In cima depressione e ansia. Sopsi: serve collaborare con gastroenterologi
"Il 50% dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali presenta anche dei disturbi psichiatrici associati. È infatti molto elevata, ad esempio, la presenza dei disturbi psichiatrici dell'area affettiva e dei disturbi d'ansia". Cosi' lo psichiatra Giorgio Di Lorenzo conferma gli aspetti neurobiologici delle comorbilita' psichiatriche nei disturbi infiammatori gastrointestinali, intervistato dalla Dire al congresso della Societa' italiana di psicopatologia (Sopsi) in corso a Roma fino a domani.
Ne deriva che "la gestione di questi pazienti non puo' essere affidata solo ai gastroenterologi- continua lo specialista- e' necessaria un'intensa e stretta collaborazione con i colleghi della Psichiatria. Inoltre, e' necessario rivolgersi sempre di piu' a una medicina personalizzata, che permetta di individuare i fattori fisiopatologici e quindi una specifica cura. Questi pazienti presentano delle comorbilita' molto disabilitanti- fa sapere Di Lorenzo- sia nelle fasi attive delle malattie infiammatorie croniche intestinali, che nelle fasi di relativo mantenimento, in cui i pazienti presentano pochi sintomi gastrointestinali ma spesso hanno un'elevata componente di disagio psicologico".
Sotto la lente d'ingrandimento c'e' anche il ruolo che i meccanismi neurofisiopatologici centrali possono svolgere nel regolare il funzionamento gastrointestinale. "Come gli eventi traumatici hanno un ruolo chiave nelle patologie psichiatriche, cosi' i fattori neurobiologici specifici lo hanno nel determinare un differente esito nel decorso della patologia infiammatoria cronica intestinale. Un elemento su cui non e' presente ancora un'evidenza chiara- sottolinea Di Lorenzo- ma e' necessario svolgere un accurato lavoro a livello di reti nazionali e internazionali di ricerca clinica, e' proprio il ruolo del microbiota. Sembrerebbe essere essenziale nel determinare vari fattori, elementi e caratteristiche delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Certamente ha un ruolo anche nel favorire e determinare la presentazione e il peggioramento delle patologie psichiatriche".
Tuttavia, continua lo studioso, "il ruolo che questo possa avere nel determinare la relazione e' tutt'altro che noto.
Bisognera' svolgere accurati studi e valutazioni". Cio' che resta "fondamentale e' la collaborazione tra psichiatri e gastroenterologi- rimarca Di Lorenzo- non solo dal punto di vista eziofisiopatologico, ma soprattutto dal punto di vista della gestione del paziente con malattie infiammatorie croniche intestinali e disturbo psichiatrico. In particolar modo in presenza di depressione maggiore e disturbi d'ansia". Secondo il medico, "le difficolta' che i colleghi gastroenterologi possono incontrare si riscontrano nell'individuazione della corretta terapia psicofarmacologica e del corretto indirizzo psicoterapeutico, spesso di tipo supportivo, di cui necessitano questi pazienti. L'esperienza degli psichiatri nella gestione degli effetti collaterali, e in generale nell'individuazione precoce del miglioramento clinico in corso del disturbo depressivo maggiore e dei disturbi d'ansia in questi pazienti, e' la chiave per la riuscita di un esito clinico ottimale", conclude.
(Red/ Dire)