molte aree del Paese colpite da calamità naturali o incidenti.
Siccome sia i terremoti che la caduta del Ponte di Genova rappresentano dei traumi collettivi, possono “essere affrontati, analizzati, discussi e disegnati da tutta la classe. Bisogna renderli vivi– sottolinea l’esperto- in collaborazione con gli specialisti. Non deve restare sottotraccia, perché condividere la tragedia consente di non subirla e di prepararsi ad affrontarla”.
“Dobbiamo dividere coloro che subiscono un lutto da quelli che vivono una situazione drammatica ma senza lutti”. La recente scossa nelle Marche ha mantenuto vivo il problema dei terremoti e confermato l’importanza che i progetti di supporto continuino. “Si promuovono tante attività nelle scuole e si cerca di mantenere viva la didattica, la pedagogia e l’interesse ad essere attivi. Più i ragazzi sono attivi e più riescono ad affrontare la realtà che li circonda. La Protezione civile ad esempio- conclude Castelbianco- sta svolgendo progetti e portando risorse importanti nelle scuole”.
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