Vanadia (Npi): Importante diagnosi multidisciplinare, rispettare disturbo
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 20 ott. - "Il 15% dei bambini tra zero e due anni che afferiscono al servizio di diagnosi e valutazione dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) manifesta comportamenti compatibili con un rischio specifico di autismo". A dirlo e' Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile IdO, illustrando uno studio pubblicato sull' 'International Journal of Psychoanalysis and Education' per spiegare l'approccio terapeutico del modello DERBBI (Developmental, Emotional Regulation and Body-Based Intervention), sviluppato e applicato da anni dall'Istituto. La ricerca verra' presentata nel corso delle giornate precongressuali dell'IdO, in programma il 24 e 25 e in diretta streaming sul sito Ortofonologia.it (http://www.ortofonologia.it/dallinfanzia-alladolescenza-giornate- precongressuali-ido/). Un appuntamento organizzato in vista del congresso per i 50 anni del'Istituto in programma il prossimo aprile.
"E' importante garantire una valutazione multidisciplinare- sottolinea Vanadia- che consenta di orientare la diagnosi verso un ambito piuttosto che un altro, e poiche' dalla diagnosi dipende il tipo di intervento, abbiamo la responsabilita' e il dovere di essere quanto piu' precisi e cauti possibili". Da qui i presupposti di base del modello DERBBI, che si possono riassumere "in un profondo rispetto per la complessita' del disturbo autistico". La neuropsichiatra poi aggiunge: "Se in generale sappiamo che lo sviluppo del bambino e' complesso, nello specifico sappiamo anche quanto complesso e variabile sia il disturbo dello spettro autistico, tanto nella sua eziopatogenesi (le cause della malattia e il loro meccanismo di azione, ndr) quanto nella sua manifestazione clinica e sintomatologica".
Come secondo presupposto del modello DERBBI, "servono solide conoscenze teoriche- precisa Elena Vanadia- Siamo assolutamente convinti che l'integrazione tra le conoscenze neurobiologiche e le conoscenze psicologiche sia indispensabile per poter comprendere, progettare e rimodulare un intervento terapeutico". Inoltre, "serve un'ampia formazione, prima di tutto degli operatori e soprattutto personale- evidenzia Vanadia- Perche' se noi per primi non siamo in grado di affrontare le frustrazioni che inevitabilmente ci troveremo a vivere in un percorso difficile come quello di chi si occupa dei bambini e dei soggetti in generale con disturbo dello spettro autistico, difficilmente riusciremo a stare nella dimensione terapeutica, nell'ascolto e nella cura".
Per Vanadia "non e' semplice allinearsi e dimostrare, secondo la medicina basata sulle evidenze, la ripetibilita' di un modello che in realta' si trasforma, che cambia, che viene realmente personalizzato e individualizzato, perche' spesso le procedure rischiano di irrigidire il pensiero che dovrebbe starne alla base". Pertanto l'IdO sta portando avanti numerose ricerche con l'intento di "dimostrare l'efficacia e la ripetibilita' del modello DERBBI- evidenzia la neuropsichiatra- e abbiamo buoni risultati e realta' in cui questi vengono confermati. Rimaniamo convinti che la piu' grande affermazione di onesta' umana e intellettuale sia ammettere che di fronte a un funzionamento o un disturbo tanto eterogeneo non possa esserci un unico tipo di intervento, ne' per eta' ne' per tipologia, e dunque stiamo continuando il lavoro sui predittori, ovvero sull'individuazione di indicatori precoci che orientino la scelta secondo principi di efficacia ed elettivita'".
D'altra parte la neuropsichiatra sottolinea che "e' ancora lunga la strada per 'dimostrare' secondo la EBM (Evidenced based medicine), non perche' non ci siano risultati- precisa l'esperta- ma perche' il rischio e' che le procedure irrigidiscano il pensiero che dovrebbe guidarle e che non sempre sono applicabili nella pratica clinica".
In una recente pubblicazione sul British Medical Journal (BMJ) si parla addirittura dell'evidence based medicine (EBM) come di un "movimento in crisi, in quanto si sta verificando il sacrificio dei principi teorici, del pensiero clinico e della personalizzazione delle cure, a favore di dati sperimentali che trascurano l'intersoggettivita' umana e l'ascolto empatico, principi sui quali si basa il ruolo di chi svolge professioni d'aiuto". La neuropsichiatra spiega pero' chiaramente che "resta indiscutibile il valore della medicina basata sull'evidenza, poiche' e' necessario avere solidi dati a sostegno di protocolli e linee guida- ma anche, sottolinea- che non puo' esserci innovazione, ne' conservazione di preziosi contributi pregressi, se non c'e' apertura al 'nuovo', integrazione e trasformazione, se non si va oltre l'interesse del singolo e se ci si ancora al mero dato numerico. L'EBM, fondamentale nel campo della ricerca, va adattata e messa a servizio della clinica e della vita reale del soggetto nella sua globalita'". Nell'ambito delle scienze che si occupano dell'umano "va infine considerata un'ulteriore variabilita' individuale- precisa la neuropsichiatra- che non sempre puo' essere tradotta o ridotta a campioni ipoteticamente o quantitativamente omogenei, cosi' come nell'ambito di alcuni disturbi del neurosviluppo puo' non essere facile, oltre che eticamente corretto, avere un campione di controllo 'non trattato'. Alcuni trials andrebbero forse rivisti rispetto alle diverse aree di indagine (interventi farmacologici, interventi riabilitativi e/o psicologici, indici misurabili e indici non misurabili, ecc) e si dovrebbe poter avere maggior dialogo tra professionisti e tra professionisti e istituzioni" conclude Vanadia.
Le due giornate saranno anche occasione per presentare l'offerta formativa della Scuola di specializzazione della Fondazione MITE-IdO in Psicoterapia psicodinamica dell'eta' evolutiva, di cui sono aperte le iscrizioni per il nuovo anno accademico 2021 (http://www.fondazionemite.org/scuola-psicoterapia/).
(Wel/ Dire)