(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 12 mag. - In vista della possibile riapertura delle scuole dell'Infanzia a giugno, gli insegnanti dovranno essere aiutati a fronteggiare al meglio tutte le emozioni che entreranno in classe accompagnate dai piccoli studenti. "Ci sono bambini e adolescenti che hanno vissuto questo periodo come un tempo in cui il Coronavirus ha rappresentato l'uomo nero. La malattia e la morte sono entrate a far parte del loro simbolico immaginario.
Per altri bambini e adolescenti, invece, si sono ristabilite relazioni amicali con i fratelli, accordi fondamentali e nuovi incontri di attaccamento con la madre e il padre. O ancora una situazione di coesione con gli insegnanti e la classe in teledidattica, che e' diventata un nuovo respiro sociale. Ho visto accadere di tutto, ma alla base c'e' il fondamentale processo di regolazione delle emozioni. Dobbiamo aiutare gli insegnanti che rientreranno in classe a capire il processo di autoregolazione delle emozioni". A parlarne alla Dire e' Daniela Lucangeli, professore ordinario di Psicologia dell'Educazione e dello Sviluppo presso l'Universita' di Padova, nonche' membro del Comitato tecnico scientifico del ministero dell'Istruzione per l'emergenza Covid.
"Bisogna abbassare i toni delle emozioni con cui in qualche modo i bambini hanno elaborato tante informazioni legate alle coloriture della malattia, della morte, del distanziamento e del silenzio emotivo. Perche' molto spesso gli adulti- sottolinea Lucangeli- non sono stati in grado di aiutarli ad elaborarlo".
Come dobbiamo aiutare gli insegnanti? "È l'obiettivo su cui stiamo lavorando nel comitato tecnico. Sono stati attivati anche tantissimi servizi, la collaborazione interistituzionale per esempio con gli albi professionali degli psicologi, i dipartimenti universitari di competenza, perche' potessero dare alla scuola dei supporti, degli Sos di consulenza. È stata un'operazione di etica interistituzionale straordinaria", sottolinea la prorettrice dell'Universita' di Padova.
Sull'apertura delle scuole dell'Infanzia a giugno, e poi delle altre dopo la pausa estiva, "il Comitato sta lavorando con molto serieta'- fa sapere Lucangeli- avanzando delle proposte che poi portera' alla valutazione del sistema politico. Il Comitato e' un ente di esperti esterno che sta raccogliendo tutte le riflessioni scientificamente fondate e proponibili per garantire la salute nelle sue tre dimensioni: fisica, psichica e sociale. Tre aspetti da difendere insieme, in quanto un loro sbilanciamento metterebbe il soggetto a rischio. Non dobbiamo pensare che la sofferenza della mente implichi una condizione 'altra' dallo stare 'non bene'. Il problema e' garantire la salute fisica in pandemia- afferma la neuroscienziata- e tutto il contesto educante e' attentissimo allo star bene mentalmente nelle relazioni sociali possibili".
Le condizioni relative, dunque, all'organizzazione delle scuole, degli orari e quant'altro sono ambiti "in cui si sta ragionando per garantire i tre livelli di salute con tutte le proposte possibili e in autonomia- aggiunge Lucangeli- perche' le condizioni territoriali sono completamente differenti. Non possiamo dare delle indicazioni che non rispettino le condizioni di autonomia, nella garanzia della salute fisica, mentale e sociale".
Restando infine in tema di salute psichica, si teme che i bambini stiano soffrendo piu' degli adolescenti. Come dovra' riadattarsi la didattica considerando il portato di malessere che molti di questi minori porteranno a scuola? "Da tempo mi batto sul fatto che il nostro sistema cognitivo, il nostro cervello, non e' un insieme di meccanismi per cui cio' che e' cognitivo e' cognitivo e non comunica con cio' che e' emozionale. Questi sono modelli non soltanto vecchi, ma errati. È ovvio che gli occhi non sono la stessa cosa delle orecchie, pero' il cervello nel momento in cui incontra gli stimoli che provengono dai due registri li integra in una unita' dotata di senso. È cosi' che noi pensiamo e sentiamo. Questo significa che un docente nel dare l'insegnamento- continua la neuroscienziata dei processi dell'apprendimento- non sta soltanto muovendo memoria, attenzione, funzioni di ragionamento, ma anche il sentire della mente, una funzione antichissima dello sviluppo del cervello umano, e forse la piu' antica di quelle che conosciamo. Cio' implica che quando imparo una tabellina o altro, sto imparando accanto alle memorie di cosa imparo le memorie di cosa sento. Se sento ansia, tutte le volte che riprendo dalla memoria cio' che ho imparato con ansia, la memoria mi riporta sia a cio' che ho imparato che a cio' che ho sentito, quindi all'ansia. L'ansia ricircola nelle memorie, si ristabilizza nella memoria come l'apprendimento di quella tabellina o di quell'esercizio di grammatica, determinando un cortocircuito: un aspetto cognitivo ricorda l'informazione emozionale, che riporta alla memoria quell'ansia che e' un alert. I docenti devono imparare a capire quanto i loro insegnamenti possano essere aiutati dalle emozioni di base- suggerisce l'esperta- come la curiosita', l'interesse, la condivisione, il senso di soddisfazione, di correzione, di aiuto e di fiducia nell'altro che ti aiuta e non ti giudica soltanto. Se lo capiamo, otteniamo al meglio il risultato dell'apprendimento perche' il cervello funziona cosi' da milioni di anni evolutivi. Noia, ansia, paura, angoscia, senso d'inadeguatezza di se'- conclude Lucangeli- sono nemici e non aiutanti dell'apprendimento".
(Red/ Dire)