Montecchi legge disagi bimbi in senso dinamico. Come? Lo spiega in un libro
Roma, 21 gen. - "Assistiamo a una difesa collettiva dalle emozioni secondo la quale gli individui (i bambini) non devono dare fastidio.
Importando cosi' un'attitudine nordamericana che focalizza l'attenzione sul comportamento, dimentichiamo che la nostra tradizione sa osservare invece anche il movimento emotivo che porta il bambino ad assumere quel tipo di comportamento. È un problema che riguarda noi professionisti dell'infanzia e dell'adolescenza, perche' quando entriamo in contatto con il disagio infantile viviamo noi stessi un movimento emotivo impegnativo da affrontare". Francesco Montecchi, neuropsichiatra gia' primario di Neuropsichiatria infantile dell'Ospedale Bambino Gesu' di Roma e professore a contratto presso l'Universita' La Sapienza di Roma, parte da questa considerazione per presentare alla Dire il suo libro 'Psicopatologia dell'infanzia e dell'adolescenza. Percorsi terapeutici', di recente uscita con la casa editrice FrancoAngeli.
"Non e' facile osservare il movimento emotivo del mondo interno di un bambino nell'ambito delle relazioni familiari- continua lo specialista- e questa e' la lettura psicodinamica, che richiede al professionista una capacita' di contatto con le proprie emozioni". Ci sono tecniche come "la psicoterapia meno costosa centrata sulla gestione del comportamento e del controllo, che mostra apparenti risultati in tempi brevi- ricorda Montecchi- ma, se non si modifica il nucleo emotivo sottostante che attiene al funzionamento emotivo, dopo 6 mesi - 1 anno quel comportamento controllato indossera' un altro vestito, spesso peggiore".
'Psicopatologia dell'infanzia e dell'adolescenza. Percorsi terapeutici' (https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?ISBN=978889 1780263) nasce dalla confluenza del pluriennale lavoro insieme a bambini, adolescenti e famiglie con l'impegno didattico nelle scuole per la formazione alla psicoterapia. "Si fonda su quasi 40 anni di lavoro per raccontare come ho cambiato lo stile di lavoro sulla base dell'esperienza pratica, dei successi e degli insuccessi che mi hanno insegnato molto piu' che i libri", rivela il professore.
Secondo Montecchi e' opportuno "dare un senso a ogni modello terapeutico che si sceglie in rapporto alla necessita' dei pazienti. Molto spesso neuropsichiatri, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti si poggiano su prassi o teorie che utilizzano in modo 'integralista'- precisa il medico- modellando il paziente in rapporto alla teoria". Il neuropsichiatra preferisce, al contrario, mettere il bambino "al centro dell'attenzione, affinche' sia lui a porre una domanda di aiuto e non solo i genitori secondo i loro bisogni".
Il suo e' un libro che ripercorre le radici della psicopatologia cominciando dal transgerazionale, dalla gravidanza, per proseguire con lo sviluppo infantile e porre l'attenzione sugli indici di rischio evolutivo che emergono nelle prime fasi dello sviluppo. "Leggo il disagio in senso dinamico e mi pongo in una posizione alternativa alla moderna Psichiatria (Dsm 5 e Icd 10) che tende ad essere categoriale, perche' da' una diagnosi basata unicamente sul comportamento dell'individuo. La mia e' una lettura psicodinamica- ripete Montecchi- perche' osservo i disagi emotivi che sottendono a ogni tipo di comportamento e che poggiano sul mondo interno e relazionale. Un bambino iperattivo e con disturbo dell'attenzione lo osservo anche nella sua dimensione psicodinamica e non solo in termini categoriali per etichettarlo come Adhd, perche' un vero Adhd e' rarissimo. In genere sono bambini la cui iperattivita' e' legata all'ansia e alla depressione espresse nel comportamento mimico-gestuale-motorio. Lo scarico motorio va letto proprio come una difesa dalla depressione (Melanie Klein parla proprio di difesa maniacale). Negli altri casi, invece, l'iperattivita' e il disturbo dell'attenzione sono la rappresentazione di un disturbo del pensiero disorganizzato e di una emozione non controllata e riconosciuta. Sono spesso casi di funzionamento psicotico".
Per quanto riguarda l'utilizzo delle diagnosi, chiarisce il neuropsichiatra, "non e' corretto attribuire una diagnosi importante a un individuo in eta' evolutiva. Preferisco parlare di funzionamento nevrotico o psicotico e non di nevrosi o psicosi e tantomeno di una diagnosi categoriale, perche' le "diagnosi in eta' evolutiva sono in continua trasformazione e prima di arrivare all'eta' adulta possono modificarsi".
La quinta parte del libro affronta nel dettaglio le singole patologie. Pensando, ad esempio, ai disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa), l'autore aggiunge: "Diversi esperti di Neuropsicologia e neuropsichiatria infantile li trattano con metodi riabilitativi. Nella mia esperienza, tre Dsa su 2 sono su base emotiva e se li tratto con la riabilitazione non faccio cio' che e' utile al bambino. Un piccolo che soffre di ansia, e' depresso e preoccupato, sara' deficitario nella prestazione- conclude l'esperto- piuttosto che riabilitarlo dovremmo prenderci in carico il suo disagio".
(Wel/ Dire)