Trincas: Servono piano nazionale organico e piu' risorse, spese meglio
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 13 ott. - La disomogeneita', nell'organizzazione dei servizi, nella distribuzione delle risorse finanziarie, nella disponibilita' di personale, e' il problema piu' grande che affligge il sistema italiano dei servizi per la salute mentale.
"Una criticita' che noi da lungo tempo evidenziamo sia al Governo centrale che alle Regioni" afferma Gisella Trincas, presidente dell'Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale (Unasam), intervistata dalla Dire in vista della Giornata mondiale della salute mentale, celebrata lo scorso 10 ottobre.
Questa grave disomogeneita' sul territorio nazionale ha come prima conseguenza la negazione del "diritto delle persone che vivono una sofferenza e che accedono ai servizi territoriali di salute mentale di portare avanti un percorso terapeutico riabilitativo realmente individualizzato, concordato e condiviso. Ci sono molti problemi in gran parte del territorio nazionale per arrivare al pieno rispetto dei principi fondamentali, non solo della legge di riforma 180 ma anche della legge 833".
I tagli subiti dal settore sanitario negli anni e la differenza nella distribuzione delle risorse disponibili tra le Regioni sta comportando una progressiva "pesante istituzionalizzazione delle persone che vivono la condizione della sofferenza mentale- spiega Gisella Trincas- La risposta, di norma, in tanti territori e' l'invio in comunita' e l'utilizzo massiccio degli psicofarmaci. Due questioni importanti, due strumenti che si possono attivare ma quando servono e col consenso delle persone. Molte volte, invece, l'inserimento in comunita' e la terapia farmacologica vengono imposti. Quindi, ci troviamo di fronte a un problema che sta alla base, che e' l'elemento fondante del concetto di salute mentale e di comunita': non esiste cura senza la condivisione con la persona direttamente interessata. Non esiste cura senza che si faccia tutto cio' che serve per aiutare concretamente una persona a uscire da quella condizione di sofferenza e disturbo mentale".
Quali conseguenze hanno avuto l'arrivo della pandemia e delle restrizioni imposte? "Laddove gia' i servizi funzionavano in modo ottimale e non si sono interrotti- spiega la presidente di Unasam- gli operatori hanno continuato a occuparsi della sofferenza delle persone, ovviamente con tutte le precauzioni necessarie a prevenire il contagio. Ma laddove i servizi erano, invece, gia' fragili e fortemente carenti (anche di personale), si e' fatta la scelta di interrompere il servizio. È stato un disastro per le persone assistite, che sono state abbandonate anche insieme alle loro famiglie".
Cosa e' necessario e come bisogna intervenire per sanare questa disomogeneita' e tutte le conseguenze che comporta? "Occorre un Piano nazionale organico- sottolinea Trincas- che parta dal Governo centrale e venga concordato con la Conferenza delle Regioni, per richiamarle all'impegno e alla responsabilita', che ridisegni non il modello dei servizi ma i percorsi. Ricordiamo- prosegue- che gia' prima del Covid, in alcune Regioni ci sono stati tagli gravissimi, con accorpamenti di dipartimenti di salute mentale o di servizi territoriali. Per cui se il progetto obiettivo indica che un servizio territoriale, aperto 12 ore al giorno tutti i giorni, deve rivolgere la propria attenzione a un bacino di utenza ben definito, cioe' non oltre gli 80mila abitanti- fa presente Trincas- oggi ci ritroviamo con servizi territoriali che devono offrire assistenza a 200/300mila abitanti. Si puo' facilmente immaginare cosa questo comporti.
Abbiamo- chiarisce la presidente di Unasam- gli operatori della salute mentale in grande difficolta' e in grande sofferenza, alcuni fanno proprio i salti mortali per garantire un intervento immediato e qualificato a chi ha bisogno. Dall'altro lato- tiene a sottolineare- ci sono le persone: in Italia sono oltre 850mila i soggetti che utilizzano i servizi di salute mentale. Se poi moltiplichiamo questa cifra per il numero di persone che ruotano intorno a chi vive la sofferenza mentale, parliamo di milioni di persone che nel nostro Paese vivono condizioni di grande difficolta'. E non abbiamo un dato esatto di quante siano le persone in condizioni di sofferenza mentale che non si rivolgono a un servizio pubblico di salute mentale".
Quante risorse servono per offrire alle persone che vivono la sofferenza mentale la giusta assistenza e il sostegno di cui hanno bisogno? "Negli anni avevamo indicato come finanziamento necessario l'8% della spesa sanitaria. Eravamo riusciti a strappare il 5% e anche la Conferenza delle Regioni aveva dato questa indicazioni alle singole Regioni. Guardando i dati del Ministero- constata Gisella Trincas- ci accorgiamo pero' che questa quota non viene raggiunta da nessuna parte. Siamo al 2,5/3% e c'e' anche chi spende meno del 2%. Quindi anche la quota che e' stata individuata come necessaria per la salute mentale non viene utilizzata dalle Regioni". L'aspetto delle risorse, ricorda inoltre la presidente di Unasam, non si risolve solo nella quantita', ma anche in "come si spendono i denari, per cui se questo 2,5/3% lo spendiamo in farmacoterapia e nel pagamento delle rette alle comunita' e alle cliniche stiamo andando in una direzione totalmente sbagliata, che non e' quella indicata dalla Legge di riforma. Quindi, da una parte e' necessario definire quanto serve per offrire alla collettivita' servizi di salute mentali comunitari, che conoscano il territorio, che siano in grado di intervenire tempestivamente sui bisogni delle persone; dall'altra c'e' l'aspetto della qualita', di come vengono spese le risorse".
Una stima concreta della situazione dei servizi di salute mentale nei territori, delle criticita' e delle risorse necessarie era stata fatta, in passato, dal Tavolo per la salute mentale istituito presso il ministero della Salute. "L'ultimo Tavolo di confronto istituzionale- ricorda Trincas- lo abbiamo avuto nel 2006, fino piu' o meno al 2008, con la ministra Livia Turco. I lavori di quel Tavolo avevano portato all'elaborazione del Piano d'azione nazionale sulla salute mentale. L'unico che c'e' ancora oggi. Abbiamo continuato, con gli altri Governi, a sollecitare l'istituzione dei Tavoli, ma nessuno se n'e' occupato. Lo ha fatto la ministra Giulia Grllo- continua Trincas- l'anno scorso in gennaio, istituendo il Tavolo al quale sediamo noi, le societa' scientifiche, le associazioni dei familiari e degli utenti e i funzionari dei vari ministeri. Il Tavolo aveva diversi obiettivi fondamentali, tra cui effettuare una ricognizione sullo stato dei servizi di salute mentale in Italia e individuare delle proposte. Ha lavorato per un anno intero e ha formulato delle proposte, anche se non proprio operative. Ma da gennaio 2020- denuncia la presidente di Unasam- il Tavolo non e' piu' stato convocato e quindi non siamo stati coinvolti neanche sulla gestione dell'emergenza Covid. Avremmo potuto dire delle cose su come gestire la salute mentale in tempo di Covid- constata- ma nessuno ce l'ha chiesto. Quindi non abbiamo potuto fare nulla se non inviare al Ministero le nostre osservazioni e le nostre proposte" conclude.
(Wel/ Dire)