(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 12 mag. - Quasi 4 milioni e mezzo di italiani sono tornati al lavoro con l'apertura della Fase 2, ma tra i diversi dati recentemente pubblicati dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, quello che puo' spaventare e' che 3,3 milioni sono uomini: il 75% del totale. Un dato allarmante nonostante i tempi del Coronavirus abbiano in parte 'rivoluzionato' il mondo del lavoro in Italia, "ponendo in primo piano il tema dello smart working", del lavoro da casa. Tanto che si sono susseguite "molte considerazioni e proposte sul mantenimento di questa modalita' anche dopo la conclusione dell'ondata epidemiologica. Lavorare in remoto e' senza dubbio una possibilita', ma questa opzione rischia di penalizzare ancora una volta la popolazione femminile, relegandola nell'antico luogo 'naturale' che le compete: la casa". A commentare i possibili sviluppi del lavoro in Italia e' Maria Cristina Barducci, psicoanalista dell'Associazione italiana di psicoanalisi (Aipa), esperta di identita' femminile.
Lavorare fuori casa e avere uno spazio esterno di realizzazione, infatti, "pur con tutte le difficolta' relative al conciliare casa, lavoro e figli, ha rappresentato per le donne una conquista innegabile di pari opportunita' e di valorizzazione- ricorda Barducci- Anche se sappiamo che i salari sono minori, e i posti di responsabilita' e di dirigenza scarsissimi".
"Lo spazio psichico" generato dal lavoro fuori casa "per le donne ha significato partecipazione alla 'polis', diritto di rappresentanza, visibilita' come soggetti attivi e produttivi. Se non cambiano le strutture di base e i parametri socio-culturali ancora abitati da una sottile perversa violenza sulla soggettivita' femminile - e non sembra stiano cambiando molto - tenendo conto anche della perdita di posti di lavoro che incombe sulla nostra economia, rischiamo di attuare una regressione che annulli tutte le lotte e i sacrifici che negli ultimi 50 anni hanno messo in crisi i paradigmi patriarcali", puntualizza Barducci.
Il lavoro da casa d'altro canto, a detta della psicoanalista Aipa, rappresenta "indubbiamente un risparmio per le aziende, cosi' come i protocolli che consigliano alle giovani madri tempi prolungati di assenza dal lavoro, si rivelano poi proficui per la drastica riduzione di stipendio qualora queste donne superino i 3 mesi previsti di maternita'".
Lavorare da casa, "lo abbiamo visto in questi tempi di quarantena, non e' la stessa cosa per un uomo e per una donna, i cui spazi sono sempre rosicchiati da incombenze casalinghe". Il rischio, sostiene la psicoanalista, "e' quello di tornare a mettere le donne nello spazio di 'angeli del focolare', e di far vivere loro, il lavoro, come un qualcosa da ritagliare al netto di mille altri impegni. Uno spazio di serie B- conclude l'esperta- che resterebbe tale anche se la retribuzione non dovesse variare".
(Red/ Dire)