Per contrastarla ripartire da comunita' e creare contesti condivisione
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 6 ott. - La pandemia di Covid-19, tra le molte conseguenze che ha provocato, ha agito da "amplificatore di assetti paranoici, spesso al di la' di ogni legittima e comprensibile preoccupazione per la salute. Il pensiero paranoico- spiegano gli psicologi dell'Ordine regionale del Lazio- insorge con il movente di dare una logica a cio' che logico non e', un controllo a cio' che e' fuori controllo; insorge con la drammatica speranza di dare un senso a cio' che sfugge alla comprensione". Un meccanismo particolarmente calzante di fronte a una pandemia.
Ma gia' prima del Covid, sottolineano gli psicologi, "possiamo pensare che alcuni cambiamenti radicali della societa' contemporanea abbiano pesato fortemente nell'aumento del sentimento di sospettosita' e incertezza: i cambiamenti del mondo del lavoro, sempre piu' frammentato, deregolato e precario; la crisi economica e i conflitti militari, con i relativi esodi di popolazioni; il terrorismo; gli scenari connessi ai cambiamenti climatici; le minacce legate allo sviluppo delle tecnologie, soprattutto informatiche; l'amplificazione dell'allarmismo attraverso i mass-media, che rispondono ad un utilizzo spesso propagandistico delle minacce incombenti; l'erosione della legittimita' dei sistemi istituzionali investiti del ruolo di protezione formale nei confronti dei pericoli. Tutti questi sono scenari che suscitano la sensazione che le cose che ci circondano incombono come minacce su cui siamo radicalmente impotenti".
- Se in medicina la paranoia "descrive un quadro psichiatrico specifico, pervaso da percezione di inimicizia, di solitudine profonda, di incomprensione con l'ambiente esterno, alcuni ingredienti di base in cui macera la paranoia che si coagula poi definitivamente in un sentimento di sospettosita', di sfiducia e timore nei confronti dell'altro", gli esperti sottolineano come la parola sia entrata nell'uso comune per indicare stati d'animo in cui a dominare e' "un pensiero fisso che si impossessa della scena e che si inizia a mal interpretare, con una lucidita' che ha una sua coerenza interna stringente". Nella paranoia intesa in senso clinico, ma il concetto vale anche per i sentimenti paranoici che pervadono la societa', "infatti, non esistono allucinazioni, ma un atteggiamento delirante intorno al sospetto che gli altri ce l'abbiano con noi o che vogliano farci male o tradirci. E questi altri possono avere un volto specifico (ad esempio i vicini di casa) o possono essere indefiniti. Ci si sente vittime di un raggiro, di una persecuzione o di un complotto".
Un'altra caratteristica di un assetto paranoico e' "la difficolta' a distinguere la realta' oggettiva dalle proprie sensazioni e percezioni ed un conseguente stato di ipervigilanza e allarme". A questo proposito gli psicologi del Lazio ricordano una ricerca dalla quale e' emerso come gli italiani siano il popolo con la maggiore discrepanza fra percezione e realta' riguardo al tema della minaccia rappresentata dagli immigrati.
Dal punto di vista relazionale, si potrebbe dire che la paranoia "e' un drammatico fallimento della fiducia nell'altro".
Cosa fare allora per contrastare la paranoia che pervade la societa'? "Se all'origine di una cultura paranoica vi e' la rottura dell'alleanza tra se' e l'altro, per contrastare la paranoia- constatano gli esperti- e' necessario quindi ripartire dalla comunita'. Dalle relazioni reali, quelle che creano continuita' nel tempo, quelle che ci accompagnano e che diventano specchi per la nostra evoluzione. E' necessario costruire contesti dove condividere aspetti affettivi autentici, creando- concludono- antidoti reali alla solitudine e al senso di isolamento".
(Wel/ Dire)