(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 2 giu. - Sono due le principali lezioni che la quarantena imposta dall'emergenza Coronavirus ha impartito a chi lavora con i bambini con disturbi dello spettro autistico: "Creare professionisti specializzati, perche' nell'area pisana 1 bambino ogni 87 e' affetto da autismo, e dare centralita' alla famiglia. Chi si occupa dei disturbi dello spettro autistico deve occuparsi prima di tutto della famiglia, piu' che del bambino come persona isolata a cui offrire un trattamento". Sono queste le riflessioni che Filippo Muratori, professore di Neuropsichiatria infantile presso l'Universita' di Pisa e direttore dell'Unita' Operativa di Psichiatria dello Sviluppo del Dipartimento di Neuroscienze dell'eta' evolutiva dell'IRCCS Stella Maris, condivide con l'Agenzia Dire sulla base del lavoro svolto durante la quarantena. "Ci sono studi epidemiologici realizzati da altre nazioni che stimano l'incidenza dell'autismo in 1 bambino ogni 50- ricorda Muratori- stiamo parlando quindi di una parte della popolazione particolarmente importante, che ha bisogno di servizi specifici e di specialisti. La fase uno e' stata particolarmente difficile perche' i centri ospedalieri e di riabilitazione, come il nostro, hanno chiuso".
"Noi abbiamo spostato su piattaforme a distanza la maggior parte delle nostre funzioni con i bambini in trattamento, e soprattutto con le famiglie- racconta lo specialista- per non farle sentire completamente abbandonate.
Questi genitori hanno bisogno di qualcuno con cui parlare e posso confermare che nella maggior parte delle famiglie seguite a distanza si e' verificato una sorta di adattamento e di relax che non ha fatto male". Il lockdown ha invece messo a dura prova quelle famiglie con bambini in cui la sindrome e' piu' severa "e il supporto esterno diventa veramente centrale. O ancora laddove il disturbo si "associa - come spesso avviene - ad una componente d'ansia". Muratori pensa anche ad altre esperienze difficili: "Le famiglie di medici o di persone direttamente implicate con la malattia Covid, i casi di poverta', o quelle abitazioni particolarmente piccole che rendevano piu' complessa la vita di un bambino con autismo in un ambiente troppo ristretto e troppo carico di stimoli". Situazione opposta, invece, per "le famiglie della media borghesia- continua il neuropsichiatra dell'IRCCS Stella Maris- che possono godere di una casa sufficientemente grande, e magari di un piccolo giardino, e che hanno avuto a disposizione piu' tempo per stare insieme". In questi casi "il bambino e' stato meno esposto alle difficolta' abituali della nostra societa', carica di stimoli, rumori, confusione e imprevedibilita'. Tutti aspetti che rendono la vita del piccolo con autismo difficile. Quindi, la riduzione degli stimoli ha reso la loro vita piu' semplice".
Dopo la pandemia "sara' difficile mantenere un mondo esterno meno carico di stimoli- risponde il professore- ma per il trattamento questa esperienza rimarca ancora di piu' l'importanza della centralita' della famiglia. Non e' la quantita' di ore di trattamento che fanno la differenza, ma la capacita' qualitativa di quell'ora di trattamento di modificare l'ambiente di vita che il bambino vive, per renderlo un po' piu' adatto alla sua diversita'". Andando incontro all'estate, ad esempio, Muratori pensa anche a iniziative innovative: "Ci sono delle spiagge che stanno cercando di attrezzarsi per far si' che la famiglia con un bambino autistico possa andarci senza lo stress di dover pensare a cosa possa succedere al proprio bambino se si ritrova in una spiaggia non adeguatamente attrezzata per lui".
L'IRCCS Stella Maris attualmente ha in trattamento circa 30 famiglie, mentre sulla diagnosi segue centinaia di bambini ogni anno. "In questo periodo abbiamo sviluppato un sistema di diagnosi a distanza. Siamo partiti la scorsa settimana e dalla prossima saremo a regime. Potrebbe diventare un sistema migliorativo, che sposta a casa dei genitori una parte del lavoro diagnostico. Cosi' facendo saremo meno invasivi rispetto al tempo che chiediamo alle mamme e ai papa' di venire da noi". Per quanto riguarda la diagnosi Muratori conferma che i genitori sono attenti: "Cominciano a preoccuparsi molto presto, gia' intorno ai dodici mesi- avverte il neuropsichiatra- spesso poi l'attesa e' legata ai professionisti che incontrano e che, se non sono adeguatamente formati, non riescono a riconoscere le atipie dello sviluppo a livello della relazione e della comunicazione che i bambini presentano. La diagnosi la facciamo tra i 12 e i 24 mesi, ma l' eta' piu' frequente in cui e' possibile farla e' quella dei 24 mesi. Infine, a 36 siamo abbastanza sicuri. Da noi arrivano i bambini sotto i 36 mesi".
(Wel/ Dire)