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Chi è Elon Musk, padre di Space X e dei razzi riciclati

Il 31 marzo il primo lancio da Cape Canaveral del razzo Falcon 9 rientrato correttamente sulla Terra e recuperato per il futuro riutilizzo

Pubblicato:03-04-2017 09:08
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:04

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ROMA – Alla fine, è successo. Il razzo Falcon 9 di Space X ha dimostrato che è possibile riutilizzare la tecnologia spaziale.

La conferma è arrivata il 31 marzo, quando dalla rampa di lancio più prestigiosa concessa dalla Nasa a una compagnia privata, la storica Cape Canaveral, si è alzato in volo il razzo Falcon 9. Poi, in sequenza, il rientro, il recupero e il possibile rilancio.

Quattro fasi su cui poggia il futuro dello Spazio, perché permettono di abbattere drasticamente i costi.


Il ciclo virtuoso di riutilizzo sognato e poi realizzato da Musk permette di eliminare la parola ‘rifiuti‘ dal processo di lancio e messa in orbita di satelliti.


Nel caso dell’esperimento riuscito di venerdì, che arriva dopo numerosi e costosi fallimenti, il Falcon 9 è atterrato dopo nove minuti su una piattaforma robotica pronto ad accoglierlo in mezzo all’Oceano. In questo caso è stata completamente recuperata anche la carenatura di protezione del satellite, permettendo così di recuperare anche i sei milioni di euro del suo costo.

Credits OnInnovation @The Henry Ford 2010

Ma da dove viene l’idea di Musk? L’imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense si muove in più settori, tutti con qualche attinenza all’ambientalismo e, soprattutto, con una fortissima spinta all’innovazione, cosa che fa accostare spesso il suo nome alla parola ‘visionario’.

Dopo aver fondato PayPal, venduta poi ad eBay, Musk si è dedicato a un’altra sua creatura, la Tesla Motors, una casa automobilistica che produce veicoli elettrici; è stata poi la volta di Solar City, la principale azienda a stelle e strisce per la produzione e l’installazione di pannelli fotovoltaici. E poi, naturalmente, c’è lo Spazio. SpaceX è nata nel 2002 con il deliberato e ambizioso obiettivo di portare l’uomo a vivere su altri pianeti, in particolare su Marte.

Un obiettivo benedetto anche dall’ex presidente Barack Obama, che nel 2008 aprì a Musk le porte della Nasa, e apparentemente confermato anche da Donald Trump, che ha portato a 19,5 miliardi il bilancio della agenzia spaziale statunitense, segnale che la strada per il pianeta rosso è ancora quella da percorrere.

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Musk ha un contratto con la Nasa da un miliardo e mezzo di dollari per rifornire la Stazione Spaziale Internazionale, verso cui la capsula Dragon volò per la prima volta nel 2012. Un’intesa pubblico-privato che può portare a uno sviluppo più rapido di tecnologie per lo Spazio. Una sinergia e non una lotta, insomma.

Nel rapporto tra agenzia nazionale e compagnia privata “un beneficio sicuramente c’è”, spiega Enrico Flamini, chief scientist dell’Agenzia Spaziale Italiana durante l’appuntamento ‘Space Talk’ di AsiTv, cui ha partecipato anche l’Agenzia DIRE.

“Molte delle cose che Musk realizza sono progetti finanziati anche da Nasa, è l’interazione tra i due , la capacità che ha un privato di saltare alcune procedure e andare direttamente al punto, che fa avanzare più rapidamente il sistema. La capacità che ha Musk di rischiare è più alta di quella che ha la Nasa”.

Le parole di Musk dopo il recupero del Falcon 9 sono piene di entusiasmo. “Sono incredibilmente orgoglioso– ha twittato- per aver raggiunto questa pietra miliare per lo Spazio”. E parte subito per una nuova sfida: “Prossimo obiettivo è il ri-lancio entro 24 ore”.

di Antonella Salini, giornalista professionista

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