Roma, 28 gen. - In psicologia sono tante le emozioni, i sentimenti e le paure da affrontare. In ambito psiconcologico, invece, sono due i temi che si affrontano con maggior frequenza: la paura della morte e il tradimento del corpo.
La paura della morte e' "il cuore del nostro lavoro", spiega Anna Costantini, past president della Societa' italiana di psico-oncologia e direttrice dell'Unita' operativa dipartimentale di Psiconcologia dell'Ospedale Sant'Andrea di Roma, all'agenzia Dire. "È la base della sofferenza, perche' una diagnosi di cancro, anche nel caso prognosticamente piu' favorevole, in realta' porta con se' la paura della morte", spiega la psicologa. Diventa sempre piu' complesso parlarne quando "il paziente passa da una malattia locale o localizzata ad una malattia metastatica, in cui la guarigione e' difficile da tenere in conto".
Una delle grandi difficolta' che fa spalla alla paura della morte e' la comunicazione e l'informazione che viene data al paziente. Secondo uno studio, condotto dalla stessa dottoressa Costantini in 4 grandi centri oncologici italiani, "solo il 47% dei pazienti con malattia metastatica, era consapevole della gravita' della propria condizione". L'informazione, ricorda Costantini, "ha un ruolo importantissimo ed e' un atto medico al 100%, gli psicologi possono soltanto affiancare il medico quando l'informazione viene data". Per questa ragione "lavoriamo molto con i medici- aggiunge la dottoressa- dai primi anni 2000 realizziamo dei corsi di comunicazione per migliorare le abilita' comunicative, perche' le universita' non li preparano alla comunicazione medico-paziente sulle notizie piu' difficili da dare".
Come disincentivare la paura della morte? La dottoressa risponde che questa "puo' essere de-catastrofizzata attraverso interventi che siano centrati sulla dignita' della persona fino all'ultimo istante. Pensiamo che si possa vivere pienamente anche quando un paziente e' a letto, perche'- continua Costantini- e' ancora in grado di amare, di godere di molte cose, di sentire la sua vita come significativa". Se si aiutano i pazienti a comprendere "la causa del loro dolore e come lo si puo' alleviare, si possono implementare terapie che gli rendano chiaro quanto sia importante la qualita' della vita, anche fino all'ultimo giorno".
Una diagnosi tumorale, infatti, da' l'impressione che "il corpo abbia tradito, di questo si perde il controllo, l'onnipotenza e la credenza di poter vivere per sempre". Questa condizione e' tipica anche "dei pazienti che, una volta guariti o in via di guarigione, hanno tratti ossessivi con attenzione a qualunque piccolo segno. Un raffreddore, come un dolore lombare, possono diventare campanelli di allarme. Bisogna percio'- conclude la docente di Psiconcologia e Psicologia dei Gruppi presso l'Universita' La Sapienza di Roma- aiutare i pazienti a stare con i piedi per terra, ricordargli qual e' la loro condizione per com'e' in quel momento, evitando che comincino a fare indagini e visite in eccedenza, spesso inutili".
(Red/ Dire)