Roma, 11 feb. - Le vie del pregiudizio sono infinite, costituiscono muri e barriere sociali, che alla fine interessano spesso il rapporto "tra senso comune e disagio mentale". Quando una persona "dice di avere una malattia ordinaria, di altro tipo", ad esempio fisica, "diventa immediatamente oggetto delle cure e delle attenzioni di tutti quelli che gli stanno intorno. Se invece dice 'Non mi sento bene mentalmente', tutti scappano. Nel caso di un paziente psichiatrico dichiarare la malattia, quindi, vuol dire farsi il vuoto intorno". È una crepa da cui filtra la luce, quella aperta nel muro dei pregiudizi da Vanni Pecchioli, psicologo, membro della Consulta cittadina permanente per la salute mentale, oltre che del coordinamento regionale della Regione Lazio dei centri diurni riabilitativi e presidente della cooperativa sociale integrata 'Conto alla rovescia'.
"Esistono statistiche che indicano come percentualmente siano piu' pericolosi i sani che non gli individui sofferenti mentalmente- denuncia l'esperto- Molto spesso, infatti, i criminali piu' efferati vengono solo successivamente definiti psichiatrici. Perche' se uno fa cose come quelle, non puo' che essere matto, e se e' matto non puo' che fare quelle cose. È un circuito che si autoalimenta". Meccanismi come questi, entrano in azione silenti, e una persona "civile, dotata di responsbailita' e soprattutto sensibilita', dovrebbe rifiutarli a prescindere".
Il percorso di crescita culturale della societa', pero', da questo punto di vista deve ancora giungere a compimento "ed essere seguito costantemente". A generarsi sono "scenari prevalentemente pregiudiziali, che spesso non corrispondo alla realta'. Permane un divario evidente" e persistente, "esistono ancora un'infinita' di barriere e pregiudizi- conclude lo psicologo- che in alcuni casi possono lasciare il passo, ma molto spesso si ripropongono, e talvolta divengono vere e proprie recrudescenze".
(Red/ Dire)